Welfare

Detenute all’opera (d’arte)

Donne multietniche, una mostra itinerante promossa da Unicoop Tirreno

di Maurizio Regosa

L’arte rende liberi persino in carcere. Perché rimodella il rapporto con il tempo e permette a chi è ristretto di focalizzarsi su un progetto concreto che facilmente diventa visione della propria esistenza e proiezione verso il futuro. Sono queste le premesse del progetto Donne multietniche presentato stamane nella capitale e sostenuto da Provincia di Roma, ministero di Giustizia e dal garante diritti dei detenuti Regione Lazio.

Creatività e libertà

Donne multietniche è nato dalla collaborazione tra Unicoop Tirreno, il penitenziario di Rebibbia e il Liceo statale d’arte Roma2: un gruppo di detenute ha potuto così seguire lezioni di pittura, scultura e decorazione. Il corso e i laboratori connessi «hanno permesso alle donne», come spiega Lucia Zainaghi direttrice della Casa circondariale Rebibbia Femminile, «di esprimere il loro potenziale creativo. Attraverso l’arte le detenute (in media quindici ragazze e in maggioranza straniere) evidenziano la propria cultura, raccontano le loro storie e la propria visione del mondo». Un potenziale i cui risultati saranno in mostra il 21 e 22 maggio a Roma (presso i supermercati Coop di Via Laurentina angolo Via Sapori e di Via Bettini angolo Via Cervi). A seguire il 28 e 29 maggio all’Ipercoop Via Casilina, 1011 e al supermercato Coop di Colli Aniene (via Franceschini -Largo Franchellucci).

Tutti a lezione

Va da sé che le detenute che hanno avuto quest’occasione di apprendimento, hanno potuto vivere un’esperienza importante e significativa. «Per loro esprimersi con l’arte», sottolinea il garante Angiolo Marroni, «vuol dire essere parte integrante di una società dove, prima o poi, torneranno a vivere a pieno titolo. Inoltre esporre i loro lavori alla visione di un pubblico vasto vuol dire aprire il carcere al mondo esterno, far conoscere a tutti una realtà viva e pulsante che è molto diversa da quanto siamo abituati ad immaginare». Va detto però che non sono solo le detenute ad aver tratto benefici. La conferma da Mariagrazia Dardanelli dirigente del liceo: «ha rappresentato una grande occasione di maturazione professionale. I docenti si sono confrontati con il pianeta carcere, hanno lavorato in un contesto inizialmente diffidente, hanno rivisto e riformulato i tempi e le modalità di trasmissione del loro sapere, imparato ad affinare la capacità di ascolto».

Il contributo della coop

Questo di Rebibbia, non è l’unico progetto sociale in cui Unicoop Tirreno è impegnata. Donne detenute, infatti, va ad aggiungersi ad iniziative “carcerarie” (presso l’Isola di Gorgona e la Casa circondariale di Velletri). «Proviamo a dare il nostro contributo al processo di reinserimento e integrazione sociale delle detenute, perché», conclude Massimo Favilli, responsabile delle politiche sociali di Unicoop Tirreno – »la funzione di una cooperativa di consumo è anche questa: fare rete sul territorio per valorizzare iniziative dal grande valore sociale».

Come si anticipava, dal prossimo fine settimana tutti i lavori delle donne verranno esposti nei punti vendita della capitale in una mostra mercato itinerante presidiata dai soci Coop che avranno il compito di spiegare il progetto. Tutte le opere saranno proposte in vendita e il ricavato andrà in parte direttamente alla detenute e in parte utilizzato per l’acquisto dei materiali del corso d’arte.

 

 


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