Economia

Design economy, a che punto è l’Italia?

Il design si conferma una delle più solide strategie anticrisi: le oltre 192.446 imprese europee di design, infatti, hanno prodotto nel 2017 un fatturato pari circa 25 mld di euro. Di queste quasi una su sei parla italiano, perché il design è un marchio di fabbrica del Made in Italy e contribuisce all’attrattività dei nostri prodotti a livello internazionale. I dati del rapporto "design economy" di Fondazione Symbola e Deloitte

di Redazione

Il design si conferma una delle più solide strategie anticrisi: le oltre 192.446 imprese europee di design, infatti, hanno prodotto nel 2017 un fatturato pari circa 25 mld di euro. Di queste quasi una su sei parla italiano, perché il design è un marchio di fabbrica del Made in Italy e contribuisce all’attrattività dei nostri prodotti a livello internazionale. Ed è anche grazie al design se il Made in Italy è oggi il terzo marchio più conosciuto al mondo, (dopo Coca Cola e Visa). Symbola ha avviato dal 2017 un osservatorio sul settore con il rapporto ‘Design economy’, che dal 2018 si avvale della collaborazione di Deloitte, presentato oggi alla Triennale di Milano alla presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali Alberto Bonisoli, da Ermete Realacci presidente di Fondazione Symbola e Domenico Sturabotti direttore della Fondazione, Stefano Boeri, presidente della Triennale, Pierluigi Brienza AD Deloitte consulting, Claudio Feltrin, presidente di Assoarredo e da Silvia Botti direttore di Abitare. Come spiega il report ‘Design economy’, il nostro Paese mantiene un ruolo di leadership nel design. Anche nel 2017, le imprese del design italiano risultano le più numerose dell’area comunitaria. Per la prima volta, il numero di imprese supera quota 30mila (30.828) offrendo impiego a 50.226 lavoratori. Rispetto all’anno precedente, sia imprese (+5,6%) che occupati (+1,9%), che fatturato (3,8 mld di euro), crescono, quest’ultimo ad un ritmo superiore alla media comunitaria (+0,9% contro +0,6%), anche se questo non basta per colmare il divario con Germania (4,2 mld) e Regno Unito (6,2 mld), paesi in cui i policy makers hanno creato nel tempo un vero e proprio sistema di politiche di sostegno alla diffusione della cultura del design e del suo ruolo nei processi di innovazione. Si spiega anche così l’eccessiva frammentazione del settore: le imprese con meno di due addetti rappresentano ancora il 45% delle imprese del design. Un ruolo prevalente, quello delle piccole e piccolissime imprese, che, tuttavia, appare progressivamente in contrazione, grazie alla maggior dinamicità riscontrata dalle medie imprese del settore. Tra il 2011 e il 2017, infatti, le imprese con almeno 50 addetti hanno accresciuto la loro quota nel settore, sia in termini di addetti (dal 6,6% all’8,8%), che di fatturato (dal 15,1% al 20,7%).

“Il design Made in Italy – ha affermato il ministro per i Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli – è un tratto culturale prevalente della realtà contemporanea, perché in essa e di essa progetta le forme della cultura materiale e immateriale, utilizzando e trasformando l’immaginario, il simbolico, le conoscenze, le

fruizioni, interpretando il desiderio individuale e collettivo”. “E’ una risorsa strategica e trasversale per il nostro Paese, – ha detto – un comparto dell’economia italiana in crescita, capace di connettere il mondo della progettazione con quello della produzione, della formazione, il settore del commercio con il turismo”. “Parliamo di un’eccellenza del di un settore che rappresenta una risorsa strategica sulla quale investire e puntare – ha aggiunto – anche nell’ottica di uno sviluppo sostenibile del Paese, che ha ormai risvolti globali. Il Mibac sta lavorando molto su questo fronte. Da parte mia c’è l’impegno a creare il primo museo nazionale del Design italiano. Lavoriamo affinché venga inaugurato quanto prima”.

“Il design – spiega il presidente di Symbola, Ermete Realacci – non è legato solo all’estetica, ma anche alla capacità di risolvere problemi complessi: dall’ideazione di nuovi prodotti all’individuazione di nuovi mercati, fino alla ricerca di nuovi significati. Ieri come oggi la creatività è l’infrastruttura immateriale del Made in Italy, non è un caso se la cultura del design è più forte dove ci sono imprese protagoniste del Made in Italy. Come dimostrano autorevolmente il Salone del Mobile, la più importante fiera del settore a livello internazionale, e la Triennale, modello e punto di riferimento insieme alla Biennale di Venezia per le oltre 250 Biennali e Triennali sparse nel mondo. Il design è strategico anche per sviluppare una nuova generazione di prodotti che nel segno della bellezza rispondano ai dettami dell’economia circolare: efficienza, minore impiego di materia ed energia, riciclabilità, riutilizzabilità. Un passaggio fondamentale per una economia in grado di affrontare la grande sfida dei mutamenti climatici”.

“Siamo orgogliosi di aver partecipato con convinzione alla realizzazione di un'importante fotografia del mondo del design come fulcro cruciale per affrontare il futuro – sottolinea Pierluigi Brienza, Amministratore Delegato di Deloitte Consulting S.r.l. – Abbiamo avviato una collaborazione costruttiva con Fondazione Symbola con l'obiettivo di identificare strumenti e strategie per sostenere la crescita virtuosa del nostro Paese e di quei comparti produttivi che vogliono esaltare l'ineludibile progresso della green economy come fattore critico, evolutivo e valoriale”.

DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE IMPRESE DI DESIGN
Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte le regioni sul podio per la produzione di ricchezza e addetti legati al design. In queste tre regioni risiede infatti oltre il 50% del valore aggiunto e degli addetti del settore. Seguono Veneto, Lazio e Toscana. Le imprese italiane di design si concentrano soprattutto là dove è più alta la produzione di made in Italy, a conferma del ruolo strategico che il design assume nel rapporto tra ideazione e produzione. In testa alla classifica delle province italiane per peso delle imprese del design sul totale nazionale troviamo Milano (con una incidenza dell’11,6%), quindi Torino (6,5%) e Roma (5,6%), che da sole accolgono più di un quarto della base produttiva del comparto. Seguono Firenze (2,7%), Bologna e Napoli (2,6%), Treviso (2,5%), Vicenza, Modena, Bergamo e Brescia (tutte al 2,4%) e Padova e Como (2,3%). La provincia di Fermo si colloca in prima posizione nella graduatoria per incidenza delle imprese del design sul totale delle attività provinciali, con un valore pari all’1,38%. Seguono Como (con una quota dello 0,96%), Modena e Lecco (0,68%), Milano (0,62%), Vicenza (0,60%) e Torino (0,59%). In termini di specializzazione si osserva dunque la sovrapposizione territoriale tra imprese del design e della manifattura. Nelle top twenty delle province italiane per incidenza del valore aggiunto e dell’occupazione delle imprese del design sul totale nazionale Milano è prima sia per incidenza del valore aggiunto (il 20,5% della ricchezza prodotta dalle attività del design), che per incidenza di occupati (pari al 16,3%). Seconda posizione in entrambe le graduatorie per Torino, con una incidenza del valore aggiunto del 7,5% e una incidenza dell'occupazione del 7,2%; terza per Roma, rispettivamente con il 6,6% e il 6,4%.

DESIGN E GREEN ECONOMY DRIVER PER LA COMPETITIVITÀ
Design economy da quest’anno riporta anche i risultati di una indagine condotta nel 2019 da Fondazione Symbola e Unioncamere dedicata ad analizzare la relazione tra investimenti in design e competitività. Dalla indagine condotta su un campione di 3000 realtà manifatturiere da 5 a 499 addetti, rappresentative di un universo di 54.000 imprese: quelle che puntano sul design impiegando designer direttamente (tramite assunzione o consulenze professionali) o attraverso rapporti di subfornitura, mostrano performance nettamente superiori alle imprese che non investono in design. Nelle imprese “design oriented”, infatti, il 32,3% dichiara una crescita degli addetti durante il 2017 (23,9% per le altre imprese) e oltre un terzo afferma un miglioramento del fatturato e delle esportazioni. Il ruolo del design a traino della competitività, infine, appare ancor più accentuato se si considera il connubio con la green economy. Basti pensare come, nella distinzione tra imprese, il vantaggio a favore di quelle che investono in tecnologie green, puntando simultaneamente sul design, raggiunge i 21 punti percentuali in termini di addetti (il 42,0% delle imprese green e design oriented dichiara un aumento dell’occupazione, contro il 21,0% delle imprese inattive sui due fronti), 18 punti in termini di fatturato (46,0% contro 24,0%) e 17 punti in relazione alle esportazioni (44,0% contro 27,0%).

IL SISTEMA DI FORMAZIONE DEL DESIGN
Nel 2017, i professionisti del design diplomati nei 59 istituti di formazione riconosciuti dal MIUR sono 7453. Un dato in crescita del +9% rispetto al 2016. Nel dettaglio gli istituti di formazione specifica sono: 17 Università, 13 Accademie di Belle Arti, 14 Accademie Legalmente Riconosciute, 10 Istituti autorizzati al rilascio di titoli AFAM e 5 Istituti Superiori per le Industrie Artistiche (ISIA). Le regioni più attive nella formazione di designer sono Lombardia, Lazio e Piemonte. A livello di singolo istituto, il Politecnico di Milano si colloca saldamente in cima alla classifica per numero di laureati e consolida con successo il 3° posto in Europa e il 6° nella classifica QS World University Rankings by Subject per il design, prima fra le università pubbliche. A seguire Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) e IED mantengono un importante ruolo esercitato nella formazione di designer. Anche in questo caso si nota un’assoluta prevalenza della città meneghina che si conferma capitale del design italiano e mondiale.

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