Cultura

Deserto Alzheimer Si arrangi chi pu

Abbiamo raccolto le denunce delle famiglie degli ammalati e siamo andati a vedere cosa succede in cinque città.

di Francesco Maggio

Famiglie provate economicamente e psicologicamente, organizzazioni di volontariato lasciate spesso in totale solitudine ad affrontare disagi e bisogni di assistenza, strutture sanitarie inadeguate a prestare cure e somministrare terapie, legislazioni nazionali e regionali che ?semplicemente? ignorano l?esistenza del problema: sono solo alcuni dei molteplici volti che assume in Italia il morbo di Alzheimer, una malattia che colpisce oggi circa 500 mila persone (nel mondo sono 10 milioni), in prevalenza anziani con più di 65 anni di età e che risulta estremamente difficile diagnosticare (gli unici sintomi che in qualche modo ne preannunciano la comparsa sono la perdita di memoria, difficoltà di parola, disorientamento spazio-temporale, nervosismo, disturbi del sonno, difficoltà a prendersi cura di sé ed a riconoscere le persone). Finora non sono state trovate cure in grado di debellare il morbo e l?unica possibilità che resta ai pazienti è quella di tentare di rallentarne la progressione grazie alla somministrazione di farmaci (i cosiddetti inibitori dell?acetilcolinesterasi) che però sono molto costosi ed a totale carico del paziente e dei suoi familiari. Così spesso la famiglia si ritrova sola a dover sostenere spese che non sempre può permettersi (e che tra farmaci, costi di assistenza, controlli medici periodici possono incidere anche per milioni sul budget mensile domestico), a scontare l?irrazionalità di un piano sanitario nazionale che solo nella sua versione più recente dedica poche righe all?Alzheimer, a denunciare, quando può e ne ha la forza, le carenze di un Paese che pur avendo una popolazione tra le più vecchie del mondo non dispone tuttavia di strutture socio-sanitarie adeguate a fronteggiare quella che sta diventando a tutti gli effetti un?emergenza nazionale. E lo fa non seguendo una prassi che a volte si rivela l?unico veicolo efficace di comunicazione con l?esterno per ?raccontare? drammi vissuti tra le pareti di casa e degli ospedali: l?invio di lettere ai giornali. Atto d?accusa in cinque punti Proprio una simile e per fortuna sempre più diffusa consuetudine è alla base dell?inchiesta di ?Vita? sulla malattia d?Alzheimer che verrà presentata il prossimo 29 aprile a Roma (ved. box a lato). A fronte, infatti, delle numerose lettere e segnalazioni giunte nei mesi scorsi in redazione per denunciare lo stato di abbandono nel quale versano i malati di Alzheimer, il nostro settimanale decise di avviare un?inchiesta in proposito, focalizzata su cinque città rappresentative di tutto il territorio nazionale (Trento, Milano, Bologna, Roma, Palermo) e di interpellare tutti i soggetti che a vario titolo sono parte in causa nella malattia (assessorati, aziende sanitarie locali, uffici regionali, ospedali, case di riposo, organizzazioni non profit, caregivers, familiari, volontari). Rimandando il lettore, per un?analisi più approfondita dell?indagine, ai risultati completi che verranno pubblicati in un apposito quaderno allegato al prossimo numero di ?Vita?, i principali esiti dell?inchiesta possono essere sintetizzati come segue, in 5 punti: 1) Fase diagnostica: è affidata nella gran parte dei casi alla buona volontà dei medici e alla perspicacia dei familiari ?allertati? da informazioni e contatti avuti con associazioni; 2) Risposte sanitarie: solo a Milano esiste un vero e proprio ?Piano Alzheimer? redatto dalla Regione Lombardia e che si sostanzia nell?istituzione di 60 nuclei Alzheimer sul territorio regionale, di cui 10 a Milano. Nelle altre città indagate non esistono risposte ?dedicate? tranne l?isola felice dell?ospedale Sant?Eugenio di Roma ed alcuni programmi di cura sperimentali svolti presso l?Ospedale Malpighi-Sant?Orsola di Bologna; 3) Assistenza socio-sanitaria: il circuito assistenziale per i malati e i loro familiari è piuttosto frammentato e spesso assente, soprattutto al Sud. Da segnalare l?emergere nelle città del Centro-Nord di alcune esperienze non profit che in un regime di convenzione con l?ente locale gestiscono centri diurni; 4) Bisogni sociali: la risposta è affidata quasi esclusivamente alle associazioni di volontariato e agli enti non profit. Anche in questo caso, il Sud risulta il più penalizzato; 5) Fase terapeutica: il panorama è desolante. Le tecniche riabilitative sono in fase di sperimentazione e solo una piccola percentuale dei malati è in grado di usufruirne. Gli interventi farmacologici sono ovunque a carico dei familiari tranne a Trento dove anche i farmaci che si trovano in fascia C (gli inibitori di cui prima) vengono dispensati gratuitamente. Croce privata, pubblica indifferenza Volendo riassumere con un?unica espressione il dato fondamentale che emerge dalla nostra inchiesta (durata complessivamente otto settimane) si potrebbe dire che il modello italiano di assistenza socio-sanitaria ai malati di Alzheimer si ispira ad uno sgradevole quanto realista ?arrangiatevi? detto ai pazienti e alle loro famiglie. È perciò davvero giunto il momento che le istituzioni, il legislatore smettano di considerare la malattia di Alzheimer una tragedia privata e mettano in campo tutte le azioni possibili per rispondere a bisogni che riguardano una fetta sempre più imponente della popolazione. Summit con il Censis Il 29 aprile, presso la sede del Cnel in Viale Lubin 2, si svolgerà a Roma il Convegno ?La mente rubata: bisogni e costi sociali della malattia di Alzheimer? organizzato dal Censis e dal settimanale Vita, sotto l?Alto patronato del Presidente della Repubblica italiana. In tale occasione verranno presentate la ricerca Censis ?Alzheimer: i costi sociali e i bisogni assistenziali di una malattia familiare? e l?inchiesta di Vita ?L?Italia dell?Alzheimer: documenti da cinque città italiane?. Aprirà e concluderà i lavori Giuseppe De Rita, Presidente del Cnel. Interverranno, tra gli altri, Danilo Poggiolini (eurodeputato), Patrizia Spadin (Presidente dell?Aima, Associazione italiana malattia di Alzheimer), Antonino Mangiacavallo (sottosegretario al ministero della Sanità), Iles Braghetto (coordinatore sanità conferenza Stato-Regioni), Marco Trabucchi (ordinario di neuropsicofarmacologia all?Università Tor Vegata di Roma). Modereranno il dibattito Riccardo Bonacina, direttore di Vita, e Concetta Maria Vaccaro, responsabile del settore welfare del Censis. Primo, aiutare le famiglie Trento, Milano, Bologna, Roma, Palermo così come Londra Parigi o New York….non fa differenza. Il morbo di Alzheimer è un problema che riguarda indistintamente ognuno di noi che apparteniamo ai cosiddetti Paesi sviluppati. Infatti se il progressivo aumento della speranza di vita rappresenta senza alcun dubbio una delle maggiori conquiste della società del nostro tempo, il conseguente invecchiamento della popolazione e quindi l?aumento delle persone che possono essere statisticamente colpite da questa terribile malattia rappresenta il rovescio della medaglia. Purtroppo non esiste ancora una terapia farmacologica risolutiva anche se è provato che alcune sostanze possono rallentare la progressione della malattia. Ma un mezzo senz?altro efficace per aiutare i malati è far sentire loro in modo tangibile la vicinanza e l?affetto delle persone care, cercando di evitare il più possibile di allontanarli dai luoghi da loro conosciuti. Parlare di Alzheimer dunque si può e si deve soprattutto se si considera che l?80% dei malati vivono in famiglia e che purtroppo la demenza comporta ancora vergogna, disagio, se non paura. Sono dunque estremamente importanti le campagne informative su questo tema visto che aumentando statisticamente le possibilità di imbattersi in queste situazioni è bene acquisire gli strumenti per conoscerle e imparare a convivere con esse. Vicepresidente Commissione Ambiente, Sanità pubblica e tutel dei consumatori del Parlamento europeo Malati e costi Malati in Italia :500.000 Vivono in famiglia :80% Malati nel mondo :10 milioni Malati in Italia divisi per età: tra i 60-69 anni :5% tra 70-79 anni :35% oltre 80 anni :60% Costi annui per le famiglie :79 milioni di cui: costi medici :4 milioni costi non medici :75 milioni


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