Cultura
Dentro la psiche degli immigrati clandestini
Lassociazione La Nostra famiglia, ha avuto lincarico dalla Sanità di esaminerà oltre 200 immigrati nei centri pugliesi. Studierà le sindromi post-traumatiche e stress
di Redazione
Quali gli effetti della partenza forzata sulla loro psiche degli immigrati che sbarcano ogni giorno in Italia? Quali i disturbi di adattamento dei loro bambini in un Paese sconosciuto, con lingua e tradizioni diverse? Quanto è stressante, quanto incide sullo sviluppo mentale uno sguardo scolpito dalle devastazioni di una guerra? Una ricerca elaborerà finalmente risposte scientifiche. Il ministero della Sanità ha finanziato un progetto dell?associazione ?La Nostra Famiglia? che analizzerà l?immigrazione dal punto di vista antropologico e psicosociale. Terreno di studio, i centri di accoglienza della Puglia, regione di frontiera per eccellenza. L?indagine partirà a giorni, coordinata dal primario di Neuropsichiatria infantile del Polo di Ostuni della Nostra Famiglia, dottor Angelo Massagli. Ma sono tante le competenze in campo: strutture sanitarie delle province di Brindisi e Bari, l?Università del capoluogo pugliese, la Comunità delle Università del Mediterraneo e l?ateneo di Tirana. Tracciare un quadro esauriente della psicologia delle famiglie di immigrati servirà a pianificare una politica sanitaria e assistenziale ad hoc. E magari a suggerire una regolamentazione meno astratta dell?immigrazione clandestina e delle politiche di accoglienza. «Intervisteremo 200 immigrati, distinguendo i risultati a seconda delle etnie», spiega Massagli. «L?idea iniziale», prosegue, «era di studiare la sindrome post-traumatica da stress nei bambini, ma poi il discorso si è allargato anche agli adulti. Vogliamo verificare la loro capacità di integrazione, la predisposizione verso comportamenti peculiari, il rischio di alcune devianze: insomma, l?intera dimensione neuropsicologica legata all?inserimento nel Paese ospitante». L?Università di Tirana fornirà una consulenza socio-culturale sull?etnia albanese. Per dialogare con le altre popolazioni, sarà invece la figura del mediatore culturale . La ricerca indagherà anche il quadro epidemiologico dei profughi: in alcuni Paesi non c?è l?obbligo di vaccinarsi contro l?epatite B, il tetano, la difterite e la poliomielite». (E.Z.)
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