Dentro al tempo…la ri-creazione.

di Carlo Maria Zorzi

« Mangia, altrimenti l’Africa ti mangia ». E’ un modo per dire ai nuovi arrivati, a quelli che tendono a dimenticare e ai cowboys, abituati per loro natura a pensare che nulla li disarcionerà mai, che per vivere, e vivere producendo qualcosa di buono, in Africa, devi prestare molta attenzione ai bisogni del tuo corpo (e perchè no ! anche del tuo spirito). Al di sotto di un certo livello, « sei mangiato » ; rischi di ripartire afflitto per il poco che hai potuto dare e sconsolato per il quasi nulla che sei stato capace di ricevere. « I duri », lo sono per tutt’altre cose ; non certo per volersi appiattire su uno stile che non ti appartiene e coltivare un’idea di condivisione che finalmente non lascia traccia da nessuna parte. Altro, invece, sono i « sacrifici » a cui la vita, dovunque, ci abitua, dandoci però le risorse per uscirne più temprati.

« Fare attenzione » alle esigenze del proprio corpo in Africa vuol dire –tra l’altro- sapersi dare il tempo del riposo. Tempo giammai sciupato, almeno che non si voglia essere uno scansafatiche a tutti i costi. Ho sentito giudicare severamente le lunghe pause africane nel cuore della giornata. « I duri » hanno voluto dimostrare che non si doveva sprecare il tempo in quel modo. Ci hanno provato una volta, forse mezza; poi hanno capito che le tradizioni e le abitudini « locali » hanno sovente una ragione di esistere e di essere rispettate. Il sole a picco e gli oltre 40 gradi, hanno il pregio ti farti scoppiare il cervello e di farti saltare tutto il tuo programma contro lo spreco del tempo. Per questo in Africa la giornata comincia molto prima che il sole si leva all’orizzonte, si paralizza quando diventa « cattivo », e riprende quando le ombre si allungano verso sera. Altri ritmi per vivere e riuscire a sopravvivere.

Da noi si usa l’espressione « fare le pulizie di primavera » ; l’inverno ha rallentato tante cose, ha sconsigliato di lavare i tendoni di casa perchè poco pratico, rimandando a quando la meteo sarà più favorevole.

La foto è stata scattata da un amico alle 10 del mattino del 1° marzo, in quel del Santuario di Oropa, dalle parti di Biella. E mi è stata spedita per internet, poco sotto l’Equatore dove vivo e lavoro. Tutt’altra cosa !! Tutt’altro ambiente. E una riflessione forte e immediata. Vivendo in una realtà totalmente diversa e avendo perso l’abitudine -dopo 19 anni di lontananza- a come si sta in una simile situazione, quasi quasi mi viene la nostalgia (che forse è anche qualcosa di più e di diverso…) e la voglia di immaginare di essere davanti al camino, guardare fuori da una grandissima finestra rivolta a valle, nel silenzio che la neve rende ancora più delicato…a non fare nulla…pensare a nulla e lasciare che il passare inesorabile del tempo, curi le mie fatiche…. Penso alla vite e al perchè, in tanta Africa, non la si può coltivare ; fa sempre caldo e mi si dice che sarebbe troppo sollecitata alla produzione, senza quel tempo freddo del riposo che la rigenera per farla ri-crescere più forte e più vigorosa. Aver vissuto “al caldo” per tanti e lunghi anni sembra farmi sentire lo stesso bisogno che ha la vite; il freddo –cioè il riposo, la pausa obbligata- per ri-crearsi, che è un vero e proprio cambio di atteggiamento in una stagione diversa e sempre nuova, che lo impone. In Africa come altrove, in modi e stili diversi. Con la bella stagione sei sempre « in pista », non ti dai tregua, non molli mai, produci di continuo, fino a estinguerti, prosciugato. Quando vuoi andare inesorabilmente avanti, oltre il tempo e la stagione che madre natura ti imporrebbe per il tuo bene…fermati e godi del tempo della ri-creazione.

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