Dati Istat
Denatalità, quel che manca è una visione
Continua a calare l’indice di fecondità in Italia (1,18 figli per donna), con appena sei neonati ogni mille abitanti: nel 2024 sono nati 370mila bambini. Sale a 83,4 anni l'aspettativa media di vita. Aumentano le emigrazioni, soprattutto di giovani, ma in compenso sale il numero di immigrati
di Redazione

Continua a calare l’indice di fecondità in Italia. Il dato emerge dagli indicatori demografici Istat relativi all’anno 2024. Con un tasso di fecondità pari a 1,18 figli per donna viene addirittura superato il minimo storico di 1,19 figli per donna toccato nel 1995, anno nel quale tuttavia erano nati 526mila bambini contro i 370mila del 2024. È una conseguenza del calo delle donne e degli uomini in età fertile: le donne tra i 15 e i 49 anni sono passate da 14,3 milioni a 11,4 milioni, gli uomini da 14,5 a 11,9 milioni. Quanto alla fecondità, in Sardegna si è già scesi sotto l’unità: 0,91 figli per donna. L’età media al parto sale ancora: 32,6 anni, ma nel Lazio e in Basilicata si toccano già i 33,3 anni.
Natalità in discesa e mortalità in forte calo: sei neonati e 11 decessi per 1.000 abitanti. Quella italiana è una popolazione che invecchia sempre di più. Rilevante la crescita della speranza di vita: per il complesso della popolazione residente, alla nascita l’aspettativa di vita è pari a 83,4 anni, quasi 5 mesi di vita in più rispetto al 2023.
Una famiglia su tre ha solo un componente
Le famiglie sono sempre più ristrette: la loro dimensione media scende in vent’anni da 2,6 componenti agli attuali 2,2 (media 2023-2024). I nuclei familiari composti da una sola persona sono il 36,2% del totale (la forma familiare più diffusa in Italia), mentre vent’anni fa erano il 25,5%. In calo anche i matrimoni: 173mila nel 2024, 11mila in meno rispetto al 2023.
Emigrazione, +36%
I giovani scappano dal nostro Paese non appena possono, per studio o per lavoro. Nel 2024 è stato rilevato un boom di emigrazioni complessive per l’estero: in tutto 191mila (+20,5% rispetto al 2023), delle quali ben 156mila riguardano cittadini italiani che espatriano (+36,5%).
Gli stranieri tornano a crescere
Aumentano i neo cittadini italiani: sono 217mila le acquisizioni della cittadinanza italiana concesse a stranieri residenti in Italia, un dato che supera di 3mila unità il precedente record di 214mila cittadini raggiunto nel 2023. Il saldo migratorio netto sale dal +261mila del 2022 al +274mila del 2023. La popolazione residente straniera è in crescita: cinque milioni 308mila individui iscritti all’anagrafe al 1° gennaio 2024 (+166mila sull’anno precedente).
Aree interne: quattro comuni su cinque perdono popolazione
Il calo demografico appare più sensibile nei Comuni delle aree interne del Mezzogiorno: la variazione è di circa il cinque per mille in meno sull’anno precedente; la riduzione della popolazione è stata registrata in quattro Comuni su cinque.
De Palo: «L’unica strategia è fare squadra, o la partita sarà persa»

«Purtroppo i dati Istat odierni non fanno che confermare quello che stiamo dicendo ormai da parecchi anni: o iniziamo seriamente a fare delle politiche impattanti, concrete e durature nel tempo, oppure la partita della natalità e quindi della crescita economica, della coesione sociale, della solidarietà intergenerazionale, del mantenimento del sistema sanitario, del mantenimento del sistema pensionistico, sarà persa», sottolinea Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità. «Colpiscono due dati in particolare: il tasso di natalità ai minimi storici e il fatto che i nostri giovani preferiscono andare all’estero per realizzare i loro sogni lavorativi e familiari. Fino a quando la nascita di un figlio sarà una delle prime cause di povertà, non cambierà nulla a livello demografico nel nostro Paese. Qui non si tratta di trovare un colpevole, non si tratta di dare la responsabilità a questo Governo o al precedente, qui si tratta di fare squadra tutti insieme perché stiamo giocando la partita più importante del nostro Paese. Servono urgentemente politiche capaci di impattare drasticamente e in maniera concreta sul tema della natalità, non bastano più bonus o parcellizzazione di bilanci nazionali. Serve dedicare i prossimi 10 bilanci del Paese a questa tematica perché altrimenti viene giù tutto. Faccio un appello ai sindacati, ai pensionati, ai lavoratori, alle banche, alle aziende, all’associazionismo e al Terzo settore, al mondo della comunicazione, al mondo dello sport: chiediamo tutti insieme politiche familiari e per la natalità che mettano i nostri giovani nelle condizioni di realizzare i loro sogni lavorativi e familiari nel nostro Paese».
Qui non si tratta di trovare un colpevole, non si tratta di dare la responsabilità a questo Governo o al precedente, qui si tratta di fare squadra tutti insieme perché stiamo giocando la partita più importante del nostro Paese
Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità
E prosegue: «È giunto il momento in cui l’interesse particolare deve essere messo da parte per il bene comune dell’Italia, andando anche oltre le dinamiche ideologiche relative al tema dell’immigrazione, per cercare di trovare una via italiana che possa uscire dall’impasse se aprire o chiudere i porti. Occorre lavorare contemporaneamente su due filoni: politiche familiari che facilitino le scelte dei giovani di fare famiglia e una via italiana all’immigrazione. L’una non può e non deve escludere l’altra. Facciamo lo Ius Familiae, rendiamo il nostro Paese ambìto non solo per gli stranieri che cercano lavoro, ma anche per chi desidera stabilità. In questo modo diamo un segnale di sicurezza e di futuro. Non è più il tempo di giocare in difesa, ma di fare proposte innovative che vadano oltre la gestione del presente. Il futuro possiamo ancora scriverlo, ma dobbiamo farlo tutti insieme».
Rosina: «Rimarranno solo gli anziani»

«La persistente denatalità va a ridurre sempre più le coppie in età da avere figli», fa notare Alessandro Rosina, professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «La notizia positiva è che l’immigrazione è in crescita, ma aumentano i flussi verso l’estero sia dei giovani italiani sia dei figli degli immigrati, in cerca di migliori opportunità altrove (i cosiddetti Expat, cioè quelle persone provviste di un alto livello di istruzione che lavorano all’estero, spesso per grandi aziende, hanno buoni stipendi o salari e frequentano ambienti internazionali, ndr). Finché non porteremo le politiche di investimento sulle nuove generazioni (accesso stabile al mondo del lavoro, salari adeguati, valorizzazione del capitale umano, politiche abitative, strumenti di conciliazione vita e lavoro) almeno ai livelli medi degli altri Paesi europei, continueremo ad avere sempre meno nascite e sempre più giovani che vanno a lavorare e a realizzare i propri progetti di vita altrove. Rimarranno solo gli anziani, come sta accadendo nelle aree interne del Paese, che stanno anticipando quello che rischia di diventare l’Italia nei prossimi decenni se non si inverte la rotta».
Bordignon: «Stiamo consumando il futuro»

«Il tasso di fecondità è ai minimi storici», puntualizza un preoccupato Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle Associazioni familiari. «Stiamo sprofondando nelle sabbie mobili ed è evidente che quanto stiamo mettendo in campo, come sistema Italia, è del tutto insufficiente per garantire un minimo equilibrio demografico. Da anni chiediamo una rivoluzione che il nostro Paese non è ancora disposto ad assumere, vittima di priorità che sono sempre altre, di mancate convergenze transpartitiche, di fragilità di alleanze tra politica, amministrazione locale, lavoro, associazionismo e scuola. Ma anche politiche asfittiche e vincolate a patti di bilancio stringenti che invece si fanno flessibili per altre urgenze».
L’anno della famiglia sembra sempre essere il prossimo in agende ormai attanagliate da crisi mondiali che oggi ci portano anche a parlare di guerra, militare o di dazi, come una possibilità di scenario ordinario. Stiamo consumando il futuro in un’epoca che si fa vanto di cercare sempre la sostenibilità
Adriano Bordignon, presidente del Forum Famiglie
Per Bordignon «l’anno della famiglia sembra sempre essere il prossimo, in agende ormai attanagliate da crisi mondiali che oggi ci portano anche a parlare di guerra, militare o di dazi, come una possibilità di scenario ordinario. Cresce anche il numero di italiani che lasciano il Belpaese. Nel 2024 sono stati 156mila, un +36,5% con un impatto ancora più significativo per il Mezzogiorno, gravato anche dal fenomeno delle migrazioni interne: -52mila, mentre il Nord guadagna 47mila residenti grazie ai trasferimenti da altre aree del Paese. L’Istat ci dice che il numero medio di componenti per famiglia è sceso a 2,2, rispetto ai 2,6 di venti anni fa. Il Rapporto evidenzia che oltre un terzo delle famiglie anagrafiche in Italia è composto da una sola persona, dato che lascia emergere un preoccupante aumento del fenomeno delle solitudini. Le coppie con figli rappresentano meno del 30%, mentre aumentano le famiglie monogenitoriali (10,8%) e quelle senza figli (20,2%). Stiamo consumando il futuro in un’epoca che si fa vanto di cercare sempre la sostenibilità. Urgono politiche strutturali, generose ed universali orientate a famiglia e giovani. In tal senso, serve il coraggio, l’unità e la capacità di programmare per fare, da subito, le scelte operative conseguenti, considerando la spesa per far crescere il figlio, non come un costo individuale ma come investimento per il futuro dell’intera comunità. Occorre cambiare cultura e supportare la famiglia come soggetto sociale che, se messo nelle condizioni, è capace di generare benessere per tutto il Paese».
Credit: la foto d’apertura è di Creationhill su Pexels
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