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Democrazia con stellette

Intervista al maggior politologo italiano, Giorgio Galli

di Maurizio Regosa

«Il sistema delle rappresentanze è stato sopraffatto. Nel vuoto il pensiero miltare troverà sempre più spazio. Anche Obama ne è vittima»: così il decano della politologia italiano rispondeva a Vita nel mese di marzo. Un’intervista apparsa sul numero 10 (a pagina 15) che anticipa alcuni dei temi in discussione anche nelle ultime settimane.
 
Giorgio Galli ha spiegato a intere generazioni di cittadini la democrazia cosa sia e cosa comporti. Quali siano le dinamiche anche oppositive (agli scontri fra Dc e Pci ha dedicato negli anni molte indagini); quali i suoi nemici: il terrorismo ma anche la dittatura (fondamentale il suo Hitler e il nazismo magico, del 1989). E lo ha fatto da professore universitario e da commentatore giornalistico (con una rubrica su Panorama che ha fatto scuola). Oggi, vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, il decano dei politologi italiani torna all’epoca della Guerra fredda per analizzare il rapporto fra La democrazia e il pensiero militare (come recita il titolo del suo ultimo saggio, edito dalla Libreria editrice Goriziana). Un periodo nel quale, spiega, «si pensava che la democrazia avesse un processo decisionale troppo lento e quindi inadeguato, se paragonato a quei regimi in cui il potere militare aveva la possibilità di intervenire in tempi rapidi. Crollato il sistema comunista, si poteva credere che non vi fosse più spazio per la richiesta di un processo decisionale più rapido e quindi tendenzialmente autoritario». Non è andata così. «Questa tendenza va al di là della competizione fra i blocchi ed è una prospettiva da tenere presente. Il che non vuol dire che il futuro sia dei militari».
VITA: Lei scrive: «Solo un regime di tipo autoritario può competere con un regime autoritario».
GIORGIO GALLI: Oggi la democrazia occidentale, che attraversa una crisi significativa, deve competere con un mondo multipolare, con sistemi che non sono democratico-rappresentativi. Dunque c’è sempre la possibilità che l’Occidente si senta messo in difficoltà da apparati più dinamici che sono tali anche perché hanno una maggiore capacità decisionale.
VITA: La competizione si gioca su piani differenti.
GALLI: Da qui appunto l’idea di recuperare la rapidità che è propria di un modo di pensare dove la disciplina prevale sul consenso, dove la gerarchia prevale sulla rappresentanza, caratteristiche tipiche del pensiero militare.
VITA: Però lei aggiunge: «In pochi anni l’autoritarismo è passato da disvalore a valore». Una frase di grande attualità.
GALLI: Fra le difficoltà della democrazia rappresentativa c’è anche questo rischio. Che per il momento non corriamo. La competizione dell’Occidente, in questo nuovo equilibrio multipolare, è ancora sulla base di sistemi democratico-rappresentativi.
VITA: La democrazia è in crisi, lei dice…
GALLI: Perché non riesce a controllare le grosse concentrazioni economiche.
VITA: L’Italia ha un paesaggio semi-militarizzato: i soldati per le strade…
GALLI: Nel mio libro non parlo dell’Italia, utilizzo solo il pensiero militare italiano, il contributo teorico.
VITA: Però una certa tendenza all’autoritarismo…
GALLI: Sì, ma è molto trasversale. Quando era presidente della Camera, Bertinotti a un certo punto disse che la Folgore è un esempio per tutti i cittadini. Cosa che dieci anni prima probabilmente non sarebbe stata detta. Quindi indubbiamente è vero che nelle complesse democrazie di oggi c’è l’idea secondo cui servano più autorevolezza e più rapidità di decisione.
VITA: Invece?
GALLI: La mia lettura è un’altra: nella democrazia rappresentativa la partecipazione dei cittadini va allargata. Non più gerarchia, ma più rappresentanza. Non più disciplina, ma più consenso effettivo.
VITA: In Italia chi preme per la militarizzazione?
GALLI: Non credo che i militari abbiano una specifica vocazione a proporsi anche come soluzione politica. Né a proporre una forma di militarizzazione. È semmai il pensiero politico. Nella parte finale del libro sottolineo che le democrazie rappresentative oggi hanno di fronte grandissimi problemi come i cambiamenti ambientali e climatici. Fino a tempi recentissimi il pensiero politico era per l’iper-liberalizzazione: il mercato avrebbe risolto tutto. Mi pare invece che il mercato debba essere accompagnato da qualche tipo di programmazione e da un uso razionale delle risorse. Aspetti ai quali forse i militari prestano più attenzione. Mentre invece il pensiero politico è prevalentemente orientato a non controllare il potere economico e a considerare i grandi poteri economici incontrollati come un tema da non affrontare.
VITA: La crisi accentuerà questa tendenza all’autoritarismo?
GALLI: Robert Doll, maestro del pensiero politico, sostiene che in ogni caso la democrazia dei nostri successori non sarà quella dei nostri predecessori. O si amplierà nel senso di una maggiore partecipazione dei cittadini o si restringerà in forme sempre più oligarchiche, per le quali egli usa l’espressione dell’ultimo Platone «il governo dei custodi». Voglio dire che la democrazia del XXI secolo non sarà quella del XX. O sarà più ampia con maggiore possibilità di partecipazione e controllo dei cittadini oppure sarà ristretta attraverso il «governo dei custodi». Se prevalesse questa seconda tendenza, che prevede più disciplina anche con meno consenso, più gerarchia anche con meno partecipazione, il pensiero militare si mostrerebbe più adatto.
VITA: Non fa previsioni.
GALLI: Non me la sento. Anche se, senza una modifica profonda verso il controllo del potere economico, si potrebbero accentuare le tendenze oligarchiche.
VITA: Sempre più imprenditori in politica. Non è il «governo dei custodi»?
GALLI: Vedo la decrescente partecipazione alle elezioni, indice del minor intervento dei cittadini. Riguarda anche le ultime elezioni americane, presentate come un modello di eccellenza democratica, anche se quasi 100 milioni di cittadini non hanno votato. Si sono avute percentuali di partecipazione leggermente più alte, ma pensando alla grande originalità della competizione – un candidato nero che ha battuto un candidato donna, la guerra, la crisi economica – ci si poteva aspettare un balzo che non c’è stato. Quindi da un lato questa tendenza. Dall’altro quello che lei dice: l’inclinazione ad essere rappresentati dai custodi. Io però continuo a ritenere possibile l’ampliamento della democrazia rappresentativa.
VITA: Chiudendo Guantanamo, Obama dà un messaggio anche ai militari?
GALLI: Non concordo con la lettura che è stata data di un Obama verde, pacifista e di sinistra. È tutt’altro. Nel discorso che tanto gli ha giovato, quello fatto anni fa da senatore, in cui si è pronunciato contro la guerra in Iraq, ha detto esplicitamente «non sono per principio contro la guerra, sono contro questa guerra inutile e stupida». Obama è profondamente radicato nella tradizione politica americana. La decisione di chiudere Guantanamo è un messaggio senz’altro positivo, a favore di una concezione molto liberale della democrazia. Ma mentre il ritiro dall’Iraq non è ancora di fatto iniziato, il neo presidente è a favore di un maggior impegno politico in Afghanistan. Il che vuol dire assegnare ai militari un ruolo di notevole importanza.
VITA: Tornando in Italia, le ronde non sono una forma di partecipazione?
GALLI: Sì. Però le democrazie rappresentative occidentali sono basate sul famoso concetto weberiano della gestione da parte dello Stato della forza. Non si può tornare in alcun modo a milizie private. Uno Stato di diritto è basato sul monopolio della forza per la tutela degli interessi generali. Se viene meno questa idea, viene meno un principio base delle democrazie occidentali.


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