La giornata mondiale
Demenza: un sonno disturbato la favorisce
L'insonnia compromette la salute del cervello e dell'intero organismo alterando meccanismi fisiologici di base, sotto attenta indagine da parte della scienza. Una corretta igiene del sonno è importante a tutte le età, in particolare per chi ha l'Alzheimer. Per Emanuele Poloni, neurologo della Fondazione Golgi-Cenci, godersi la vita aiuta a rilassarsi e promuove così anche un buon sonno

La relazione tra il sonno e la malattia di Alzheimer è al centro di un filone di ricerca molto attivo che cerca di comprendere i meccanismi attraverso i quali la qualità e della quantità di sonno influenzano il rischio di sviluppare la malattia. Da tempo sappiamo che «durante il sonno, fondamentale per le cellule neurali, avviene un’intensa attività di sintesi proteica, di ormoni e di neurotrasmettitori. Domire è fondamentale per numerosi meccanismi fisiologici» spiega Emanuele Poloni, medico responsabile del Settore neurologia e neuropatologia della Fondazione Golgi-Cenci & Banca del cervello di Abbiategrasso, in occasione della giornata mondiale del sonno del 14 marzo promossa dalla World Sleep Society e, in Italia, dall’Accademia Italiana di Medicina del Sonno. Ma, soprattutto, quando dormiamo avvengono le grandi pulizie che consentono al cervello di sbarazzarsi delle sostanze di scarto.
È il sistema glinfatico, dalle cellule della glia, considerato lo spazzino del cervello, a occuparsi della cosiddetta clearence, lo smaltimento delle sostanze frutto del metabolismo il cui accumulo è tossico. Infatti, questo sistema di drenaggio, molto attivo nel sonno, medierebbe molti dei benefici attribuibili a Morfeo. Come l’effetto protettivo dalle malattie neurodegenerative. «Smaltendo anche le proteine neurotossiche come la beta amiloide Aβ e gli ammassi neurofibrillari di tau, biomarcatori di Alzheimer, ne rallenta o impedisce l’accumulo» spiega il neurologo. «Ecco che avere un sonno destrutturato a lungo andare danneggia il cervello e aumenta il rischio di demenza. Anche perché dormire bene è importante per il sistema cardiovascolare, l’insonnia aumenta il rischio di ipertensione arteriosa» che sappiamo compromettere la struttura e la funzione del microcircolo cerebrale e provocare infiammazione con conseguente aumento del rischio di demenza.
Tra le principali teorie della funzione riparatrice del sonno c’è anche quella secondo cui il bisogno di dormire sarebbe il costo da pagare alla plasticità neurale, anche perché il ciclo sonno veglia accompagna la vita di tutti gli animali. Infatti, durante il sonno attraverso la creazione di nuove connessioni neurali e il rafforzamento e stabilizzazione di alcune delle esistenti si consolidano le memorie e si favorisce il processo di apprendimento. C’è poi il grande capitolo delle apnee ostruttive del sonno che favorisce la demenza senile.
Per queste ragioni, una corretta igiene del sonno è importante per tutti, a scopo preventivo e per chi già convive con disturbi cognitivi legati alla demenza. «Costoro dovrebbero mantenere una vita il più possibile attiva durante il giorno, soggiornare in ambienti ben illuminati e stimolanti. Una pennichella il pomeriggio può essere concesso ma senza mai dormire a lungo» consiglia Poloni, che sottolinea l’importanza di un corretto ritmo sonno-veglia per scongiurare la comparsa di disturbi notturni del comportamento che portano i malati ad alzarsi e vagare per casa in stato confusionale, con grave danno per il riposo del caregiver. Inoltre, un cattivo sonno favorisce l’accumulo delle proteine neurotossiche e, in un circolo vizioso, peggiora i sintomi. Andrebbe sempre prestata attenzione, inoltre, alle caratteristiche individuali: «Mai confondere il breve dormitore, cui bastano meno ore di sonno, con l’insonne» mette in guardia lo specialista «Alcuni farmaci che inducono il sonno ne alterano la struttura» e non sono quindi privi di effetti collaterali.
La struttura del sonno è grande indagata anche da chi cerca la strada per una diagnosi precoce, dal momento che i processi patologici iniziano già da due decenni prima della comparsa dei sintomi. Secondo un recente studio dell’University of California a San Francisco, apparso su Alzheimer’s and Dementia, una fase Rem (fase che corrisponde al momento del sogno ed è anche detta fase del ‘sonno paradosso’ a causa dell’attività elettroencefalografica simile a quella della veglia) ritardata può essere un segnale precoce di Alzheimer. Lo studio ha anche evidenziato un’associazione tra Rem ritardata e maggiori depositi di placche di Aβ, livelli elevati di tau e livelli più bassi del fattore neurotrofico Bdnf.
«La grande complessità dipende dal fatto che l’Alzheimer è una malattia multifattoriale anche per questo si sta rivelando così difficile individuare un trattamento farmacologico sicuro ed efficace» conclude Poloni. «è importante, a un certo punto, staccare la spina e imparare a rilassarsi e a godersi la vita: questo andrà a beneficio del sonno e della salute in generale».
Foto di Rayner Simpson su Unsplash
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