Sostenibilità

Delta del Po, assedio al regno della biodiversit

Il Delta è un’area naturalistica tra le più importanti d’Europa, ma è anche assediata dall’economia agricola e industriale e dal turismo di massa.Di Lucio Biancatelli

di Redazione

«Il Delta è un?area naturalistica tra le più importanti d?Europa, ma è anche assediata dall?economia agricola e industriale e dal turismo di massa. Il fatto di essere un?area marginale l?ha resa il luogo ideale per l?impianto di attività inquinanti, come ad esempio la centrale di Porto Tolle. Ma oggi lo sviluppo del Delta non può passare attraverso una grande centrale elettrica ma deve basarsi sulla pesca, sull?agricoltura, sul turismo di qualità». Lucilla Previati, architetto, è il direttore del Parco regionale Delta del Po dell?Emilia Romagna, un mancato parco nazionale e interregionale. Il caso è utile per affrontare il tema del ?dove?. Dove realizzare nuovi parchi nazionali? In aree spopolate – per non interferire con le attività umane – o in quelle dove sono maggiori i valori di biodiversità da difendere, come chiede il WWF?

Nel Delta del Po vengono segnalate circa 300 specie di uccelli, di cui 146 nidificanti e oltre 151 svernanti. Alcune rarissime, come il marangone minore, la sterna di Ruppel. Altre specie hanno scelto il Delta come unico sito riproduttivo in Italia: lo svasso piccolo, la spatola, il beccapesci. Si tratta della più importante area ornitologica italiana ed una delle più rilevanti d?Europa. Individuato dalla legge 305/89 come parco nazionale da istituire, è stato poi ?declassato? a parco interregionale dalla legge 394/91 (la legge quadro sulle aree protette). Ma oggi il Parco è frutto della sovrapposizione di due parchi regionali, Emilia Romagna (54mila ettari) e Veneto.

«Del parco nazionale», spiega Previati «non parla più nessuno, la Regione Veneto lo ritiene impensabile ma da parte mia non ci sono preclusioni. Il valore della biodiversità è altissimo, i numeri ci sono tutti, è l?unico Delta significativo che abbiamo in Italia, ma è vero che l?antropizzazione è alta e ciò rende difficile la gestione a livello di parco nazionale. In Italia nella scelta delle aree da tutelare sono stati privilegiati luoghi di montagna dove la presenza umana era marginale. Ma perché non fare un parco nazionale anche dove la presenza umana è così forte? È il messaggio che cerco di far passare ai sindaci».

«Il problema», aggiunge Previati, «non sono né i cacciatori né i vongolari, con i quali stiamo raggiungendo un equilibrio ma l?aggressione edilizia. Gli enti pubblici vogliono il parco, ma allo stesso tempo temono che possa interferire con le loro attività. Io dico che non è compatibile con il parco nazionale una crescita edilizia sregolata, penso invece a interventi di rinaturazione, ripristino delle dune, decostruzione. Ma anche alla riconversione di una certa edilizia in funzione del turismo».

Anche se ci sono stati progetti comuni fra i due parchi, manca una strategia condivisa di visibilità: ma la concorrenza di altri parchi europei è sempre più forte. E il Delta del Po rischia di perdere molte occasioni.

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