Non c’è pace per il Delta del Niger. Questa volta sono le Nazioni Unite ad entrare nell’occhio del ciclone. Secondo il quotidiano inglese The Guardian, Mike Cowing, capo del team dell’agenzia Unep, che da tre anni sta investigando sulle responsabilità dell’inquinamento nel Delta, avrebbe dichiarato che la Shell è responsabile in minima parte per l’inquinamento dell’area. Le dichiarazioni hanno lasciato basiti i rappresentanti del popolo degli Ogoni, “accusati” dall’Onu di aver provocato un massiccio inquinamento con operazioni di sabotaggio e furti di petrolio, al punto che la Shell sarebbe colpevole solo del 10% delle fuoriuscite di greggio. Le prime conclusioni riterrebbero quindi la popolazione nigeriana responsabile per il 90% dell’inquinamento, ma il rapporto definitivo sarà presentato solo a dicembre. Ad aggiungere sospetti sul rapporto Onu vi è però la posizione dei finanziatori: il governo federale nigeriano e la stessa Shell. L’agenzia però si è difesa in un comunicato che specifica come non ci siano ancora conclusioni definitive. Il comunicato inoltre dichiara che la Shell e il governo hanno finanziato lo studio secondo il “polluter pays principle”, un principio del diritto ambientale internazionale che prevede l’obbligo per le parti responsabili dell’inquinamento di risarcire le persone danneggiate. Ma appellandosi a questo principio i funzionari dell’Unep hanno utilizzato prevalentemente dati Shell o del governo, criticati dalle ong. «Basarsi su questi dati sarebbe fuorviante», ha affermato Audrey Gaughran, direttore del Global Thematic Issues Program di Amnesty International. «L’Unep deve tenere conto che i dati in questione sono in discussione da anni. Mancano totalmente di credibilità». www.afronline.org
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