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Della Longa (Croce Rossa): «La strage dei paramedici a Gaza non resti impunita»

La Mezzaluna Rossa palestinese ha chiesto un'indagine internazionale sull'uccisione a Gaza dei 15 operatori palestinesi, giustiziati e buttati nelle fosse comuni dall’esercito israeliano mentre facevano il loro lavoro: aiutare gli altri. «Uno dei nostri colleghi ancora non sappiamo se sia vivo o morto. Ma è compito dei Governi proteggere gli operatori umanitari», dice Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione internazionale delle società di Croce rossa e Mezzaluna rossa

di Anna Spena

Tra i 15 operatori sanitari uccisi lo scorso 23 marzo dall’esercito israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza e sepolti in una fossa comune c’erano anche otto operatori della mezzaluna rossa palestinese. Si chiamavano Mostafa Khufaga, Saleh Muamer, Ezzedine Shaath, Mohammad Bahloul, Mohammed Al-Heila, Ashraf Abu Labda, Raed Al Sharif e Rifatt Radwan. L’ufficiale dell’ambulanza Assad Al-Nassasra è ancora disperso. Sono stati giustiziati dall’esercito israeliano mentre facevano il loro lavoro: aiutare gli altri. Dell’attacco non si sapeva quasi nulla fino a domenica. Questo incidente devastante rappresenta l’attacco più mortale ai lavoratori della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa in tutto il mondo dal 2017.

L’esercito israeliano ha provato a sostenere che le ambulanze stavano “avanzando in modo sospetto”. Ma un video pubblicato dal New York Times, ha completamente smentito la versione dell’idf. «Le loro ambulanze sono state schiacciate e in parte sepolte. Nelle vicinanze c’erano i loro corpi, anch’essi sepolti, in massa, nella sabbia. I nostri colleghi morti indossavano ancora i loro giubbotti della Mezzaluna Rossa. In vita, quelle uniformi segnalavano il loro status di operatori umanitari; avrebbero dovuto proteggerli. Invece, nella morte, quei giubbotti rossi sono diventati i loro sudari», ha scritto sul The Guardian Jagan Chapagain, il segretario generale della Federazione internazionale della Mezzaluna rossa. La Palestine Red Crescent Society, la Mezzaluna Rossa palestinese, ha chiesto un’inchiesta internazionale indipendente sulla loro uccisione. «Chiediamo al mondo di formare una commissione d’inchiesta internazionale indipendente e imparziale sulle circostanze dell’uccisione deliberata degli equipaggi delle ambulanze nella Striscia di Gaza», ha dichiarato ai giornalisti a Ramallah, in Cisgiordania, Younis Al-Khatib, presidente dell’organizzazione. Nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 sono stati uccisi almeno 210 i giornalisti e oltre 50mila civili.

«Sono scioccato, sono arrabbiato», quasi sospira Tommaso Della Longa,  portavoce della Federazione internazionale delle società di Croce rossa e Mezzaluna rossa. «Molto arrabbiato. Con i nostri colleghi avevamo perso i contatti una settimana prima dell’arrivo della notizia del ritrovamento dei corpi in una fossa comune». Gli operatori erano stati chiamati nella zona di Rafah dopo un raid israeliano. «Erano lì per salvare delle vite», continua Della Longa. «Nel video si sente la voce di un ragazzo che chiede scusa alla madre prima di morire. Chiede scusa per aver scelto di aiutare gli altri». 

Per Della Longa questo «è il momento di ricordare che dietro alla categoria di operatori umanitari ci sono padri, fratelli, amici, mogli, sorelle, madri. È inaccettabile che siano stati uccisi e poi buttati in una fossa comune. Quel giorno, dopo il turno, dovevano tornare a casa. Ammesso che quella casa esistesse ancora. Uccidere degli operatori umanitari è grave come quando si uccidono i civili. Ma attaccare le ambulanze significa indebolire tutta la comunità perché quando qualcuno ne avrà bisogno quel mezzo non sarà più disponibile».

Prima dell’inizio della guerra la Mezzaluna rossa palestinese all’interno della striscia di Gaza aveva 53 ambulanze: «Ora ne possiamo usare poco meno di venti, alcune sono state distrutte, altre restano ferme perchè non c’è rimasto un filo di carburante». Della Longa descrive una «situazione da incubo che può solo peggiorare. Stiamo correndo un rischio grandissimo: andiamo incontro alla normalizzazione di quello che sta accadendo». Manca «una risposta collettiva globale. Se non riusciamo tutti insieme ad indignarci che delle persone sono state uccise e buttate in una fossa comune mentre erano lì per provare a salvare altre vite allora il problema che ci troviamo davanti è grave».
Della Longa lo dice senza retorica: «Ho finito le parole, sono 18 mesi che ripeto la stessa cosa. Per qualcuno le regole internazionali contano poco. Ma sono i Governi che hanno la responsabilità di tutelare gli operatori umanitari. Questi fatti non possono restare impuniti, dobbiamo chiedere la vera giustizia. Ed anche che venga cambiata la narrativa di come queste cose sono raccontate: la vita di un operatore espatriato non vale di più di quella di un operatore locale».

Nella foro di apertura il fotogramma da video delle ambulanze palestinesi con luci accese colpite da attacco israeliano/Palestinian Red Crescent Society via AP/LaPresse

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