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Delitto Cutuli: carcere per i tre afghani

Il Tribunale del Riesame di Roma, ha disposto la custodia cautelare in carcere per i tre afghani accusati dell'omicidio della giornalista del "Corriere della Sera" Maria Grazia Cutuli, uccisa il

di Carmen Morrone

Il Collegio ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Italo Ormanni che aveva sostenuto la tesi del delitto politico. “Il repertorio dei dati conoscitivi – si ricorda nell’ordinanza del Tribunale contro Mohammed Taher, Miwa Jan e Mar Jan – somministrati, nel tempo, dagli investigatori della Digos presso la Questura di Roma, dagli appartenenti ai servizi segreti dell’Afghanistan, dal personale dell’ambasciata italiana a Kabul, produce nell’interprete la certezza storica che l’assassinio della Cutuili fu alimentato da una precisa idea di netta marca politica: rappresentare al mondo occidentale, in particolare, che il regime dei talebani fosse, ancora, detentore del governo della territorialita’. L’azione omicidiaria portata a termine in danno della Cutuli era dotata, nelle intenzioni degli agenti, di imponente espressivita’ della perdurante forza dei talebani sul territorio, cosi’ da organizzare blocchi stradali lungo gli itinerari di accesso al paese e alimentare disordini ad opera di formazioni paramilitari. Mohammed Taher apparteneva proprio a una formazione di tale genere operante nel distretto di Sarobbi. Lo scenario storico degli eventi maturato in Afghanistan significava che le imprese, violente fino all’uccisione delle vittinme, poste in essere da quelle formazioni coinvolgevano operatori dell’informazione degli Stati occidentali, di guisa che l”opinione pubblica’ di questi paesi fosse consapevole, pienamente e tragicamente, come il caso dell’omicidio della Cutuli, dell’effettualita’ di quel territorio, nient’affatto controllato dalla coalizione militare dell’Occidente. Di forte significazione il fatto accaduto a tre giornalisti ellenici, nelle stesse circostanze di tempo e luogo inerenti all’aggressione omicidiaria ai danni della Cutuli: essi furono liberati, soltanto, perche’ il loro accompagnatore aveva garantito la loro fede musulmana. Il giorno precedente, alcuni giornalisti filippini non subirono alcuna forma di violenza da parte degli stessi agenti i quali controllavano il territorio,. Orbene, l’idea motivante la condotta criminale in discussione aveva incisive e dominanti connotazioni politiche; l’omicidio della Cutuli fu il risultato, non soltanto della rapina, ma, soprattutto, del progetto politico animante gli agenti, e cioe’ attaccare la credibilita’ politica dei governi di quei paesi partecipanti al conflitto contro i talebani, come l’Italia, per il ripristino dell’ordine democratico e della civile convivenza, e, vieppiu’, impedire ai giornalisti di quei paesi, tra i quali la Cutuli, l’esercizio del diritto all’informazione” Per quanto riguarda gli indizi di colpevolezza, i giudici rilevano che a febbraio 2002 la Digos comunico’ “che le competenti autorita’ afghane avevano arrestato ‘Taher’, come responsabile dell’omicidio della Cutuli, essendo stato trovato in possesso di beni, di certo appartenenti alla vittima. L’11 aprile 2002, gli investigatori della Digos raccolsero il dichiarato di Mohammad Taher, il quale si presentava come responsabile del consiglio della tribu’ di Sarobi. Questi narrava di essere stato incaricato, nella sua qualita’, di esperire le indagini in merito all’omicidio dei quattro giornalisti. Egli aveva contattato Miwa Jan alfine di acquisire informazioni; questi, aveva individuato gli autori dell’eccidio, i quali, a suo dire, sarebbero stati, ancora, in possesso di oggetti asportati alle vittime. Taher riferiva che Miwa gli aveva consegnato alcuni oggetti, tra cui un apparecchio radio portatile, ricevendo la somma di 20.000 rupie pakistane come ricompensa. Taher precisava che Miwa gli aveva presentato” una persona che “conosceva i colpevoli” e che avrebbe avuto in consegna un oggetto di proprieta’ dei giornalisti uccisi. “Allo scopo di recuperare – scrive ancora il tribunale nell’ordinanza – tutti i residui beni delle vittime, Taher aveva corrisposto altre 80.000 rupie”. Per i giudici, “la verita’ rappresdentativa di Mohammad Taher apre un orizzonte confuso, rapsodico, destrutturato, in cui egli tenta di posizionare il possesso degli oggetti della Cutuli. Una verita’ sommersa dalle puntuali, specifiche, logiche osservazioni” svolte dal procuratore aggiunto Ormanni. Nell’ottica del tribunale del riesame, dunque, “la situazione storico-cautelare e’ di straordinaria rilevanza, cosi’ da imporre l’adozione della custodialita’ in carcere”. Il difensore dei tre afghani, l’avvocato Massimo Biggio, dopo aver letto l’ordinanza valutera’ se presentare ricorso per cassazione.


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