Cinema
Delia, un film da vietare agli uomini
Una donna impegnata nella cooperazione sociale e nell'educazione ha visto "C'è ancora domani" insieme alle sue figlie. «È un bignami per riconoscere i segnali di pericolo nelle relazioni, un potente strumento di difesa per tutte noi. Per questo deve essere un film solo per noi»
Confesso: avevo una voglia matta di andarlo a vedere, dopo essermi persa Barbie. E di getto ho comprato i biglietti anche per Amelia e Adele, che hanno rispettivamente 12 e 8 anni. Appartengo a quella categoria di madri un po’ spaventate per il futuro delle proprie figlie, che pensano che i 132 anni che a livello globale ci separano dal raggiungimento dell’equità di genere sia un tempo veramente lunghissimo: quindi credo che non sia mai stato troppo presto per parlare loro di indipendenza, diritti, libertà, sogni (anche considerato il disimpegno su questi temi del mondo scolastico).
Fuori dal cinema, l’età media della gente in attesa mi ha fatto dubitare della mia decisione, così ho comprato due porzioni formato famiglia di pop corn per affogare i miei sensi di colpa e puntare sull’effetto distrazione. Ed invece bingo! Ho fatto la scelta giusta, questa volta sono stata una madre sufficientemente buona. C’è ancora domani è un omaggio all’intelligenza silenziosa ed operosa delle donne, ad una leadership che non ha bisogno di battere i pugni, è un bignami per riconoscere alcuni “segnali” di pericolo nelle relazioni e un dolce ponte fra le generazioni. In altre parole un potente strumento di difesa per tutte noi e per questo deve essere un film solo per noi.
C’è ancora domani è un bignami per riconoscere i segnali di pericolo nelle relazioni: in altre parole un potente strumento di difesa per tutte noi e per questo deve essere un film solo per noi.
Francesca Gennai
Di solito non sono per la separazione dei sessi, né credo che ci siano “cose da donna” e “cosa da uomini”. Anzi, credo fortemente nelle battaglie comuni, nella sorellanza e nella fratellanza. Mi sono letta più e più volte Donna non si nasce, si diventa di Simone De Beauvoir e più di recente Donne difficili. Storia del femminismo in 11 battaglie di Helen Lewis per tenermi in allenamento sul dibattito, ma dopo aver visto come Delia riusciva a proteggere e sostenere la propria famiglia fra un ceffone e l’altro non ho dubbi: sono gli uomini per questa volta che dovrebbero restare fuori dalla porta. Certo noi siamo più allenate in questo, per esperienza sappiamo che la stanza dei bottoni non è sempre ancora così accessibile, ma chissà forse gli uomini per la prima volta potrebbero sperimentare la fatica del doversi legittimare.
Ma andiamo per ordine. Delia dipana la sua vita e quella della sua famiglia facendo accadere le cose in silenzio, stando sempre “vigile” e attenta. Adotta la strategia della normalità per trasformare la quotidianità. Durante il pranzo con i futuri suoceri, cerca di tenere la bottiglia di vino lontano dal marito, perché conosce l’effetto che l’alcool ha su di lui. E già sa le conseguenze quando accidentalmente rompe il piatto della suocera. Spinge fuori dalla stanza i figli affinché non vedano la violenza che subisce, ma questo non può impedire loro di sentire le sue lacrime. Lavora instancabilmente e continua a farlo per il bene della famiglia anche quando scopre che solo “perché è omo” l’ultimo arrivato nella bottega di ombrelli guadagna comunque più di lei. Delia non è una che spiega, il suo linguaggio è povero di parole. Incassa senza rispondere mai, perché così il marito l’ha abituata, le provocazioni della figlia, quando le chiede perché non se ne va via ed accetta tutta quella sofferenza, quando le rimprovera di non aver fatto la scelta giusta nel suo matrimonio.
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Delia è una donna che agisce. Giornalmente mette da parte una piccola somma di denari che sottrae al marito per un sogno: dare alla figlia il più bell’abito da sposa. Vede nel matrimonio con un uomo benestante la via del riscatto e dell’emancipazione per Marcella. Ma quando sente Giulio, il fidanzatino della figlia, dirle che una volta sposati “ce devi anna’ più a lavora’” perché “te lo dico io, tu sei mia”, Delia non esita a trovare la soluzione definitiva e ad andare oltre il retaggio culturale che vedeva nel matrimonio il destino ineluttabile per una donna. Anche Marcella, grazie a sua madre, potrà studiare al pari dei suoi fratelli.
Confesso che al rientro a casa avrei voluto dire alle mie bimbe che oggi, nel 2023, le cose non stanno più come allora. Che non ci sono più ragazze che non hanno la possibilità di studiare e di realizzarsi fuori dagli schemi maschili, che gli uomini hanno smesso di picchiare ferocemente chi dicono di amare, che non ci sono più donne messe a tacere e i cui diritti non sono riconosciuti. Ma non ho potuto farlo. Quel tempo del passato in cui Delia ci ha riportate è ancora il presente. E speriamo che non sia anche il domani.
In Delia e Marcella, Orietta, Marisa ci sono le storie raccontate dalle nostre nonne, dalle nostre mamme. Ci sono le loro vite. Le abbiamo viste e le abbiamo sentite più nostre. Grazie Delia.
*Francesca Gennai è presidente della cooperativa sociale La coccinella e di Consolida. È membro del consiglio di amministrazione di Cgm e del direttivo dell’associazione Donne in Cooperazione. Foto di scena di Claudio Iannone.
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