Salute
Delegazione cinese in Italia per studiare il SSN
Il Belpese? Un modello per il servizio sanitario di Pechino
di Redazione
Sbarca in Italia la delegazione cinese formata da medici, infermieri, tecnici e manager sanitari per studiare il nostro sistema sanitario nazionale. Sotto la lente d’ingrandimento finiranno in particolare i meccanismi che regolano nel nostro Paese i rapporti tra Stato e strutture sanitarie private convenzionate.
Un sistema misto verso il quale sembra orientarsi ora anche il colosso cinese, alle prese con una faraonica riforma sanitaria. Il programma ‘China-Italy-Shaanxi Vacational Training Programme’ e’ un progetto di formazione, frutto della cooperazione tra Governo cinese e italiano per lo sviluppo economico e sociale. Vedra’ impegnati da un lato l’Istituto superiore di sanita’ (Iss), l’universita’ Campus Bio-Medico di Roma e l’Associazione Centro Elis, dall’altro manager e personale sanitario della Xi’an Medical University e del Provincial People’s Hospital. Un percorso di due anni – spiega una nota del Campus Bio Medico – per comprendere i nostri modelli gestionali e di assistenza sanitaria e che prevede una serie di interventi: la formazione in loco, effettuata da esperti italiani, l’erogazione di borse di studio in Italia e in Cina, la dotazione di attrezzature e strumentazioni avanzate per l’allestimento in loco di laboratori didattico-formativi.
Parte cosi’ il colossale Piano ‘Cina in salute 2020′, che punta tra l’altro a integrare la medicina tradizionale con quella occidentale e che sembra in questi mesi virare sempre piu’ verso un sistema misto pubblico-privato.
In campo ci sono ben 100 miliardi di euro, ai quali il governo di Pechino ne ha aggiunti altrettanti per accelerare la riforma nel triennio 2009-2011. In tutto 200 miliardi di euro da qui al 2020, da spendere per allestire 29 mila nuovi centri medici locali, 2.000 nuovi ospedali di contea, formare e valutare 1.370.000 medici che opereranno in villaggi anche sperduti, formare altri 160 mila medici che opereranno in comunita’ piu’ allargate, produrre in proprio e distribuire almeno 300 tipologie di farmaci essenziali. Uno sforzo che dovrebbe contribuire a risolvere l’enorme varieta’ di problemi medici, legati alla salvaguardia della salute di 300 milioni di fumatori, di 177 mila ipertesi e centinaia di migliaia di malati di Aids.
Nonostante la riforma sanitaria varata da Pechino nel 2003 abbia gia’ ottenuto buoni risultati – si legge nella nota – permangono forti disparita’ nell’accesso alle prestazioni, a svantaggio soprattutto di chi vive nelle campagne. Ma rispetto alla disastrosa assenza di copertura sanitaria perdurante fino agli anni ’90, sono stati compiuti passi avanti da gigante. Attualmente l’87% della popolazione cinese e’ coperta da almeno uno degli strumenti assicurativi governativi: l’Assicurazione medica di base dei lavoratori e quella per i residenti urbani. Nel 2010 i 410 milioni che vivono nelle aree urbane, pari al 70% della popolazione metropolitana, hanno una sufficiente copertura sanitaria.
Il premio assicurativo minimo annuale e’ stato innalzato a 140 yuan pro-capite. Il che ha permesso d’includere nei servizi coperti dal sistema sanitario alcune prestazioni ambulatoriali per malattie croniche, l’aumento dei rimborsi statali al 60% delle spese di ospedalizzazione e al 50% di quelle ambulatoriali per malattie non croniche. Progressi che il Governo di Pechino punta a incrementare anche importando un po’ dei modelli sanitari e gestionali della nostra sanita’.
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