Politica

Decreto Sicurezza, cosa si rischia davvero

Comincia oggi la conversione in legge del Decreto Sicurezza. Una guida con tutti i nodi di una legge su cui ci sono molte ombre: dalla costituzionalità agli effetti su irregolarità e salute

di Redazione

Il decreto legge n. 113/2018 (“Decreto Sicurezza”) è entrato in vigore il 5 ottobre 2018 e deve essere convertito in legge entro 60 giorni, motivo per cui è possibile che in Parlamento possano essere apportate alcune modifiche al testo attualmente vigente. L’approvazione di quello che è il provvedimento bandiera della Lega si avvia verso l'approvazione entro martedì. Da oggi sarà in discussione e si immagina potrà anche essere posta la fiducia, cosa che ha generato fibrillazioni e malumori tra le fila del Movimento 5 Stelle. Il deserto dell’aula di questa mattina (testimoniata sui social) lascia intendere che ci sia un febbrile lavoro per preservare l’unità dell’esecutivo.

Ma su cosa esattamente voterà il parlamento e quali cambiamenti porterà questa nuova legge? Abbiamo riassunto in questa breve guida tutti i contributi che Vita.it ha raccolto in queste settimane.

  1. La cittadinanza
    Secondo Mario Morcone, già prefetto capo del Viminale, dagli anni di Giuliano Amato al Minniti, oggi direttore del Consiglio Italiano dei Rifugiati (CIR) l'articolo 14 della legge introduce un istituto alquanto ambiguo: la revoca della cittadinanza. La Corte Costituzionale, sicuramente, interverrà. Sono due gli effetti temuti. Il primo è che la nuova strada per ottenere la cittadinanza sarà lastricata di burocrazia. Nei fatti: sarà impossibile. Dalla data della presentazione della domanda, l'articolo 14 decreto "Sicurezza" prevede debbano passare 48 mesi. Detto altrimenti: 4 anni. Detto ancora altrimenti: una legislatura. Si prevede, quindi, che per l'intera legislatura vi sarà un blocco nella concessione delle cittadinanze agli aventi diritto. Il secondo è generato dal maxi emendamento della maggioranza presentato alla Camera sempre pèer l’articolo 14. Si cita il comma 2 che recita così: dopo «il comma 2 è inserito il seguente: il termine per il rilascio degli estratti e dei certificati di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana è stabilito in sei mesi dalla data di presentazione della richiesta da parte di persone in possesso di cittadinanza straniera». Una norma assolutamente discriminante e fuorviante, che istituzionalizza i cronici ritardi della burocrazia.
  2. La costituzionalità
    Secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti «nel testo ci sono una summa di incostituzionalità. Dallo strumento utilizzato, il decreto legge, al contenuto del provvedimento che va in conflitto coi principi della nostra Carta». In primo luogo «c’è una sentenza della Corte Costituzionale del 2007 che ci spiega come non sia sufficiente che il governo dichiari la necessità di urgenza per emanare un decreto. Illegittimo è quindi l’uso del decreto legge per regolare fenomeni, quali le migrazioni, di natura strutturale che non rivestono alcun carattere di straordinarietà ed urgenza. Il governo ha pieno diritto di legiferare in materia, anche secondo il principio di contenimento dei flussi, ma tramite un disegno di legge», spiega. C’è poi un tema sostanziale: «col decreto si passa all’eliminazione totale dello status di rifugiato: la protezione umanitaria viene abrogata e sostituita da ipotesi specifiche. È una violazione dell’articolo 10 della nostra Carta. Anche la sospensione della concessione della domanda se si è sottoposti a procedimento penale mi sembra chiaramente violativa della presunzione di non colpevolezza. Infine si afferma per legge che qualora l’immigrato riuscisse, dopo il lungo iter burocratico, ad ottenere la cittadinanza italiana, non sarà comunque mai considerato alla pari degli altri. Come se dovesse pagare per l’eternità una pecca originaria. Questo aspetto è in contrasto con due principi: quello d’eguaglianza, introducendo nel nostro ordinamento una irragionevole discriminazione tra cittadini, e contravvenendo all’espressa indicazione di divieto della perdita della cittadinanza per motivi politici (articoli 3 e 22)» conclude. A sostenere la linea del costituzionalista anche il giornalista e docente universitario Fabrizio Tonello, che tra le altre cose ospita a casa propria un rifugiato, che ha scritto una lettera aperta ai deputati del Movimento 5 Stelle per chiedere il blocco della legge.
  3. La democraticità
    «Quanto accaduto sul decreto sicurezza è gravissimo: nei fatti ne è stato impedito un esame completo e approfondito in commissione e, con la fiducia che sarà sicuramente apposta lunedì, anche in aula». Così il deputato radicale di +Europa, Riccardo Magi, si è sfogato al termine della seduta della Commissione Affari Costituzionali del 23 novembre che ha terminato i propri lavori alle 19 con il mandato al relatore di riferire in aula e con la bocciatura in blocco di tutti gli emendamenti restanti votata d'imperio dalla maggioranza. «Il relatore del provvedimento, nonché presidente della commissione, Brescia ha compresso fortemente i tempi impedendo la discussione e l'esame degli emendamenti e i deputati pentastellati hanno subito ritirato i propri», ha sottolineato il deputato.
  4. Gli irregolari
    Le Iene, nella puntata di domenica 11 novembre, hanno mostrato l’Accademia per l’Integrazione di Bergamo: una realtà sperimentale dove è possibile accogliere realizzando una vera integrazione e che potrebbe essere avviata in tutta Italia. Ma che sarebbe in pericolo se il Decreto Sicurezza diventasse legge. Così com’è infatti il decreto abolisce la concessione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari. Gli immigrati irregolari nel nostro paese ora sono 500mila. Con questa abolizione, secondo le stime, diventeranno più di 600mila nel giro di due anni. 600mila irregolari che non potranno essere rimpatriati e che, non potendo avere contratti di lavoro regolari, non avranno possibilità di integrazione e finiranno a chiedere l’elemosina per strada o a delinquere. Su Change.org c’è una petizione al riguardo.
  5. I minori non accompagnati
    «Estendere i permessi per “casi speciali” ai minori stranieri non accompagnati che, divenuti maggiorenni, non abbiano altra forma di protezione»: lo ha chiesto l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, audita dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera sul “decreto Sicurezza”. Se questa richiesta non fosse accolta in sede di conversione in legge del decreto, molti minori non accompagnati sarebbero a rischio: degli oltre 12mila minori non accompagnati presenti sul territorio nazionale, il 58,9% sta per diventare maggiorenne. In quanto minori hanno diritto a una tutela, ma qualora ricevessero il diniego di protezione internazionale, al compimento del 18esimo anno rischierebbero di non aver alcun titolo per restare legalmente in Italia, interrompendo così il percorso di integrazione avviato.
  6. Salute
    Le organizzazioni medico umanitarie italiane hanno scritto al Parlamento sul decreto immigrazione e le sue implicazioni sanitarie. «La tutela della salute si realizza attraverso un pieno accesso ai servizi sanitari, ma anche attraverso la tutela di condizioni sociali come casa, reddito, istruzione, ambiente di vita e di lavoro, che determinano la salute fisica e mentale delle persone. Tanto più quando si tratta di persone sopravvissute a traumi estremi e abusi gravissimi nel Paese di origine e lungo la rotta migratoria. Il decreto mina seriamente tutto questo. L’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, porterà un maggiore tasso di irregolarità e una conseguente maggiore vulnerabilità in termini di salute».

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.