Leggi e norme

Decreto “progetto di vita”, le pagelle delle associazioni

Perché il decreto sul progetto di vita appena approvato è così importante? A quali condizioni sarà davvero una rivoluzione e non solo una bella legge? Quattro domande per quattro grandi realtà del non profit, quotidianamente in prima linea accanto alle persone con disabilità: Fish, Anffas, Aism e Sacra Famiglia

di Sara De Carli

promosso a pieni voti il nuovo decreto sul “progetto di vita”, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal prossimo 30 giugno. Però per far sì che questa potenziale straordinaria rivoluzione non resti sulla carta servono – lo dicono tutti – più risorse. Semplificazione, cambio di sguardo, superamento della logica a silos, introduzione di un fondo per finanziare interventi che ad oggi non compaiono nell’offerta dei servizi di un territorio: la ministra per le disabilità Alessandra Locatelli ha presentato le novità e ha promesso tanta formazione e accompagnamento. Abbiamo chiesto a quattro grandi soggetti del non profit impegnato per i diritti delle persone con disabilità la loro valutazione, facendo a tutti le stesse quattro domande. Ecco le loro risposte.

Vincenzo Falabella, presidente Fish: «Finalmente superiamo la logica dell’assistenzialismo»

vincenzo falabella

Qual è il giudizio sintetico sul decreto “progetto di vita”?

Si tratta effettivamente di una misura che costituisce un passaggio importante per la vita delle persone con disabilità e per le loro famiglie, le quali vedono riconosciuti più diritti, eliminando tra l’altro stigmi e pregiudizi come l’utilizzo di termini obsoleti e non in linea con i principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, quali “handicappato” e “portatore di handicap”. Ci siamo impegnati a fondo per collaborare con il ministero. Ritengo sia una straordinaria opportunità per passare dall’assistenzialismo alla valorizzazione della persona nella sua interezza che viene finalmente messa al centro, con i propri desideri e aspettative.

Qual è l’elemento, lo strumento o l’azione introdotto che davvero cambierà la vita delle persone con disabilità?

Certamente la semplificazione del sistema di accertamento dell’invalidità civile o l’introduzione del “progetto di vita” come strumento di accompagnamento nella vita delle persone, anche se ritengo che in generale, da un punto di vista culturale, la vera svolta sia data dalla volontà di analizzare e disciplinare la disabilità dal punto di vista non più solo della prospettiva individuale, ma anche dell’interazione con l’ambiente, quello che costituisce cioè uno dei passaggi cruciali della Convenzione Onu.

A volte abbiamo leggi bellissime, ma l’attuazione poi resta debole. Che cosa serve adesso perché il decreto sia attuato davvero sui territori?

Possiamo dire che la sfida è stata lanciata, ma che è appena iniziata. Invitiamo il Governo ad investire maggiori risorse, affinché la norma possa essere realmente applicata. In questo senso non abbiamo alcuna intenzione di fermarci, poiché siamo determinati a sfidare il Governo e il Parlamento affinché la norma stessa non rimanga solo scritta in Gazzetta Ufficiale.

Manca qualcosa che poteva esserci e non c’è? Su cosa bisogna lavorare ancora?

Considerando anche gli altri decreti attuativi della Legge Delega 227/21 già approvati, il ventaglio dei temi affrontati è per lo più completo. Certo ci sono fronti, come quelli della scuola e del lavoro, che richiederanno un impegno costante e specifico, ma rispetto a questo decreto specifico l’impegno della Fish ora quello di far sì che queste importanti prescrizioni non rimangano solo sulla carta.

Roberto Speziale, presidente Anffas: «Basta servizi standardizzati»

Qual è il giudizio sintetico sul decreto “progetto di vita”?

Il decreto supera sia il modello pietistico/assistenziale sia quello biomedico per introdurre ed attuare il nuovo “modello bisopsicosociale”. Mette in atto un grande cambiamento culturale anche in termini di corretto linguaggio adottando, un’unica definizione – quella di “persona con disabilità” – e abolendo tutte le altre desuete e stigmatizzanti definizioni. 

Qual è l’elemento, lo strumento o l’azione introdotto che davvero cambierà la vita delle persone con disabilità?

Il decreto scardina l’attuale sistema, imperniato su servizi standardizzati e proceduralizza un modello centrato invece sulla persona e sui progetti di vita individuali, personalizzati e  partecipati. Riforma, in modo strutturale, il pregresso sistema di certificazione della condizione di disabilità basato sulle tabelle delle residue capacità lavorative e introduce un nuovo sistema di riconoscimento e valutazione della condizione di disabilità e di persona con disabilità, ponendo in carico ad un unico soggetto (l’Inps) l’intero processo valutativo. Una rivoluzione copernicana, quindi, che – se correttamente e concretamente attuata – avrà un impatto significativo nella vita delle persone con disabilità e loro familiari garantendo a ciascuno i giusti e necessari sostegni che per qualità, quantità ed intensità possano concorrere al miglioramento della propria qualità di vita in condizione di pari opportunità con gli altri cittadini.

A volte abbiamo leggi bellissime, ma l’attuazione poi resta debole. Che cosa serve adesso perché il decreto sia attuato davvero sui territori?

Le leggi non sono mai buone o cattive in sé, sono buone se riescono a produrre un impatto positivo nella vita materiale delle persone alle quali sono destinate, diversamente sono semplicemente inutili, se non addirittura dannose. L’epilogo di tante pregresse buone leggi, purtroppo, non depone a nostro favore. Ma, visto che il decreto affronta anche questo tema con una serie di misure di accompagnamento e risorse a ciò dedicate, abbiamo motivo di nutrire qualche speranza che questa sia la volta buona. Avere un ministero dedicato alle politiche sulle disabilità ed un ministro particolarmente attento a questi temi, che si avvale di una forte collaborazione con le associazioni e le federazioni, enti ed istituzioni che siedono in osservatorio, rappresenta un ulteriore elemento che ci dovrebbe avvicinare a raggiungere l’auspicato ed atteso risultato.

Manca qualcosa che poteva esserci e non c’è? Su cosa bisogna lavorare ancora?


La legge delega ed i suoi tre decreti attuativi non rappresentano una riforma complessiva sui temi della disabilità, anche se introducono, come detto, un cambiamento epocale. Temi quali la scuola, il lavoro, l’accessibilità universale, il riconoscimento e il sostegno della funzione del ruolo dei caregiver familiari, la corretta e concreta applicazione della legge 112/2016… rimangono tutti temi da affrontare, aggiornare ed attuare. Per queto è importante procedere al più presto nella definizione del nuovo Piano Triennale della Disabilità, a cui stanno ì lavorando i gruppi dell’osservatorio, insieme alla definizione del Codice unico della disabilità a cui sta provvedendo un apposito tavolo tecnico. Ma tutto ciò rimarrà privo di significato se non sarà affrontato, allo stesso tempo, il tema delle risorse necessarie per accompagnare questo grande cambiamento e, soprattutto, per finanziare i progetti di vita. L’idea del ministro di costituire un fondo unico nazionale sulla disabilità è sicuramente da salutare con favore ma tale fondo va ora incrementato con consistenti ed adeguate risorse.

Monica Conti, direttrice dei Servizi Innovativi per l’Autismo di Sacra Famiglia: «Andiamo oltre il qui e ora»

Qual è il giudizio sintetico sul decreto “progetto di vita”?

Senz’altro positivo, perché mette in evidenza temi importantissimi che non sono nuovi, ma da un lato li concretizza e dall’altro li guarda in una visione organica, superando la frammentazione. Penso all’importanza della conoscenza della persona a tutto tondo, in tutti gli aspetti della vita e non solo nel qui e ora ma anche nel suo sviluppo futuro. Non c’è più solo la diagnosi come etichetta. Si menzionano in maniera chiara i desideri e le aspettative della persona. Si cerca di concretizzare gli accomodamenti ragionevoli

Qual è l’elemento, lo strumento o l’azione introdotto che davvero cambierà la vita delle persone con disabilità?

Certamente la prima cosa che le persone con disabilità e le loro famiglie coglieranno è l’aspetto della sburocratizzazione del percorso per il riconoscimento della disabilità o il rinnovo. Ma secondo me l’innovazione più importante è il mettere insieme tute le cose. La valutazione multidimensionale di per sé non è una novità: la novità è che tutto viene presentato insieme. È importante perché per fare un buon progetto di vita è fondamentale avere a monte una buona valutazione, e ora per esempio nella valutazione vengono considerati aspetti che prima non lo erano: i talenti, i desideri, i sostegni che servono alla persona. C’è in tutto il decreto il richiamo concreto al fatto la disabilità non è insita nella persona, ma sta nella relazione tra la persona e il suo contesto. Per me è questa la parte più importante. L’altro aspetto è l’idea che al futuro ci si pensi già adesso, nel progetto di vita, non ragionando a pezzetti, non ragionando solo sul qui e ora ma con l’idea di un percorso che abbraccia la vita della persona, con la qualità della vita costantemente sullo sfondo.

A volte abbiamo leggi bellissime, ma l’attuazione poi resta debole. Che cosa serve adesso perché il decreto sia attuato davvero sui territori?

Due cose. La copertura economica e la formazione degli operatori e dei professionisti che fanno parte del gruppo di valutazione multidimensionale: devono letteralmente cambiare prospettiva e sappiamo tutti quanto è difficile farlo. Vedo che sono abituai a lavorare in maniera frammentata, i bisogni sanitari da un lato, quello sociosanitari dall’altro, quelli sociali da un altro ancora. Ma la pesona è una. Una valutazione multidimensionale e un progetto di vita però possono anche essere bellissimi, ma se non ci sono gli interventi… non servono a nulla. E gli interventi costano. Quindi il tema delle risorse è centrale, perché i numeri sono enormi e servirà sempre di più ideare e realizzare interventi che sono “fuori dagli schemi” della attuale offerta dei servizi. La speranza è che la sperimentazione mostri con tanta evidenza la bontà del cambiamento da spingere poi ad aumentare le risorse.

Manca qualcosa che poteva esserci e non c’è? Su cosa bisogna lavorare ancora?

Forse un approfondimento su casa e lavoro, che ovviamente sono parte integrante di tanti progetti di vita ma sono ancora un po’ “in alto mare” in termini di pensiero e di progettazione. Andrebbe fatto un approfondimento maggiore.

Francesco Vacca, presidente Aism: «Con il budget di progetto, la sfida è la coprogettazione»

Qual è il giudizio sintetico sul decreto “progetto di vita”?

Come Aism abbiamo partecipato sin dalle prime fasi al confronto per la predisposizione di questo decreto, attraverso la nostra presenza allo specifico tavolo tecnico costituito presso il ministero per le Disabilità. In questa fase, poi, sia come componenti dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, sia attraverso il ruolo di esperto coordinatore del gruppo di lavoro affidato al nostro Paolo Bandiera, stiamo lavorando intensamente perché quanto contenuto in questo decreto, in cui crediamo profondamente e che giudichiamo un passo in avanti di portata epocale, possa ulteriormente strutturarsi e avere concreta attuazione nelle priorità d’azione del prossimo programma triennale che entro fine anno verrà varato dall’Ond.

Qual è l’elemento, lo strumento o l’azione introdotto che davvero cambierà la vita delle persone con disabilità?

Il progetto di vita ed i correlato budget di progetto. Sono strumenti che traducono gli obiettivi esistenziali ed i disegni di vita delle persone in piani di intervento concreti, assistiti da risorse certe e continue, tra di loro raccordati e integrati.

A volte abbiamo leggi bellissime, ma l’attuazione poi resta debole. Che cosa serve adesso perché il decreto sia attuato davvero sui territori?

Serve prima di tutto portare avanti i provvedimenti e i programmi di azione previsti nel decreto stesso: regolamentazione applicativa, formazione, e, soprattutto, sperimentazione in un forte quadro di coprogrammazione e coprogettazione valorizzando le capacità dei territori ed il ruolo degli enti di Terzo settore.

Manca qualcosa che poteva esserci e non c’è? Su cosa bisogna lavorare ancora?

Come sempre, quando arriva una nuova norma (tra l’altro attesa da moltissimi anni), la prima preoccupazione è quella delle risorse a disposizione. L’auspicio è che nel corso degli anni, anche sulla base dei risultati della sperimentazione, i fondi previsti dal decreto, tra cui quello di cui all’articolo 31 per l’implementazione del progetto di vita, crescano nelle dimensioni e possano sempre più fungere da catalizzatori di altre risorse pubbliche ma anche private.

Foto di apertura Unsplash

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