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Debito, Luigino Bruni: «La finanza è cinica ma chissà»

Secondo l'economista, è un bel segnale cercare di riportare il Giubileo, a un ambito più civile, com'era in passato, con la proposta della cancellazione ripresa dal Papa. La difficoltà nella realizzazione pratica della richiesta, tuttavia, dipende dalla volontà politica e dalla diversità dei creditori. Le istituzioni possono fare di più della finanza, «ma qualcosa potrebbe accadere anche lì»

di Veronica Rossi

Il Giubileo, anticamente, non era una festa solamente religiosa: era un momento di liberazione degli schiavi, che in Israele significava la remissione dei debiti, unico motivo per cui si finiva in schiavitù. Già nel 2000, Giovanni Paolo II aveva cercato di riproporre questa accezione della ricorrenza, richiedendo la cancellazione dei debiti dei Paesi poveri; ora, Francesco ha recuperato questa istanza. Secondo l’economista e scrittore Luigino Bruni si tratta di un bel segnale, anche se l’attuazione pratica potrebbe essere complessa per il numero di attori in campo.

Professore, cosa ne pensa della richiesta del Papa di cancellare il debito dei Paesi del Sud del mondo?

Nell’Antico testamento il Giubileo era una grande liberazione dei debiti, che ti potevano portare a diventare schiavo a vita. Giovanni Paolo II propose di attualizzare quell’intuizione del passato liberando dai debiti alcuni paesi africani che erano particolarmente indebitati, come segnale di un Giubileo che torna alla sua vera natura, che non è solo spirituale, ma anche economica. Non ebbe grande successo, perché non c’è un solo possessore di questi titoli: sono sui mercati, è difficile eliminarli come se fosse una persona sola ad averli e non molti soggetti sparsi per il mondo. Ma simbolicamente è una bella idea e anche solo proporlo è una notizia positiva.

È una proposta che secondo lei non è fattibile, quindi?

Quello che è fattibile o meno è sempre una faccenda di volontà politica. Abbiamo dei precedenti in cui non siamo riusciti a far molto, se non interventi molto simbolici. Questo però non deve diventare una ragione per non provarci. È vero che a volte alcuni di questi Paesi indebitati sono anche Paesi corrotti – come alcuni Stati dittatoriali o democrazie fragili – , in cui fare un favore al Governo non vuol dire necessariamente farlo anche al popolo. Ma, ripeto, il significato importante della proposta è non dimenticare gli aspetti civili del Giubileo, che sta diventando troppo legato al culto, con messe, indulgenze, grazia plenaria, assoluzione. È bene ricordare il suo valore originari e provare a lanciare una provocazione in un mondo così finanziarizzato per vedere cosa succede.

Primo piano di Luigino Bruni con in mano un microfono durante un intervento
Luigino Bruni

Chi sono, nella pratica, i creditori?

Ci sono alcune quote dei debiti che sono in mano a istituzioni internazionali; in quel caso è più semplice fare una scelta simbolica di questo tipo. Molti debiti sono di fatto inesigibili: sarebbe un bel gesto senza tanti costi. Per quanto riguarda le quote che sono in mano ai privati, non possiamo prevedere cosa verrà fatto. Però quello che viene dal Papa è sempre un monito etico e morale che viene con una persona che ha una grande credibilità a livello internazionale. A mio parere, almeno le istituzioni qualcosa però potrebbero fare, un po’ perché hanno il potere di farlo, un po’ perché – ripeto – non hanno grande valore da questi debiti, alcuni sono molti antichi ed è quasi impossibile ripagarli o farlo per intero.

Si tratterebbe quindi sempre di una questione di interesse.

Quando si entra nel campo dei crediti e dei debiti non stiamo parlando di amore scambievole o di filantropia. È il settore maggiormente basato sugli interessi, c’è pochissima gratuità. Non mi aspetto molti doni dal mondo finanziario, che è un luogo molto cinico, molto pragmatico. Però qualcosa potrebbe accadere anche lì: siamo umani e bisogna sempre essere pronti a lasciarsi sorprendere, al di là delle nostre previsioni.

Nella foto di ikri Maulana /SOPA/LaPresse, cercatori di bottiglie in plastica nella discarica di Lhokseumawe, provincia di Aceh, Indonesia.


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