Economia
Deaton, Fitoussi e van der Mensbrugghe per un’economia più giusta
Un convegno a Roma, organizzato dal Cortile dei Gentili, ha riunito tre grandi economisti (tra cui un premio Nobel) per riflettere sulla necessità attuale di definire nuovi approcci economici ispirati a principi di maggiore equità e inclusione sociale
Il titolo scelto per il Convegno organizzato dal Cortile dei Gentili “Verso un’economia più umana e giusta”, riflette la necessità attuale di definire nuovi approcci economici ispirati a principi di maggiore equità e inclusione sociale. Perché sebbene la globalizzazione e la libera circolazione delle merci e delle persone abbiano conosciuto negli ultimi anni una rapida espansione, spesso accompagnatasi a miglioramenti nelle condizioni di vita, le disuguaglianze economiche e sociali rischiano di compromettere questi risultati e di indebolire fortemente la coesione sociale e indebolire la stabilità politica all’interno dei singoli Paesi.
A discutere sul tema delle crescenti disuguaglianze sono stati chiamati tre relatori d'eccezione, il Premio Nobel per l’Economia 2015, Angus Deaton, l’economista Jean-Paul Fitoussi e Dominique Y van der Mensbrugghe, direttore del Center for Global Trade Analysis alla Purdue University (Stati Uniti).
Deaton nel suo intervento sottolinea che la vita oggi è meno dura di quanto sia forse mai stata nel corso della storia. Più persone hanno migliorato il loro tenore di vita e meno versano in condizioni di estrema povertà. Gli studi della UNDP rilevano che, a livello globale, tra il 1990 ed il 2015, il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di estrema povertà è sceso da 1.9 miliardi a 836 milioni di persone.
Il calo della povertà, ragiona il Premio Nobel, si è realizzato in particolare nei Paesi asiatici, Cina e India su tutti, che hanno adottato politiche adatte alla crescita. Qui a differenza dell’Europa, il reddito della classe media è aumentato. Tuttavia tali conquiste non cancellano la crescente iniquità nella distribuzione del benessere e delle risorse. Per molte persone nel mondo le cose vanno ancora molto, molto male.
E se nel mondo le disuguaglianze sanno diminuendo, all’interno di ogni paese si è sempre più diseguali. «L'ineguaglianza che deriva da chi continua a perseguire il proprio arricchimento ulteriore è un cancro che ci minaccia tutti. Negli Stati Uniti è infatti quasi impossibile essere eletti membri del Congresso o restare in carica senza un grande supporto finanziario», ha aggiunto il premio Nobel. «Senza trascurare il fatto che una diseguale distribuzione delle risorse economiche si accompagna un altrettanto diseguale influenza sul processo politico. Ma allora come si cura la disuguaglianza? Non attraverso la tassazione o la redistribuzione forzata ma con una democrazia che funzioni meglio», conclude Deaton.
Jean Paul Fitoussi fa notare che la crescita delle disuguaglianze colpisce alcuni paesi più di altri. Ad esempio negli Stati Uniti il divario tra classi sociali ha assunto dimensioni spaventose. Mentre in Europa sono le politiche di austerità che hanno influito negativamente sia sul benessere sia sulla sostenibilità con conseguenze molto gravi sulla società europea. «Nel contesto attuale caratterizzato da insicurezza sociale e da incertezze economiche, le società di chiudono. E allora l’immigrazione è vista come minaccia che non si è in grado di fronteggiare».
L’economista francese sostiene che un riequilibrio dei poteri su scala globale, una redistribuzione più equa delle risorse ed una serie di nuovi indicatori condivisi di ricchezza per condurre politiche migliori siano tra gli interventi necessari per arginare la crescita delle diseguaglianze.
Il recente studio condotto dalla Queensland University e la Wildlife Conservation Society ha confermato che l’inquinamento globale contribuisce, e di molto, ad aumentare il divario tra paesi in via di sviluppo e paesi ad economia consolidata.
Dunque Dominique Y van der Mensbrugghe punta l’indice contro gli stati che dovrebbero adottare politiche ambientali più efficaci. «I fatti ci dicono che gli impegni presi a Parigi, nell’ambito dell’agenda Onu sul clima, non sono sufficienti per ridurre le emissioni di carbonio al fine di sotto dei 2 gradi. Penso che la soluzione sia imporre una tassa sulle emissioni di anidride carbonica.
Si potrebbero così raccogliere molte risorse per convertire i nostri sistemi energetici in sistemi puliti e allo stesso tempo si invierebbe un segnale chiaro ai consumatori e produttori a cambiare il proprio atteggiamento nei confronti dell’ambiente».
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