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De Rita: la chimica buona che tiene insieme l’Italia

Il fondatore del Censis all'Assemblea di Acri. «In questi anni abbiamo assistito ad una risposta spontanea ai bisogni sociali. Ora il rischio è di essere passivi davanti al rischio del dominio dell'offerta»

di Giuseppe Frangi

Non poteva mancare Giuseppe De Rita (nella foto Archivio Vita) all'appuntamento dell'Assemblea dell'Acri: il titolo infatti fa leva su categorie che sono al centro da sempre della sua riflessione.

Coesione, sviluppo, innovazione. Cosa le suggerisce questo titolo?

Innanzitutto che non c'è sviluppo senza coesione sociale. Se non c'è coesione ogni processo si slabbra, perde la forza chimica collettiva. Per decenni nella nostra storia abbiamo sperimentato la forza viva della coesione. Ma oggi questa parola è evocata ma solo come un obiettivo, non è più realtà. E se è solo evocata anche lo sviluppo solo presagito. Senza questa connessione non c'è fattore che ci faccia crescere. Eppure una coesione diversa da quella che abbiamo immaginato è cresciuta nel nostro paese.

Dove vede i segni di questa coesione?

È cresciuta attraverso una sussidiarietà spontanea. Il sociale di oggi è figlio di una diffusione molecolare nella risposta ai bisogni. La società nel suo insieme comincia ad avere di se stessa una protezione terra terra. Il problema è regolarla: la spesa sanitaria privata è un terzo di quella pubblica. Il sistema si regge sulla responsabilità delle famiglie. Per i nostri anziani spendiamo ogni anno 10 miliardi per le badanti. lo stesso discorso vale per tutti i bisogni assistenziali. L'Italia di oggi è un paese in cui il bisogno sociale è coperto in modo spontaneo, ed è un bene perché viene da una chimica interna condivisa, che regola le scelte delle famiglia sulla base del principio che il bisogno sociale non lo si lascia inevaso.

Una sussidiarietà spontanea?

Sì, è una grande ricchezza, che mi sorprende: il sociale è un mondo vitale. La sussidiarietà non è un obiettivo da perseguire, come tante volte abbiamo detto nei nostri discorsi, perché ha funzionato una sussidiarietà spontanea che ha superato i nostri calcoli.

Tutto positivo dunque?

No perché non possiamo lasciare così, c'è bisogno di condensare, di andare verso un orizzontale meno disperso e più concentrato. Se non si va in questa direzione si va verso una dominanza dell'offerta che alla fine soffocherà il buono che c'è in quella chimica. È il dominio dell'offerta il vero rischio del sociale italiano. Il primo luogo dove mettere insieme interventi molecolari è nella comunità. Condensare la dimensione orizzontale non vuol dire verticalizzate. Condensare è ila dinamica del welfare comunitario, ma bisogna avere una dimensione comunitaria vasta, ed è la vera sfida che le Fondazioni hanno davanti.

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