Cultura

De Mistura e la pace io ci credo ancora

Il diplomatico analizza la crisi in iraq e ammonisce: «ora sia dia spazio all’Onu e al desiderio di concordia della gente come è successo in libano»

di Paolo Manzo

A Civitas il tema centrale sarà la pace. Lei sarà ospite a Padova il 2 maggio alle 11. Quindi la domanda è d?obbligo: lei crede ancora nella pace? «Io sono credente e credo che la pace sia qualcosa che esista in noi tutti», risponde Staffan De Mistura, «e che ci è data dal buon Dio. Il segreto sa qual è?».
Vita: No, ce lo spieghi lei?
Staffan De Mistura: È far uscire in ciascuno di noi quella parte in cui c?è la pace, e non quell?altra parte, che alcune volte è resa peggiore dalle dittature, dall?odio etnico o la paura del vicino.
Vita: Sì, ma l?attualità, le guerre che sconvolgono il mondo sembrano volerci dire che spesso vince l??altra parte?, quella dell?odio?
De Mistura: Io sono ottimista sulla pace perché l?ho vista ricrearsi all?improvviso, nel giro di pochi giorni, quando è stato tolto il tappo dell?odio o si è smesso di gettare petrolio sui fuochi esistenti, come in Bosnia o in Croazia. Detto questo, la pace si costruisce ogni giorno, non è un trattato di Versailles, ma è una gestualità fatta quotidianamente da parte di chi può gestire le comunità ma, soprattutto, dalla gente. Ed è basata sul rapporto di vicinanza tra un gruppo, etnico religioso o politico, e l?altro. Anche quando un gruppo è maggiore, in numero o potenza.
Vita: Quindi non crede che per creare processi di pace sia necessario molto tempo?
De Mistura: Guardi, tutto si può fare in fretta quando ci si concentra sull?aspetto dei singoli. Le faccio un esempio pratico: attualmente sono in Libano, dove la popolazione è passata attraverso una terribile guerra civile in cui ci sono stati migliaia di morti e dove c?era una forte manipolazione di tipo religioso ed etnico delle varie componenti. Oggi, e sono passati solo pochi anni, il Libano si sta ricostruendo e a cena, nei ristoranti di Beirut, si trovano quelli che prima si combattevano. E che hanno avuto vittime, proprio a causa di chi sta seduto allo stesso tavolo. Hanno avuto il coraggio di girare pagina e di guardare avanti. Per questo sono ottimista.
Vita: Ci vuole molto più coraggio a fare la pace che la guerra, però.
De Mistura: Sì, molto più coraggio. E molta più determinazione. Ma la buona notizia è che oggi la guerra si può solo fare con grandi mezzi, mentre la pace si può fare con i piccoli passi, i piccoli gesti di ogni giorno. E la può fare direttamente la gente, non necessariamente le istituzioni o le autorità.
Vita: Parliamo della difficile situazione in Iraq. Dal Corriere della sera lei ha lanciato un appello: non marginalizzate l?Onu. Perché?
De Mistura: Questo è un momento difficile per l?Onu, in fondo una sconfitta. Perché ogni volta che c?è una guerra, ogni volta che la pace è sconfitta, l?Onu perde. Le Nazioni Unite sono state create per evitare le guerre, o attenuarne le conseguenze quando non è possibile evitarle. In Iraq, ora, c?è bisogno di ritornare a una formula d?approccio internazionale.
Vita: Ossia?
De Mistura: In Kosovo l?Onu fu scavalcata dalla Nato, che decise di andare per conto suo per evitare l?allora minaccia di veto russo, non americano. La guerra fu fatta contro la volontà dell?Onu, senza aver consultato il Consiglio di sicurezza. E fu un momento difficile. Ma, dopo la guerra, ci fu una risoluzione unificatrice, che diede adito a quella che è stata un?operazione abbastanza di successo in cui la comunità internazionale (la Nato con una gamba, l?Europa con un?altra e l?Onu con una terza) resse il tavolo della ricostruzione e il rilancio di una democrazia tramite libere elezioni in Kosovo.
Vita: Un esempio che sanò ex post una situazione che, all?inizio, era fuori dal sistema Onu. Lei ritiene possibile che si possa arrivare a una stessa conclusione anche per l?Iraq?
De Mistura: In Iraq non vedo alternative se non una riunione del Consiglio di sicurezza, e una risoluzione riunificatrice. Questo ricompatterebbe il fronte internazionale nell?Onu, nella Nato e nella Ue, ricomponendo la frattura verificatasi prima della crisi. E darebbe legittimità internazionale a quella che dovrebbe essere un?impresa comune: la ricostruzione dell?Iraq. Ora, come dovrà e potrà avvenire la ricostruzione è da discutere e, del resto, solo il Consiglio di sicurezza è sovrano a farlo.
Vita: Oggi il problema maggiore a Baghdad è quello della sicurezza. Chi la deve garantire?
De Mistura: Una forza militare capace di farlo: in Kosovo per evitare vendette, massacri, vandalismi e saccheggi, la Nato fu molto efficace.
Vita: E per la distribuzione di aiuti umanitari?
De Mistura: Per l?aspetto logistico le forze militari possono dare una mano. Ma l?Onu e le ong devono avere una totale indipendenza, basata sui loro principi umanitari, e una piena capacità di agire.
Paolo Manzo

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