Formazione

(De) Crescita

E' un neologismo con il quale dovremo abituarci a convivere. Perché crescere all’infinito è impossibile. E la vera crescita non sarà più fatta di accumulazione. Ma avrà un segno meno

di Sara De Carli

D?altronde la crescita senza limiti, quella che va al di là dei nostri bisogni, è condannata dalla natura stessa: quando ci prova, il nostro organismo finisce in apoptosi, il suicidio programmato delle cellule. Forse è giunto il momento di condannarla anche come dottrina economica e come mito dell?Occidente. E di sognare un mondo del ?doposviluppo?. Per salvarlo dal suicidio. crescita, s. f. 2. processo di aumento della produzione di beni a disposizione di una certa popolazione, definito nei suoi aspetti quantitativi

(dal Dizionario italiano Sabatini Colletti)

E’ da qui che è partito tutto, almeno al di fuori dei circoli per addetti ai lavori. Era il 2002 e l?Unesco, a Parigi, ospitava un convegno che si intitolava così: Disfare lo sviluppo per rifare il mondo. I contributi di quel convegno sono appena stati pubblicati in Italia da Jaca Book, e nel frattempo la provocazione si è fatta strada. E così oggi, di fronte alle ripetute battute d?arresto dell?economia, al boccheggiare del tessuto produttivo e alla progressiva scomparsa dei pezzi da novanta dell?industria nazionale, mentre in molti si chiedono ?cosa farà l?Italia da grande? e coniano slogan che vanno dal ?fare sistema? all?internazionalizzazione farcita di outsourcing, c?è anche chi, come Mauro Bonaiuti, spariglia le carte e prova a immaginare un futuro diverso, senza l?ossessione del Pil. Quello di un?Italia ?da piccola?. O, per usare la terminologia di Serge Latouche, capofila di questa corrente di pensiero, del ?doposviluppo?. Che valorizzi il territorio e le tradizioni contro gli eccessi insostenibili del capitalismo, sul piano economico, sociale e culturale. Da qui prende il largo una nuova parola d?ordine, decrescita, ovvero l?urgenza di invertire la tendenza rispetto a un modello fondato sullo sviluppo e la crescita illimitata. Il tutto sotto l?orizzonte di un?altra economia: «pacifica, solidale e conviviale». Mauro Bonaiuti si occupa da oltre dieci anni di tematiche trans-disciplinari tra l?economia e l?ecologia. È tra i promotori della Rete per la decrescita e della Rete di economia solidale. Ha pubblicato La teoria bioeconomica. La nuova economia di Nicholas Georgescu-Roegen e la raccolta dei saggi bioeconomici di Georgescu-Rogen: Bioeconomia. Verso un?altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile. E nel 2004 ha firmato Obiettivo decrescita, per la Emi. Di questo, naturalmente, vogliamo parlare con lui. Vita: L?Italia ha il Pil in rosso e i cittadini sono a corto di liquidi: il suo appello alla decrescita sembra essere una dolorosa realtà… È contento? Mauro Bonaiuti: Non nascondo che da un certo punto di vista sono contento. Tuttavia non confondiamo i termini: decrescita non significa recessione. È uno slogan per indicare un nuovo percorso, oltre all?ideologia della globalizzazione, nel quale l?economia non è il fine ultimo della vita umana. La decrescita ci porta a pensare a un?altra società ? anche attraverso la riduzione dei consumi e della produzione ? lasciando da parte per una volta gli indicatori economici. Ovviamente l?attuale stato delle cose, con il suo carico di disagio sociale e disoccupazione, non mi rallegra e non è ciò che auspico. Tuttavia in periodi così difficili emergono chiaramente i limiti della società della crescita senza crescita: ovvero un mondo che guarda al Pil e dimentica il benessere reale dei cittadini. Vita: La decrescita da lei teorizzata implica una pianificazione economica? Bonaiuti: Noi non proponiamo una ricetta a senso unico per sfuggire agli effetti collaterali del capitalismo. Ad esempio il Sud del mondo dovrà trovare la propria strada necessariamente diversa da quella del Nord. L?ipotesi di un intervento dall?alto che obblighi paesi e nazioni a decrescere è lontanissima dai nostri auspici. Tuttavia il timore fondato è che la progressiva penuria di materie prime ? basti pensare all?esaurimento delle scorte petrolifere ? possa indurre gli Stati a gestire le crisi con derive antidemocratiche, totalitarie e il ricorso alla guerra per ottenere il controllo delle risorse. Occorre osare la decrescita volontaria per ridurre le probabilità di una decrescita imposta. Quindi nessuna pianificazione dall?alto, ma semmai agire su quattro livelli: immaginario, economico, sociale e politico. Serve un cambiamento culturale delle persone, una ?decolonizzazione dell?immaginario? che incoraggi le istituzioni e la società civile a mutare lo stile di vita e il sistema economico. Vita: In concreto qual è il primo passo da fare? Bonaiuti: Occorre uno spostamento del baricentro dell?economia dal globale al regionale, che si traduce nella valorizzazione del territorio e dei saperi tradizionali. E poi occorre ridurre la scala dei mercati finanziari e delle imprese. Dalle multinazionali bisogna passare a un?economia fondata sulle reti, sui distretti, sulle piccole imprese a livello locale. L?economia ?neoclassica? ci dice che più grandi si è, meglio è. Ma non è vero. Il piccolo in rete può essere più efficiente del grande. Oltre a consentire una migliore qualità della vita e del lavoro. Tra l?altro questo passaggio dal globale al locale è l?unico che consentirebbe di risolvere la questione ecologica. Vita: L?Italia dal fiato corto è già ricca di distretti e di piccole e medie imprese? è per questo che decresciamo? Bonaiuti: L?economia italiana non ha mai avuto una struttura paragonabile a quella, per capirci, dell?economia americana, basata sulle grandi imprese multinazionali. Certamente un modello basato sulle reti di piccole imprese sarebbe molto più vicino alle nostre tradizioni che a quelle di altri Paesi, come gli Usa. Tuttavia i meccanismi sono globali e i loro tentacoli arrivano dovunque. I nostri distretti non decollano perché devono competere all?interno di un sistema che di fatto li respinge come corpi estranei. Vita: Ma non crede che l?uomo aspiri per natura a crescere? Il capitalismo anglosassone attecchisce anche in Paesi con culture diversissime, basti vedere la Cina… Bonaiuti: Sia la biologia che l?antropologia ci insegnano che l?uomo non ha nel dna questa smania di crescita senza limiti. Anzi, è vero il contrario. In natura il troppo poco e l?eccesso sono sempre pericolosi per gli esseri viventi. È dimostrato che in contesti non espansivi sono i comportamenti cooperativi a risultare vincenti. Vita: Pensa che alla decrescita ci arriveremo comunque, volenti o nolenti? Bonaiuti: Quando si fanno previsioni è sempre bene muoversi con molta cautela. Certo lo scenario che si prefigura sembrerebbe porci di fronte a un bivio: quello tra una decrescita scelta e una decrescita imposta. Noi siamo per una decrescita serena, pacifica e solidale. Questa comporterebbe non solo più democrazia, ma anche un netto miglioramento della qualità della vita. Tuttavia il rischio maggiore è che, di fronte a una grave crisi, economica per esempio, il sistema generi reazioni autoritarie, come è accaduto a seguito della crisi degli anni Trenta, per esempio. Vita: Si tratta quindi di immaginare un eden di piccole imprese separate dal mondo? C?è spazio almeno per l?high tech e per forme energetiche alternative? Bonaiuti: Il progresso tecnologico non è la chiave della crisi ecologica. L?ecoefficienza è un falso mito: produrre reddito con un impiego ridotto di risorse (questa è l?ecoefficenza) in realtà comporta l?aumento dei consumi assoluti. Per esempio le auto di oggi consumano il 20% in meno rispetto aquelle di vent?anni fa, e tuttavia i consumi assoluti di petrolio sono aumentati. Perché? Perché la maggiore efficienza produce una trasformazione delle nostre preferenze, delle nostre abitudini, e questo nel lungo periodo genera un aumento dei consumi, anziché una loro riduzione. Un tempo i miei genitori andavano in villegiatura una sola volta all?anno, ora i giovani utilizzano l?auto per andare al mare tutti i week-end. Questi sono gli effetti del progresso tecnologico. Ovviamente questo non è un invito allo sciopero della ragione. È però un forte campanello di allarme: non dobbimo attenderci che le soluzioni ai problemi della modernità vengano dalle nuove tecnologie. Parafrasando Bush potremmo dire che le nuove tecnologie non sono la soluzione, semmai sono il ?problema?! Vita: Decrescita significa anche autoproduzione? Bonaiuti: Il rilancio dell?economia locale passa anche per il ritorno all?agricoltura, secondo una logica completamente opposta a quella efficientista. Bisogna però distinguere: l?autoproduzione è una scelta individuale, di chi decide di coltivare il proprio ?orto? e vivere praticamente solo di ciò che ha bisogno. La risposta vera però può venire solo da un altro livello: quello politico e quello delle reti. Non si può immaginare un futuro del Paese e del pianeta che resti a livello individuale. Chi è Mauro Bonaiuti. L’economista che ama il segno meno ? Mauro Bonaiuti ha 42 anni e insegna Istituzioni di economia a Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato La teoria bioeconomica. La nuova economia di Nicholas Georgescu-Roegen (Carocci, 2001) e la raccolta dei saggi bioeconomici di Georgescu-Rogen: Bioeconomia. Verso un?altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile (Bollati Boringhieri, 2003). E nel 2004, Obiettivo decrescita, per le edizioni Emi. ha collaborato Christian Benna

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