Sostenibilità

De Coop..rofundis/1

di Walter Ganapini

L’Italia declina , l’Emilia declina (e noi con loro) nel pieno della gravissima crisi globale in corso .

A Bologna , dopo la fusione con Fondiaria Sai che ha salvato (sino ad ora) i Ligresti , è in atto una riorganizzazione del gruppo assicurativo Unipol , in mano alle principali Coop di consumo ,Coop Adriatica e Coop Estense incluse: i sindacati prevedono il taglio di 2200 posti di lavoro su 8mila In  Emilia declina anche Reggio, culla della cooperazione ai tempi del ‘socialismo evangelico’ di Camillo Prampolini , dopo due decenni  che hanno registrato una pesante spoliazione di molti ‘pezzi pregiati’ della sua struttura economica , dal passaggio in mani terze rispetto al territorio fino al concordato quando non al vero e proprio fallimento (già verificatosi nel ferrarese a carico della Coop Costruttori di Argenta ,colosso coop degli anni ’80 assieme alla CMC di Ravenna) .

Per avere un’idea  del punto di partenza , il PIL della Provincia di Reggio Emilia (circa 500.000 abitanti) è a lungo stato pari , quando non superiore , a quello del Portogallo Sono uscite dal controllo del territorio le Latterie Coop. Riunite (Parmalat) , la Cassa di Risparmio (prima BIPOP poi Capitalia e infine Unicredit),AGAC  (ENIA poi IREN) , ACM (oggi Unicarni) , le mitiche  OMI-Reggiane che producevano gli aerei  Caproni e poi leader mondiale delle gru portuali , la Lombardini Motori leader dei diesel agricoli Sono già fallite realtà  importanti , dal Gruppo Mariella  Burani alla  Bertolini Macchine Agricole .

Per stare alla cooperazione, oggi  lascia  con il fiato sospeso  il destino di giganti dell’edilizia e dell’immobiliare quali la Coop Muratori Reggiolo , Orion ,Unieco, Coopsette (e conseguentemente, a rigor di logica , il CCPL), in difficoltà finanziarie gravi quando non già al concordato preventivo. Stiamo parlando dei ‘main-contractors’ dei maggiori interventi cementificatori da Milano a Genova e al Piemonte :si vocifera di “odor di derivati” che promana da molti bilanci e di sottovalutazione del peso dei debiti che gravano su molte aziende , mentre grande è la preoccupazione per colossi della distribuzione che fanno il pareggio di  bilancio traslando a neosocietà controllate i propri immobili , supervalutandoli rispetto ad un mercato drammaticamente oberato da un grave esubero di offerta  (possibile che il ‘buco’ di Pirelli Real Estate ,alla nascita ben più forte delle sorelle minori reggiane , non abbia insegnato niente in provincia ?) .

Il tratto dominante di qualunque futuro saranno degrado e  subalternità di Reggio e dell’Emilia ?  Senza ragionare su memoria e identità non si va da nessuna parte , nell’epoca  ‘glocal’, e si è facile preda dei novelli Ungari della finanza così come della criminalità organizzata , a maggior ragione nel  tempo dell’oblio dei valori fondanti e della marginalità della nozione di persona (dominando più che mai , anche nel senso comune emiliano e reggiano , il ‘pecunia non olet’) .  Terribile, al riguardo, vedere inquisiti dirigenti Coopsette e di Coop toscane che hanno costruito, secondo l’accusa in raggruppamento con – o avendo tra i fornitori – aziende controllate dai ‘casalesi’ (non mancano casi di intrusione di aziende controllate dalla ‘ndrangheta) , gallerie , nella tratta TAV Bologna-Firenze , a rischio di crollo e incendio in quanto  non conformi ai dettami della normativa .

Ancor più  il ragionare si rende necessario constatando come si scontino anche in Emilia e a Reggio gli effetti del modello insostenibile di crescita quantitativa e consumistica dominante fino alla esplosione della crisi sistemica attuale, dalla fetida aria padana alle acque superficiali e di falda inquinate con cui si irriga (funzione produttiva sempre più difficile e costosa a causa degli effetti  da Cambiamento Climatico globale in atto) , fino all’erosione urbana con cementificazione e relativa impermeabilizzazione di terreni da sempre vocati all’agricoltura di qualità , per arrivare ad avere orride periferie con migliaia di appartamenti sfitti o invenduti (prima causa del tracollo strutturale delle cooperative citate) , mentre vanno in malora migliaia di  fabbricati tipici di un  paesaggio storico figlio , fino al tempo dei fratelli Cervi , della cifra determinante delle centuriazioni romane.

Ragionare è poi essenziale anche per capire come Emilia e Reggio possano divenire ‘melting pot’ delle centinaia di migliaia di persone arrivate negli ultimi anni , prima da altre regioni e città d’Italia e poi del mondo, attratte dal benessere, dai servizi , dalla piena occupazione .

Desidero contribuire al ragionamento semplicemente chiarendo che nessuno , che abbia avuto ruolo nelle trentennali vicende che al punto attuale  hanno condotto,  può cercarsi un alibi sostenendo che era imprevedibile l’evoluzione/involuzione/implosione del modello cooperativo/mutualistico così originale ed importante ancor oggi , come dimostrano recenti interventi di Amartya Sen .

Per il numero di Gennaio-Febbraio 1986 di “45”, rivista della Lega nazionale delle Cooperative, scrissi al riguardo  un articolo (ripreso nel 2004 con il titolo ‘Bologna come Bisanzio?’ in ‘Ambiente made in Italy’, Aliberti Ed., dedicandolo a Tullio Aymone,  acuto analista del ‘modello emiliano’).  Ventisette anni fa scrivevo :  «Anch’io, come Salvatore Veca ed altri ancora, ho sogni ricorrenti; fra questi, il più frequente mi vede, stanco e un po’ frustrato, rinunciare alla rincorsa, l’ennesima, di un treno che sta ormai lasciando la stazione di Bologna. Non sono solo: vedo attorno a me i volti noti di uomini e donne con cui intrapresi, all’uscita dell’adolescenza, un percorso culturale e politico che ha condotto, nel tempo, ad esiti individuali i più differenziati….» CONTINUA

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