Politica
Ddl Calderoli, nasce il Comitato sardo contro l’autonomia differenziata
Esponenti del mondo associativo, della cultura e delle istituzioni hanno deciso di contrastare con tutti i mezzi democratici una riforma che definiscono «scellerata, dettata da egoismo territoriale e avventurismo istituzionale». Adesioni nelle principali città dell’Isola, anche da parte di realtà del Terzo settore e del mondo del volontariato. «Siamo al limite dell’avventurismo costituzionale, che aumenterà il divario Nord/Sud»
In Sardegna è stato costituito il Comitato contro l’autonomia differenziata. Oltre 70 persone (esponenti del mondo associativo, della cultura e dei territori) hanno deciso di contrastare con tutti i mezzi democratici una riforma che, in una nota diffusa oggi, definiscono «scellerata, dettata da egoismo territoriale e avventurismo istituzionale». Il Comitato conta già numerose adesioni nelle principali città dell’Isola e si propone di allargare nelle prossime settimane la partecipazione a singole persone, alle forze sociali e produttive, a sindaci, parlamentari e consiglieri regionali, alle realtà del Terzo settore e del mondo del volontariato sardo.
In attesa di un’assemblea regionale che si terrà a marzo, probabilmente a Oristano (e alla quale saranno invitati politici di ogni orientamento), il Comitato lancia l’allarme sui gravi pericoli ai quali andrebbe incontro l’Italia, «e in particolare la Sardegna su sanità, istruzione, lavoro, ambiente, sviluppo economico, ambiti nei quali l’Isola già paga il prezzo di una mancata e piena realizzazione dell’Autonomia speciale».
Il Comitato intanto lancia l’appello ai consiglieri regionali componenti la Commissione speciale per l’insularità, «che oggi appare erroneamente e inspiegabilmente schierata a favore di una riforma che danneggerà la Sardegna renderà pressoché inattuabile il riconoscimento della sua specificità».
«L’attuazione della Autonomia differenziata, prevista da una imprecisa e frettolosa modifica costituzionale datata oltre 20 anni e responsabilmente fino ad oggi inattuata, pone a serio rischio l’unità nazionale e annulla il diritto all’Autonomia speciale della Sardegna e delle altre Regioni autonome, riconosciuto tali dai Costituenti nel 1948 su basi oggettive mai venute meno», si legge nel Manifesto. «Decentrare materie proprie dello Stato sulle quali è fondata l’identità della Repubblica farebbe tornare indietro al 1800 l’Italia, frazionata in regioni “quasi Stato”, togliendo agli italiani il diritto ad essere riconosciuti come tali in tutto il territorio nazionale e innescherebbe una competizione tra territori che farebbe venir meno la coesione sociale, conquistata con sangue e fatica. Tutela e sicurezza del lavoro, istruzione/formazione professionale, università e ricerca, rapporti internazionali e commercio estero, Unione europea, agricoltura, tutela dell’ambiente, sport, organizzazione della giustizia, sono materie che se decentrate deresponsabilizzerebbero lo Stato concentrando poteri e risorse nelle mani di presidenti di Regione, stravolgendone il ruolo, creando così mini staterelli presidenziali e facendo venir meno il delicato equilibrio dei poteri sul quale si regge la democrazia italiana e che garantiscono i cittadini dagli abusi di potere».
«Solo la brama di potere di alcune classi dirigenti locali e l’egoismo territoriale possono giustificare una riforma scellerata sul piano sociale ed economico, al limite dell’avventurismo costituzionale, che aumenterà il divario Nord/Sud, arricchirà i già ricchi e impoverirà i già poveri, smantellerà il sistema di controlli democratici che oggi garantiscono i cittadini dal potere», si legge ancora nel Manifesto. «In una nazione tra le più indebitate al mondo, questa riforma rischia di affossare definitivamente la fragile reputazione economico e dell’Italia che, fino ad oggi, ha evitato il fallimento dello Stato. Il Ddl a firma Calderoli sull’Autonomia differenziata, che sarà presentato a breve nel Consiglio dei ministri, imbavaglia il Parlamento eletto dagli italiani riducendolo al ruolo di certificatore di accordi tra lo Stato e le singole Regioni che imporrebbero decisioni locali a tutta l’Italia».
«La definizione dei Livelli essenziali di prestazione non può essere la contropartita per ottenere il nulla osta per demolire quel che resta dell’Italia, così come possono essere le promesse di “grandi investimenti” (già dovuti) in Sardegna ventilate da alcuni ministri. A questo attentato alla giustizia ed alla coesione sociale, all’unità d’Italia e all’Autonomia speciale della Sardegna è necessario rispondere con un fermo No!», conclude il Manifesto.
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