Cultura

Ddl Bossi-Fini: allarme agricoltura in Romagna

Legacoop di Forlì e Cesena e Tavolo verde contro il decreto flussi che non prevederebbe immigrati dalla ex-Jugoslavia e dall'ex-Urss

di Giampaolo Cerri

Gran parte dei lavoratori extra-comunitari che lavorano nelle campagne romagnole come stagionali provengono dalle zone della ex Yugoslavia e dalle repubbliche ex sovietiche. Ora, con la nuova formulazione del decreto Maroni sui flussi di lavoratori extra-comunitari, non potranno più farlo. «Il problema è grave per le nostre imprese agricole, che dovranno reperire manodopera altrove, mandando all’aria relazioni che duravano da anni, ma soprattuto per le comunità di quei luoghi, che si vedono improvvisamente sottratta una fonte di sostentamento sicura», dice Legacop. Il provvedimento Maroni, infatti; riserva le quote di immigrati extracomunitari ai Paesi che hanno accordi bilaterali con l’Italia e a quelli candidati ad aderire all’Unione europea. Questo esclude, automaticamente, i lavoratori provenienti dalle zone balcaniche. «I rapporti tra le Comunità locali del territorio emiliano-romagnolo e gli Stati della ex Yugoslavia sono ormai consolidati», spiega il coordinatore del Tavolo Verde della provincia di Forlì-Cesena, organizzazione che rappresenta le imprese agricole. «Non solo per le numerose missioni umanitarie svolte in questi anni», prosegue, «ma anche perché col tempo si sono ormai creati dei rapporti di amicizia e di stima. Ora i lavoratori provenienti da quelle zone non potranno più essere utilizzati, con grave danno sia per le nostre imprese che per le migliaia di famiglie che fanno affidamento, per la loro sopravvivenza, sulla possibilità di lavorare nelle nostre campagne. A questo si aggiunge una determinazione di un numero di quote assolutamente insufficiente per l’Emilia-Romagna. Per questo chiediamo che vengano ripristinate tutte le nazionalità presenti nei decreti degli anni scorsi e che vengano determinate ulteriori quote per il 2002».


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