La cupola dell’economia globale riunita nell’annuale appuntamento di Davos ha riconosciuto, per la prima volta nella sua storia, i cambiamenti climatici come il maggior rischio planetario. Anche se probabilmente mosso da motivazioni economiche, ovvero per la preoccupazione degli enormi danni che il clima impazzito sta provocando alle economie di tutto il mondo, il panel di esperti responsabili della redazione dell’undicesimo Global Risk Report, pubblicato dal Global Economic Forum, hanno convenuto circa la massima urgenza da assegnare alla lotta ai cambiamenti climatici prima e con maggior determinazione rispetto a problemi come le armi di distruzione di massa (2° posto), le crisi idriche (3° posto), le migrazioni involontarie su larga scala (4°) e i forti shock dei prezzi delle fonti energetiche (5°posto).
Come si suole dire, “di necessità virtù”. Pur comprendendo il punto d vista di chi attribuisce questa scelta ad un mero e brutale calcolo economico, ovvero senza una vera e propria sensibilità per le altre altrettanto o ancor più gravi conseguenze dei mutamenti del clima globale, sono del parere che convenga sfruttare appieno questa nuova opportunità derivante dalla probabile quanto auspicabile mobilitazione dei poteri forti dell’economia e della finanza mondiale. La Conferenza di Parigi, la COP 21, nonostante le critiche mosse per la debolezza della sua Dichiarazione Finale sembra aver raggiunto l’obiettivo di annettere alla causa nuovi attori, e questa volta una pedina indispensabile, soprattutto considerando la quantità di risorse economiche stimate necessarie per intraprendere un’efficace azione di mitigazione ed adattamento degli effetti climatici nefasti previsti da qui a pochi decenni. E chissà che il prossimo traguardo immediato non sia la definitiva tacitazione degli ultimi irriducibili e prezzolati “negazionisti” ancora oggi sostenitori della ridicola teoria della ciclicità climatica del pianeta.
Certo, occorrerà vigilare affinché le azioni che gli attori di Davos non siano indirizzate verso ulteriori strumentalizzazioni delle questioni ambientali piegandole ai nuovi orizzonti del profitto spesso ammantate di sedicenti obiettivi di presunta sostenibilità. Tuttavia, insieme a questo compito, le organizzazioni di società civile dovrebbero rapidamente avviare un interlocuzione con il Forum per giocare un ruolo da protagonista nell’individuazione dei programmi di azione futuri ed incalzare i leader delle centinaia di grandi corporation iscritte tra i membri di Davos perché assumano comportamenti e politiche imprenditoriali coerenti proprio alla luce dell’inedita ammissione del Report.
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