Cultura

Dateci Una società di rating pubblica

«Sono loro ad avere le maggiori responsabilità. È arrivato il momento di vararne una europea che si occupi di tutelare il mercato e di non fare i profitti».

di Francesco Maggio

Dottor Vitale, cosa insegna il caso Parmalat? Guido Roberto Vitale: Che nel mondo occidentale, negli ultimi 15-20 anni, c?è stata una generalizzata caduta di tensione morale, un abbandono del più elementare senso del dovere da parte dei protagonisti dell?economia indotto da uno sfrenato desiderio di denaro rapido, quindi non giustificato dalla creazione di reale ricchezza. Fino a quando i capi azienda e gli amministratori di banche d?affari internazionali pretenderanno di guadagnare ogni anno, tutti gli anni, una cifra che può essere considerata il risultato di un?intera vita professionale di successo, è chiaro che avremo un cattivo funzionamento del sistema e il mercato e i profitti di lungo periodo ne risentiranno. D?altronde, pensiamo alla new economy: questa si è tradotta, salvo alcune lodevoli eccezioni, in una distruzione di ricchezza per il mercato e in straordinari arricchimenti di promotori e banche d?affari. E&F: Perché, secondo lei, c?è stata questa forte caduta di tensione etica? G.R. Vitale: Perché i periodi di benessere si accompagnano sempre a periodi di lassismo, di caduta della tensione morale. Non è un caso, per esempio che l?impero romano inizi a decadere al massimo del suo fulgore. E&F: Cos?è per lei la finanza etica? G.R. Vitale: Non vendere a un altro un titolo che io non comprerei. Una persona o si comporta eticamente oppure no. Non esiste la finanza etica e la finanza non etica. Esistono delle ipocrisie e delle non ipocrisie. E&F: Luciano Benetton ha sostenuto di recente che sarebbe necessario istituire dei corsi universitari sull?etica degli affari. Lei è d?accordo? G.R. Vitale: Assolutamente sì. Visto che la scuola non forma i cittadini, che almeno l?università istituisca dei corsi semestrali dedicati all?educazione civica. Non si può entrare nella vita attiva ignorando il ruolo che l?individuo ha nella società e come l?individuo interagisce con la società. E pensare che ci vorrebbe ?poco?: basterebbe imparare e osservare i comandamenti «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te» e «non rubare». E&F: Qual è l?anello più debole della catena di controllo che non ha impedito che si verificasse il caso Parmalat? G.R. Vitale: Sicuramente le società di revisione hanno delle grossissime responsabilità. Con l?attenuante, ma non la giustificazione, che erano mal pagate e che quindi, essendo mal pagate per svolgere una funzione che io definirei di interesse pubblico, dovevano svolgere altre attività complementari più lucrose e in conflitto con la loro funzione principale che è quella del controllo dei conti delle società, quotate e non quotate. Sul banco degli imputati ci sono poi le società di rating. In proposito, ci vorrebbe una società di rating di emanazione pubblica di tipo europeo, che si occupi di tutelare il mercato e non di fare profitti. E&F: Cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi mesi? G.R. Vitale: Il progresso in economia viene dalle crisi, dalle catastrofi. Il caso Parmalat è una crisi dalla quale si dovrebbe uscire più forti, con dei presidi all?agire economico che fino ad oggi non ci sono stati o non hanno funzionato. Io non so cosa deciderà il legislatore in materia di controllo, se farà un?authority, se ne farà due, se ne farà tre. L?importante è che queste authority abbiano l?indipendenza e le risorse per svolgere in assoluta autonomia il loro compito e abbiano la possibilità immediata di comminare sanzioni perché la sanzione pubblica è l?unico deterrente all?agire scorretto degli amministratori. Un processo che si chiude dopo dieci anni in Cassazione non interessa nessuno. Mi auguro, inoltre, che si ricominci a fare finanza al servizio dell?industria mentre oggi c?è ancora troppo finanza fine a se stessa che non crea ricchezza reale. È una punta speculativa che tende ad appropriarsi in ogni momento di una fetta abnorme della ricchezza esistente. E&F: L?Abi ha detto che le banche sono vittime di questa vicenda. Lei cosa ne pensa? G.R. Vitale: Io non so se le banche sono vittime. Certamente il problema della veridicità dei conti di grandi società industriali, finanziarie, bancarie, che operano in una molteplicità di Paesi è un grosso problema non risolto nemmeno negli Stati Uniti. Credo che il problema dei prossimi 10-15 anni sarà proprio quello di verificare realmente l?attendibilità dei conti che ci vengono proposti.


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