Politica

DARFUR. Si intensifica il conflitto

Secondo un analista sudanese sono gli scontri peggiori dall'inizio del 2008

di Redazione

In Darfur sarebbero in atto gli scontri peggiori dall’inizio del 2008. A dirlo all’agenzia di notizie dell’Onu Irin è l’analista sudanese Alex De Waal, che collega l’attuale situazione di forte tensione in Sudan alla decisione imminente della Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi) sull’accusa di genocidio rivolta al Presidente del Sudan Omar al Bashir.

Nei giorni scorsi il governo sudanese ha lanciato un bombardamento aereo e un’offensiva di terra contro i ribelli del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Jem). «Al momento il Sudan è in uno stato di forte tensione e ci aspetta un mese pericoloso» afferma De Waal «alcune aree del Darfur sono di nuovo in fiamme, con i peggiori combattimenti registrati nella regione dall’inizio del 2008». Gli scontri sono scoppiati a metà gennaio attorno alla città di Muhajiria, 80 chilometri a est dalla capitale del Darfur del Sud, Nyala, quando è stata conquistata dai ribelli del Jem. Khartoum ha risposto bombardando l’area e inviando truppe di terra. Il vice Capo di Stato maggiore del Jem, Suleiman Sandal Hagger, ha dichiarato a Irin che Khartoum ha bombardato anche postazioni dei ribelli nei pressi di El Fasher, capitale del Darfur del Nord: «Ora la situazione è calma, ma le truppe sudanesi sono vicine, non troppo lontane da dove siamo noi. I combattimenti possono scoppiare in ogni momento».

«La situazione sul terreno è molto fluida e molto confusa», ha detto alla stampa un ufficiale della missione di pace congiunta Onu-Ua (Unamid) presente nella regione, Edmond Mulet, dopo aver riferito al Consiglio di sicurezza. «Abbiamo azioni del Jem, azioni dell’Slam/Mm (Esercito di liberazione del Sudan/Minni Minawi) e azioni dal governo, tutti contro tutti, quindi la situazione è molto complessa. Il problema è che ora hanno scelto la via del confronto rispetto a quella del negoziato. Noi auspichiamo che il Consiglio di sicurezza inviti tutte le parti a fermare queste operazioni militari, ad attenersi al diritto umanitario e a rispettare i civili ancora vittime di questi combattimenti». Sono migliaia i civili costretti a fuggire, stando a quanto riferito dall’Onu e da diverse ong presenti nella regione.


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