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Darfur, Msf: «Ci bombardano,ce ne andiamo»

Il divieto totale da parte delle autorità sudanesi di accedere allo stato del Blue Nile, ha reso impossibile per l'associazione rispondere alle emergenze. Che denuncia: «Un jet della Forza aerea sudanese ha bombardato deliberatamente un nostro ospedale»

di Anna Spena

Il centro operativo di medici senza frontiere, basato a Bruxelles, ha annunciato che si ritirerà da alcune zone del Sudan. Il divieto totale da parte delle autorità sudanesi di accedere allo stato del Blue Nile, la chiusura forzata delle attività nello stato del Darfur orientale, i blocchi e gli ostacoli amministrativi nel Darfur meridionale hanno reso impossibile per MSF rispondere alle emergenze mediche in queste aree. 

«L’approccio del governo sudanese verso la presenza umanitaria internazionale nelle aree del conflitto si è rivelato in modo chiaro la scorsa settimana, quando un jet della Forza aerea sudanese ha bombardato deliberatamente un ospedale MSF gestito dai nostri colleghi nello stato del Kordofan meridionale» ha detto Bart Janssens, direttore delle operazioni di MSF a Bruxelles, «Il governo ha molti modi per impedire il nostro accesso alle persone che ne hanno maggiormente bisogno e li utilizza. Dalle riunioni di alto livello cui abbiamo partecipato è emerso chiaramente che l’assistenza umanitaria alle popolazioni maggiormente colpite dal conflitto nello stato del Blue Nile e nelle aree meridionali del Darfur continueranno a essere bloccate e limitate finché le operazioni militari avranno la priorità sull’assistenza umanitaria». Nel 2011 e nel 2012, le equipe di MSF nei campi rifugiati lungo il confine del Sud Sudan hanno affrontato una catastrofe sanitaria quando circa 100.000 rifugiati sudanesi che si sono riversati terrorizzati attraverso il confine, una situazione drammatica che ha visto molti di loro morire lungo il tragitto. Dall’inizio del conflitto nel Blue Nile, questo stato è diventato una zona ad accesso limitato, in cui nessun operatore umanitario internazionale ha avuto il permesso di entrare. «I rifugiati restano bloccati: dipendono completamente dagli aiuti umanitari per sopravvivere ma sono terrorizzati di tornare in Sudan», dice Janssens. Nella città di Shaeria, nel Darfur orientale, Msf gestiva un ospedale e una clinica mobile. Nel dicembre 2012, gli operatori dell’equipe Msf sono stati improvvisamente arrestati e allontanati dall’area.

 «Non importa se chiediamo l’accesso attraverso dialogo e riunioni, se cerchiamo di negoziare attraverso partner influenti presso il governo o facendo sentire la nostra voce attraverso i media: niente sembra avere il minimo impatto», afferma Janssens, «Per la nostra esperienza, il governo sudanese organizza incontri specifici per ostacolare gli aiuti internazionali, più che per facilitarli. Abbiamo tratto la triste e drammatica conclusione che alle condizioni attuali non possiamo portare avanti la nostra azione di emergenza per salvare vite in tre delle aree più gravemente colpite dal conflitto in Sudan, dove queste azioni sono disperatamente necessarie».

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