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Darfur: le incertezze dell’Slm
Il principale gruppo ribelle del Darfur si rimangia la parola dopo aver dichiarato di aver rotto gli accordi del 2003 con Khartum
Il Molvimento per la liberazione del Sudan (Slm) è in preda a forti turbolenze interne. Lo si evince dalle recenti dichiarazioni che i suoi leader politici hanno formulato nelle ultime 24 ore. Procediamo con ordine.
Ieri, il portavoce del movimento, Mahjub Hussein, aveva dichiarato la rottura dell’accordo di cessate il fuoco firmato nel 2003. Da Londra, Hussein aveva detto che “tutti gli accordi firmati a Abuja e a N’Djamena sono rotti”, riferendosi ai due protocolli di accordo (il primo sulla situazione umanitaria, l’altro sulla questione della sicurezza) firmati tra i ribelli e Khartum nel novembre 2004 e all’accordo di cessate il fuoco siglato nello stesso anno nella capitale ciadiana.
Nel giustificarsi, Hussein aveva accusato il governo sudanese di non aver onorato i propri impegni. Di conseguenza, l’Slm è pronta a rilanciare l’offensiva su Khartum in una guerra “in cui siamo pronti a tutto”. In altre parole, l’Slm si era ormai assegnato un nuovo obiettivo: rovesciare il regime del presidente el-Beshir.
Ma proprio oggi, una secca smentita è giunta all’Afp dal presidente in pectore del movimento, Abdel Wahid el-Nour, secondo il quale l’Slm “si è impegnato a rispettare pienamente la tregua e tutti gli accordi già conclusi dal cessate il fuoco del 2004, compresi quello di Abuja sulla situazione umanitaria e quello relativo alle questioni di sicurezza”.
Dietro queste dichiarazioni contradittorie c’è da chiedersi fino a che punto il principale movimento ribelle del Darfur riesce a garantire l’unità della sua leadership.
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