Formazione

Daremo stabilità, chiediamo dinamismo

Uno stralcio dell'intervista al ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini, sulla Buona scuola che troverete sul numero di Vita da oggi in edicola. «È un progetto educativo che ovviamente parte dalle competenze che devono essere date ai nostri studenti ma non in senso esclusivamente tecnico e disciplinare. Dobbiamo dare un orizzonte che può essere definito “patrimonio educativo”»

di Giuseppe Frangi

È la più grande infrastruttura del nostro Paese e in questi anni ha saputo integrare e innovare molto più di quanto venga raccontato. È innovazione dal basso che ha sviluppato sperimentazioni che ora attendono di essere messe a sistema. Quasi sempre senza bisogno di risorse aggiuntive. Si tratta della scuola italiana, la Buona scuola. Di questo abbiamo parlato con il ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini, nel servizio di copertina del nuovo numero che troverete da oggi in edicola. Ecco uno stralcio dell'intervista.
 

La copertina del numero di Vita in edicola da oggi

Ministro Giannini, l’anno si è aperto con le magagne di sempre a tener banco. Non corre troppo in fretta la Buona scuola?
Proprio quando la realtà ci offre un quadro distante dal modello che vorremmo vedere realizzato, vuol dire che è venuto il momento di cambiare. Dobbiamo darci la convinzione che la voglia grande di imparare dei ragazzi, e la voglia analoga di insegnare dei professori sono la leva più importante che abbiamo per ripartire. Una leva più decisiva di tutte le complessità con cui dobbiamo fare i conti. La Buona scuola è un progetto educativo che ovviamente parte dalle competenze che devono essere date ai nostri studenti; ma non si tratta di garantire solo competenze tecniche e disciplinari, bensì di dare un orizzonte che può essere definito un “patrimonio educativo” al cui cuore ci stanno naturalmente le conoscenze. Quello su cui dobbiamo lavorare sono gli strumenti necessari per arrivare a quell’obiettivo.

Un passaggio obbligatorio è quello di restituire autorevolezza e centralità alla figura degli insegnanti. Quali sono le strade per rendere possibile questo riscatto?
Il riscatto contiene anche una sfida. Perché non è solo questione di concessioni magari anche legittimamente richieste. La scommessa infatti è innanzitutto quella di rendere di nuovo dinamico un processo che da troppo tempo è invece statico. Infatti è stata dimenticata la necessità di percorsi di formazione continua, senza la quale le competenze si usurano in tutte le discipline. In un’epoca come la nostra è fondamentale aggiornare sempre le conoscenze. Ma la formazione non è la sola sfida che noi proponiamo agli insegnanti. L’altra ne è un po’ la logica conseguenza: cioè la valutazione. Bisogna introdurre dei criteri di merito per restituire dinamicità a tutti processi educativi. Naturalmente la prospettiva della valutazione non riguarda solo gli insegnanti ma l’intera organizzazione della scuola; è un processo che coinvolge anche i dirigenti e tutti gli organi che partecipano a far sì che la scuola stessa lavori al meglio. Ma se il tutto non si traduce in una rivisitazione meritocratica della carriera allora rischia di restare un bell’esercizio accademico e stilistico, ma assolutamente inefficace nella realtà.

C’è da affrontare anche l’atteggiamento delle famiglie, che a differenza di un tempo non riconoscono più l’autorità degli insegnanti e si attestano nella difesa ad oltranza dei figli. Quali sono le leve per rimuovere blocchi come questi?
A monte di processi come questi mi sembra che ci sia soprattutto l’oscuramento subìto in questi anni da un’altra parola chiave: responsabilità. Le famiglie, con una diversa funzione, sono anch’esse responsabili, del controllo e della tutela della qualità dell’istruzione che viene offerta ai loro figli: questo è un dovere educativo e umano che ciascun genitore giustamente e istintivamente si pone. Ma c’è anche un altro livello di responsabilità, che è la corresponsabilità di partecipazione al buon funzionamento della scuola. Perché la scuola, lasciando da parte tanta inutile retorica che si fa sul tema, è davvero un punto di riferimento sociale che deve coinvolgere l’intera comunità. Quindi le famiglie in primis devono tornare ad essere protagoniste.

Da questo punto di vista l’esperienza delle scuole aperte fa capire che le cose stanno muovendosi in questa direzione e indica una strada…
È un’esperienza molto bella, a cui mi auguro che tutte le scuole guardino con interesse e favore. Come molte delle cose belle che l’Italia ci regala, nasce da una sperimentazione intelligente…

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Ecco cosa potete leggere servizio “Prima, la scuola”  che troverete in edicola:

  • Daremo stabilità chiediamo dinamismo – Giuseppe Frangi Intervista il ministro della Pubblica istruzione, Stefania Giannini
  • Dispersione, la Buona scuola non è così buona – di Daniele Biella
  • L'alleanza tra scuole e monumenti – di Lorenzo Maria Alvaro
  • Sostegno, la rivoluzione di Trento – intervista a Dario Ianes
  • Così funziona la scuola aperta più aperta d'Italia – di Gabriella Meroni
  • Eraldo Affinati: la scuola ti regala la vita – di Giuseppe Frangi

Inoltre sul numero di Vita di ottobre troverete anche:

  • Vi spiego perchè la chiesa di Bergoglio punta sul non profit – di Stefano Arduini 
  • Chi pensava che senza Marcos lo zapatismo sarebbe finito, legga queste pagine – di Emanuela Borzacchiello
  • Io so dove vuole arrivare quest'uomo – Marco Dotti intervista Vittorio Strada su Vladimir Putin
  • L'abitare cambia casa – di Stefano Arduini

 

 


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