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Dardenne, il cinema che mistero!

di Redazione

Luc Dardenne insieme al fratello Jean-Pierre rappresenta uno dei fenomeni più originali del cinema europeo di questi anni. Hanno vinto a Cannes con Rosetta. Luc è lo sceneggiatore della coppia: il suo nuovo libro, Dietro i nostri occhi (ISBN edizioni, 16,50 euro), raccoglie le sceneggiature, precedute da un diario di lavoro. Bello, perché riflessione sul senso del cinema oggi.

Il cinema mostra ciò che avvicina, ciò che si avvicina. Ha cominciato con una locomotiva, ha continuato con dei corpi e con delle bocche. Il teatro proferisce la parola, mantiene la distanza. Il cinema vede la nuvoletta di condensa emessa dalla bocca incollata al vetro, ma non sente la voce che viene dal palco. La lingua si muove, bacia, lecca, ma non articola. Gli occhi desiderano, invidiano, si inumidiscono, ma non giudicano.

Quando non sapete più a che punto siete e vi siete smarriti, vi ricordate di chi vi indicò il cammino la prima volta. In arte, nel cinema per noi fu Armand Gatti. Ci insegnò a inventare a partire dalla nostra verità, indipendentemente dalla povertà di mezzi, ci insegnò il rigore, la demistificazione della tecnica. Ci siamo ricordati di questo aneddoto che ci aveva raccontato. Il primo giorno delle riprese di un suo film, non sapeva che per guardare l’inquadratura doveva appoggiare l’occhio sul mirino, esercitando una pressione tale da fare aprire l’otturatore. Ogni volta che l’operatore capo gli chiedeva l’inquadratura, lui appoggiava l’occhio sul mirino, ma non vedeva niente. Dopo una breve pausa sollevava la testa e diceva: «Possiamo girare».

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