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Daniele Lorenzi: «La mia “nuova” Arci con lo spirito di Tom Benetollo»

Il neo presidente viene da 40anni di impegno nell'associazione. Abituato a muoversi fuori dalla luce dei riflettori ha affrontato varie crisi dell'associazione in tutta Italia, ha difeso e ristrutturato il circolo Malafronte, ha avviato progetti socio culturali a Cuba ed è stato braccio destro di presidenti storici come Menduni e Benetollo. L'intervista: «La priorità? La legge sullo ius soli»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Ho dedicato la mia intera vita all’Arci e ai valori che questa grande associazione promuove in tutta Italia. Sono sicuro che, malgrado la grave situazione determinata dalla pandemia, riusciremo a lavorare in sinergia con le strutture nazionali e con i territori per superare al meglio questo momento». Così Daniele Lorenzi ha salutato la sua elezione a presidente dell'Arci nazionale avvenuta con una larghissima maggioranza nell'ultimo Consiglio nazionale. Il neo presidente (raccoglie il testimone da Francesca Chiavacci, padovano doc, ha lavorato in Arci per 40 anni nei quali, come braccio destro e uomo chiave di storici presidenti come Enrico Menduni (in carica dal 1979 al 1983) e Tom Benetollo (dal 1997 al 2004) ha affrontato varie crisi dell’associazione in giro per l’Italia, ha difeso e ristrutturato il circolo di Roma Malafronte. Non mancano le leggende sul suo conto come quella che gli ascriverebbe il merito della visita papale all'Havana grazie ai progetti socio cultruali creati a Cuba insieme ad artisti del calibro di Abbado, Jovanotti, Daniele Silvestri, i Nomadi, Monicelli e Virzì. Di certo c'è che il comandante Fidel Castro volle che avesse un’onorifcenza per i meriti nel campo culturale, onorificdnza che Lorenzi condivide con Hemingway, Sepulveda, Garcia Marquez e lo stesso Claudio Abbado. «Ero in pensione, a fare l'orto, quando mi è stata chiesta la disponibilità per assumermi questa responsabilità. Ho risposto presente». L'intervista



Com'è nata la sua candidatura?
Sono in pensione da quattro anni. Sinceramente ero tornato ormai nel Veneto. Naturalmente ho sempre avuto nel cuore l'associazione ma non ho mai pensato di fare il presidente. Ero a fare il mio orto e ho ricevuto la chiamata. Mi è stato chiesto la disponibilità. Ho accettato.

Cosa l'ha portata ad accettare?
Sono stato in Arci 40 anni. Ero responsabile delle politiche organizzative ed economiche. La carriera da dirigente l'ho cominciata nel 75 come responsabile culturale all'Arci Padova, nel 77 ero presidente regionale Veneto e nel 78 sono entrato in direzione nazionale. Nel 1986 sono entrato in segreteria nazionale. Insomma ho vissuto tutte le stagioni e le fasi dell'associazione. Dal circuito alternativo di Dario Fo fino alla programmazione culturale sul territorio. Non avrei mai potuto rifiutare anche se ho sempre lavorato nell'ombra e lavorare al sole non mi piace molto. Ma se è necessario lo faccio.

Che Arci vorrebbe per il futuro?
Porto nel cuore alcuni passaggi della vita di Arci in particolare. La nascita dell'Arci Civile con Menduni alla fine degli anni 80. Il periodo in cui Arci lancia il suo impegno civile, quando nascono Legambiente, Arci Gay, Arci Gola e Arci Lucciola. Tantissimi investimenti, alcuni dei quali esistono ancora oggi. E poi il confronto con i movimenti, come quello per la Pace, dell'Arci di Benetollo, quando Arci comincia a dialogare con tutti. L'Arci che io vorrei è un associazione che riparte da qui: impegno civile e dialogo.

E dal punto di vista concreto quali battaglie pensa siano centrali?
Sicuramente lo Ius soli. Andrò dai vertici dei partiti nazionali, dal PD, a dire che quando si parla di ius soli è la loro classe dirigente che non ha ancora capito non la gente. È un fatto culturale. Come per la Legge Zan. Sono temi che vanno discussi. Abbiamo più un milione di soci e oltre 4.600 circoli. Quando abbiamo fatto Arci Gay si pensa che fosse facile? No, abbiamo dovuto spiegarlo ai nostri soci. Va fatto un lavoro culturale serio e capillare.

Siamo alla fine dell'emergenza sanitaria dovuta al Covid. Come ci arriva Arci?
Certamente il colpo è stato duro, anche perché i nostri circoli si occupano di spettacolo e musica. Oggi l'attività sta ripartendo e abbiamo perso pochissimi circoli, quasi tutti hanno rinnovato l'adesione e adesso ricominceremo a fare i soci e faremo i conti. Mi sono già messo in contatto con Siae e il Ministero della Cultura perché voglio aprire un confronto e capire cosa si pensa di fare rispetto a questo settore.

Vita, insieme al Csv di Padova, sta lanciando la candidatura del volontariato come bene immateriale dell'Unesco. Che ne pensa?
Per me, che sono vecchio e vengo da quando le case del popolo erano rette esclusivamente da volontari e la mia cultura è quelle delle società di mutuo soccorso dove la solidarietà per diventare attiva si basava sul volontariato. Quindi sono assolutamente d'accordo. Sposo la causa e firmerò l'appello. Ma bisogna dirsi che il volontariato non basta riconoscerlo. Bisogna anche capirlo. Ha cambiato volto, si esprime in forme differenti. E su queste forse bisognerebbe entrare nel merito ed evitare che qualcuno faccia il furbo.

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