Giornata contro il bullismo

Dall’empatia alla riparazione: dieci strategie per affrontare il bullismo

I "consigli d'autore" di Stefano Rossi, lo psicopedagogista più famoso d'Italia: attività pratiche per insegnanti, genitori e ragazzi per aiutare sia chi compie atti di bullismo sia chi ne è vittima

di Rossana Certini

Il bullismo è un fenomeno complesso che richiede un intervento attento e consapevole da parte di tutti gli attori coinvolti. Per capire quali azioni concrete insegnanti, genitori e ragazzi possono mettere in atto quando si trovano di fronte a un episodio di bullismo, abbiamo chiesto a Stefano Rossi, psicopedagogista con oltre vent’anni di esperienza nel supporto agli adolescenti, di fornirci esempi di attività pratiche da fare con i ragazzi per affrontare situazioni di prevaricazione. L’obiettivo è aiutare adulti e ragazzi a riconoscere e adottare i comportamenti più efficaci per prevenire o affrontare il bullismo nella vita quotidiana.

Nel suo lavoro guida adulti e ragazzi nell’arte di coltivare l’intelligenza affettiva e racconta come accompagnare i giovani nei complessi labirinti dell’adolescenza. Nei suoi libri Sentimenti malEducati e Lezioni d’amore per un figlio, porta anche tanti esempi pratici. Come gli insegnanti possono affrontare in modo costruttivo il bullismo con i loro studenti?

Per prima cosa è importante dire che per affrontare adeguatamente il fenomeno, gli insegnanti devono essere in grado di riconoscere tre elementi distintivi del bullismo: la ripetizione nel tempo, lo squilibrio di potere e l’intenzionalità. Infatti, mentre un singolo episodio di prepotenza può essere un conflitto occasionale, il bullismo si manifesta quando un comportamento negativo si ripete nel tempo, creando un impatto emotivo e psicologico sulla vittima. Quella che può sembrare una semplice “battuta” può trasformarsi, nel tempo, in un atto di bullismo, capace di “avvelenare” la mente e il cuore di chi lo subisce.

Stefano Rossi, psicopedagogista

Il secondo elemento da considerare è lo squilibrio di potere. In questi casi, uno o più bulli agiscono contro una vittima che, per vari motivi, si trova in una posizione di svantaggio. Questo squilibrio può manifestarsi in vari modi: un gruppo che prevarica un singolo, l’atteggiamento dei “più grandi” verso i più piccoli, o il comportamento dei ragazzi più esperti nei confronti dei nuovi arrivati a scuola. La dinamica di prevaricazione si amplifica quando la vittima è costretta a vivere in una situazione di isolamento sociale o esclusione ripetuta.

Il terzo e ultimo elemento distintivo è l’intenzionalità. La psicosociologia ci dice che si parla di bullismo, quando c’è veramente un intenzionalità crudele in qualche modo malvagia. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i ragazzi che compiono atti di bullismo non sono consapevoli del danno psicologico che causano. Spesso, dietro questi comportamenti c’è il desiderio di appartenere a un gruppo, di acquisire un potere o di trovare una forma di compensazione per difficoltà personali. Gli insegnanti, quindi, devono considerare queste motivazioni più profonde, e intervenire in modo educativo per far comprendere ai ragazzi l’effetto devastante delle loro azioni.

Cosa può fare un insegnante per spiegare ai ragazzi queste differenze? Può coinvolgere il gruppo classe in attività che aiutino gli studenti a comprendere le ricadute psicologiche causate da un atto di bullismo?

Un approccio utile per spiegare ai ragazzi la differenza tra un semplice conflitto e il bullismo è quello di proporre attività pratiche, come discussioni di gruppo e drammatizzazioni. Per esempio, si potrebbe dividere la classe in piccoli gruppi e assegnare a ciascun gruppo un tipo diverso di bullismo da esplorare: quello verbale, fisico o cyberbullismo. Ogni gruppo potrebbe poi realizzare una breve rappresentazione animata che rappresenti il tipo di bullismo analizzato dal gruppo. Questo tipo di attività non solo stimola la riflessione sui diversi comportamenti di prevaricazione, ma consente anche di esplorare le emozioni e i pensieri della vittima, mettendo in evidenza come si sente chi subisce bullismo.
Inoltre, ogni gruppo potrebbe creare una definizione creativa del tipo di bullismo di cui ha parlato, oppure un piccolo slogan che esprima l’effetto emotivo devastante che questi atti hanno sulla vittima. L’obiettivo non è solo sensibilizzare i ragazzi sul fenomeno, ma anche stimolare una riflessione profonda e consapevole, che vada oltre una visione superficiale del bullismo.

I ragazzi che si comportano da bulli potrebbero avere un “cuore pieno di sassi”, come se cercassero di scaricare il loro malessere emotivo verso il mondo e i compagni, nella speranza di alleggerirsi. Questo non giustifica il comportamento, ma è importante non ridurre il bullo a un semplice “cattivo” da punire

Ci sono altre azioni che gli insegnanti possono fare per affrontare episodi di bullismo?

Quando un ragazzo o una ragazza agisce bullismo, è necessario affrontare il problema su due piani: quello della comprensione e quello della riparazione. Prima di tutto, bisogna aiutare il bullo a riflettere sul perché ha agito in questo modo. In molti casi, dietro il comportamento di chi fa bullismo c’è una richiesta di aiuto, spesso mascherata da un atteggiamento aggressivo. I ragazzi che si comportano da bulli potrebbero avere un “cuore pieno di sassi”, come se cercassero di scaricare il loro malessere emotivo verso il mondo e i compagni, nella speranza di alleggerirsi. Sebbene questo non giustifichi il comportamento, è importante non ridurre il bullo a un semplice “cattivo” da punire, ma cercare di capire le motivazioni che lo spingono a comportarsi in questo modo.


Un intervento educativo può partire da attività che stimolino una riflessione più profonda. Interessante potrebbe essere chiedere agli studenti di analizzare un aforisma. Questo tipo di lavoro aiuta i ragazzi a riflettere sul contrasto tra il comportamento aggressivo e quello empatico, facendo emergere i vantaggi emotivi e relazionali che derivano dall’essere gentili.

Accanto alla riflessione intellettuale è fondamentale, anche, un lavoro sul cuore intelligente”, ovvero sulla sfera emotiva dei ragazzi. Questo tipo di lavoro può essere fatto attraverso un’attività pratica: chiedere agli studenti di scrivere o disegnare due esperienze significative nella loro vita. L’importante in questa attività non è solo la descrizione dell’accaduto, ma anche la riflessione su come si sono sentiti in entrambi i casi. Cosa hanno provato quando sono stati feriti o quando hanno mostrato gentilezza? Come si sono sentiti dopo aver ferito qualcuno e dopo aver fatto un atto gentile? La condivisione di questi pensieri con il gruppo può portare a una riflessione collettiva sul valore delle azioni positive e sull’impatto che hanno sugli altri. In questo modo, si fa emergere la consapevolezza che ogni atto di bullismo non solo danneggia la vittima, ma anche chi lo compie, mentre gli atti di gentilezza possono portare benessere sia a chi li riceve che a chi li dona.

L’azione di riparazione è fondamentale perché mostra ai ragazzi che non sono definiti solo dai comportamenti che hanno messo in atto, ma che hanno sempre la possibilità di cambiare e di migliorare. Anche chi ha agito male ha la possibilità di evolversi

Una volta che il ragazzo ha compreso la portata del suo comportamento, è importante che venga stimolato a intraprendere un’azione riparativa che non deve essere vista solo come un atto che aiuta la vittima ma, anche, come un’opportunità per chi ha agito da bullo di riconnettersi con il proprio senso di responsabilità e valore. La riparazione può assumere diverse forme: ad esempio, scrivere una lettera di scuse al compagno preso di mira o facilitare un chiarimento tra le parti coinvolte. L’azione di riparazione è fondamentale perché mostra ai ragazzi che non sono definiti solo dai comportamenti che hanno messo in atto, ma che hanno sempre la possibilità di cambiare e di migliorare. Questo è un concetto molto importante da trasmettere: anche chi ha agito male ha la possibilità di evolversi e di prendere decisioni più positive in futuro.

Stefano Rossi incontra genitori, insegnanti ed educatori

Se ora guardiamo il fenomeno dal punto di vista dei genitori, cosa dovrebbero fare nel caso in cui scoprissero che il proprio figlio è vittima di bullismo?

La prima cosa che i genitori devono fare è ascoltare attentamente le emozioni del ragazzo. La vittima di bullismo vive un’esperienza di solitudine, paura, rabbia e dolore che non sempre riesce a esprimere adeguatamente. È fondamentale che il genitore crei uno spazio sicuro dove il bambino o il ragazzo possa dare voce alle sue difficoltà, senza timore di essere giudicato. Dare parola alla paura, al dolore e al senso di esclusione è il primo passo per iniziare a comprendere la profondità del vissuto emotivo del figlio. Molto spesso, i ragazzi vittime di bullismo, possono avere difficoltà nelle relazioni sociali e, in alcuni casi, anche sul piano emotivo. Non si tratta di problematiche patologiche, ma di una difficoltà a connettersi con gli altri, a relazionarsi con sicurezza. In questi casi, è importante incoraggiare il figlio a partecipare ad attività che possano aiutarlo a sviluppare l’intelligenza relazionale e sociale. Un’attività particolarmente utile è il teatro. Una palestra fantastica per lavorare sulla consapevolezza del corpo, sulla gestione della voce e delle emozioni, e può essere un’ottima occasione per aumentare la fiducia in sé. Molti bulli tendono, infatti, prendono di mira proprio chi si sente insicuro, chi non è a suo agio nel proprio corpo e nelle proprie emozioni. Offrire a un figlio la possibilità di esplorare se stesso attraverso attività creative e sociali può essere un prezioso strumento per rinforzare la sua autostima.


I genitori, e gli adulti in generale, possono allenare i ragazzi a diventare un “radar” empatico. L’empatia infatti è un radar che ci permette di leggere gli occhi degli altri, e quindi di intuire ciò che c’è nel cuore dell’altro, è un passo importante per sviluppare una comprensione profonda delle dinamiche interpersonali. Insegnare a un ragazzo a osservare gli altri e a leggere le emozioni attraverso i loro occhi è fondamentale per evitare fraintendimenti e migliorare la qualità delle sue relazioni sociali.

Il lavoro sull’empatia non si limita a una semplice lettura delle emozioni altrui, ma implica anche una pratica concreta: quella dei gesti di empatia. I genitori possono aiutare il figlio a imparare a usare questi piccoli gesti – il sorriso aperto, lo sguardo luminoso o il sapersi mettere nei panni dell’altro – per connettersi più facilmente con gli altri, per trasformare le relazioni in opportunità di amicizia anziché di conflitto.

Gli altri compagni devono essere educati a non rimanere indifferenti. È importante educare gli studenti a non essere spettatori passivi, ma a prendere posizione contro il bullismo, anche solo offrendo supporto alla vittima

Invece tra pari? Che cosa dovrebbero fare i ragazzi nel caso si trovassero ad assistere a un atto di bullismo?

Anche se il comportamento del bullo è il punto focale su cui lavorare, non bisogna dimenticare che il contesto sociale in cui il bullismo avviene è altrettanto cruciale. Gli altri compagni, che assistono all’episodio, devono essere educati a non rimanere indifferenti. Spesso, chi assiste a un episodio di bullismo non interviene per paura di diventare anch’esso un bersaglio o per timore di esporsi. In questo senso, è importante educare gli studenti a non essere spettatori passivi, ma a prendere posizione contro il bullismo, anche semplicemente offrendo supporto alla vittima o segnalando l’incidente. Quando si assiste a un episodio di bullismo, è fondamentale comprendere il comportamento dei ragazzi coinvolti, in particolare quello dell’aggressore, per intervenire in modo efficace e costruttivo. Il ruolo di chi assiste a un episodio di bullismo è determinante: non si tratta solo di fermare l’atto, ma di comprendere e aiutare tutti gli studenti coinvolti.

Stefano Rossi incontra durante un incontro con gli studenti

Se si volessimo racchiudere in dieci consigli quello che ci ha spiegato per prevenire e gestire i casi di bullismo, quali sarebbero?

Per gli adulti, il primo passo è promuovere una collaborazione costante tra scuola e famiglia, creando una comunicazione aperta e una cooperazione reciproca, essenziale per un intervento coordinato. Allo stesso tempo, è fondamentale che i genitori non accusino la scuola e che la scuola non accusi i genitori, ma che entrambe le parti lavorino insieme per affrontare il problema. Ascoltare e aiutare il bullo a dar voce alle proprie emozioni, spesso, infatti, sono ragazzi che hanno difficoltà ad esprimere le proprie emozioni. È fondamentale aiutarli a comprendere le ragioni che sono dietro i loro comportamenti aggressivi, per affrontare e risolvere il loro malessere emotivo. Infine chiedere aiuto a un esperto per comprendere i significati affettivi del comportamento dei ragazzi e agire come adulti empatici perchè i bambini e i ragazzi tendono a imitare ciò che vedono nel loro ambiente.


Per quanto riguarda le azioni da parte dei ragazzi, è fondamentale che imparino a esercitare il pensiero critico, valutando le azioni del gruppo e riconoscendo comportamenti che possono nuocere agli altri. Devono imparare a dire di no ai bulli, ovvero a sviluppare quella che chiamo “giusta disobbedienza”, un atto di coraggio che impedisce che il bullismo si perpetui. Inoltre, è necessario che i ragazzi imparino ad ascoltare e dare voce alle proprie emozioni, per sé e per gli altri, sia che si tratti della vittima che del bullo.

Nella foto di apertura Stefano Rossi durante un incontro con insegnanti, genitori ed educatori (le foto pubblicate in questo articolo sono tutte tratte dal sito stefanorossiofficial.it)

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