Cultura

Dalle Falkland al conflitto iracheno. Le cinque guerre di Wojtyla

Un lungo pontificato, segnato dalla fine della guerra fredda e dall’esplodere di mille altre tensioni. Il Papa le ha affrontate così.

di Andrea Tornielli

Non si può comprendere il ?magistero di pace? di Giovanni Paolo II senza inserirlo nella tradizione dei pronunciamenti papali del XX secolo. C?è un filo rosso che unisce le prese di posizioni dei Pontefici e che attraversa tutto il Novecento, partendo da Benedetto XV e dal suo tentativo di circoscrivere la tragedia della grande guerra, arrivando fino a Papa Wojtyla. Questo filo rosso ideale ha inizio all?alba del secolo scorso, quando il papato acquista sempre di più un ruolo nettamente religioso e una libertà maggiore dopo la fine del potere temporale, mentre le guerre, a causa delle armi sempre più distruttive, incombono come una minaccia devastante sulle popolazioni civili. Ed è talvolta una continuità anche ?fisica?, che vede protagonisti Papi e futuri Papi: la bozza della famosa Nota di Pace di Benedetto XV, ad esempio, venne preparata dall?allora monsignor Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII. Mentre la bozza del famoso appello di Papa Pio XII del 24 agosto 1939 («Niente è perduto con la pace. Tutto può andare perduto con la guerra? Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare») fu preparata dall?allora monsignore Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI.
Oltre a sottolineare questa continuità, va però notata anche una lenta ma inarrestabile progressione. Che ha portato i vescovi di Roma ha intervenire sempre di più, ad appellarsi alla legalità internazionale, a considerare indispensabile il ruolo delle Nazioni Unite. Giovanni Paolo II, a ben guardare, manifesta un rifiuto della guerra ancora più radicale e radicato rispetto ai suoi predecessori. Ciò non significa affatto che Papa Wojtyla non giustifichi l?uso della forza come ?extrema ratio? dopo che si sono tentate tutte le vie negoziali per risolvere una crisi durante la quale sia stata gravemente violata la legalità internazionale: questa possibilità è specificata e codificata nel Catechismo della Chiesa cattolica – da lui stesso promulgato – al paragrafo numero 2309, dedicato alle «strette condizioni» per l?uso difensivo della forza militare, che così si conclude: «La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune».
Il rifiuto ancora più deciso e radicale della guerra in Wojtyla non deriva innanzitutto da considerazioni di principio, quanto piuttosto dalla sua esperienza diretta di sopravvissuto dalla catastrofe della seconda guerra mondiale. Lo ha spiegato lui stesso, molte volte anche improvvisando come all?Angelus del 16 marzo 2003 quando disse ai ?giovani? governanti delle sorti del mondo: «Io appartengo alla generazione che ricorda bene la guerra, che ha vissuto e grazie a Dio è sopravvissuta alla seconda guerra mondiale. Per questo ho anche il dovere morale di ricordare ai più giovani che non hanno questa esperienza. Ho il dovere di ricordare e di dire ?mai più la guerra?, così come fece anche Paolo VI nella sua visita alle Nazioni Unite».
Nelle prossime pagine cercheremo dunque di analizzare l?atteggiamento di Giovanni Paolo II di fronte ad alcune delle gravi crisi internazionali. Cercheremo inoltre di evidenziare alcune linee guida del suo magistero: imparzialità (che non significa mai neutralità), affermazione del diritto internazionale e dei diritti dei popoli, impegno fino all?ultimo per evitare l?uso delle armi e, una volta scoppiati i conflitti, tentativo di circoscrivere le conseguenze per la popolazione inerme, aiuto concreto alle vittime sia dell?una che dell?altra parte. È importante infatti notare come esista uno ?stile papale? in tempo di guerra: una volta scoppiati i conflitti, le parole e soprattutto l?azione del Pontefice e della sua diplomazia hanno lo scopo di salvare quante più vite umane possibile.
Ma ciò che più ha caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II, ben prima della tragedia dell?11 settembre 2001, è stato lo sforzo instancabile per tentare di togliere qualsiasi alibi ?religioso? al terrorismo, alle guerre, all?odio e alla violenza commessi profanando il nome di Dio.

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