Famiglia

Dall’asilo all’ufficio qui il passo è breve

Viaggio nell’Italia che tiene famiglia, vicino all’azienda

di Giampaolo Cerri

Allatta fra un Consiglio dei ministri e una riunione con i direttori generali. Mamma Giovanna, ovvero il ministro Melandri, titolare dei Beni culturali nel governo D?Alema, accudisce la figlia Maddalena, in una piccola nursery appositamente allestita accanto al suo ufficio, nel cinquecentesco palazzo del Collegio romano. Il nido per la piccola Melandri sarebbe stato ricavato dalle stanze normalmente adibite alla segreteria particolare del ministro, proprio accanto all?ufficio della responsabile del dicastero. «Un modo per riuscire a conciliare i suoi doveri di ministro e i diritti di madre», fanno laconicamente sapere dal suo staff schierato a difesa della privacy della puerpera. Giovanna Melandri infatti, come donna lavoratrice, avrebbe diritto a starsene a casa fino al terzo mese di vita della piccola e beneficiare di un orario ridotto per allattarla, fino al primo anno di vita della bambina. Ma conciliare l?impegno professionale e il ruolo materno è un problema comune a migliaia di italiane: in alcune città i nidi, pubblici o privati, non bastano ad accogliere tutta la domanda, tanto che molte coppie lavoratrici devono ricorrere a costosissimi baby-sitting. Altre difficoltà derivano poi dagli orari e dall?ubicazione di asili e scuole in genere, tali da costringere mamme e papà a faticose corse nel traffico cittadino. In Europa, invece, gli asili si trovano spesso dentro i luoghi di lavoro. È il caso, ad esempio, del Parlamento europeo a Lussemburgo (vedi box) o la sede Volkswagen di Volksburg. In Italia, strutture di questo tipo sono rarissime. Quelle sorte negli anni del boom nelle più grandi industrie italiane, sono state smantellate dai costi e dagli ?autunni caldi?. Una delle più vecchie è quella dell?Olivetti a Ivrea. Il grande nido di tre piani costruito negli anni ?40 dagli industriali della macchina da scrivere apre ancora oggi i battenti alle 7,30. La struttura si trova a due passi dallo stabilimento ed accoglie 125 bambini dai sei mesi ai tre anni di età. Altri 30 sono in lista d?attesa. La gestione però è passata al Comune dal 1990, all?Olivetti rimangono le grandi mura e la manutenzione. E anche i posti per i figli dei dipendenti sono solo una cinquantina; un tempo erano almeno 200. Oggi, usare l?ex-nido aziendale costa fino a 670.000 al mese, se si superano i 19 milioni di reddito pro-capite. Retaggio di antica tradizione industriale è invece il benefit di cui godono i dipendenti della Barilla. Agli impiegati e operai degli stabilimenti parmensi viene rimborsata la retta di asili nido e scuole materne, parzialmente o totalmente a seconda del reddito familiare. Liberi cioè di scegliere l?asilo più comodo o che dà più fiducia, pubblico o privato che sia. «Il nostro parametro per il rimborso è dato dalle tariffe comunali», precisano alla direzione relazioni esterne. Nido-facile anche per i dipendenti della Regione Lombardia che lavorano al grattacielo Pirelli e nelle altre sedi centrali a Milano. Dalla fine del ?96, il governo lombardo si è convenzionato con un istituto a due passi dal palazzo: 25 posti per bambini dai 18 mesi ai 3 anni, orario flessibile 7,45-18, retta di 500.000 lire al mese (con un rimborso regionale fino a 300.000 in base al reddito familiare). La stagione dei nidi-aziendali è invece finita da un pezzo all?industria italiana per antonomasia. «Le strutture esistenti in Fiat», spiegano a Corso Marconi, «sono state passate al Comune di Torino negli anni ?70. Con il plauso dei sindacati che le giudicavano una pericolosa invasione di campo». «Altri tempi», commenta Pinuccia Cazzaniga, della segreteria nazionale Fim-Cisl. «Oggi il sindacato tende anzi a contrattare maggior possibilità per la cura dei figli. Si punta a incrementare il part-time, estendendolo alla cerchia dei parenti di primo grado ed innalzando l?eta dei bambini per i quali può essere richiesto». E gli asili aziendali? «Difficilmente riproponibili», nota Cazzaniga, «più facile arrivare a soluzioni collaterali, come quella adottata a Pordenone dalla Zanussi». In base a un accordo aziendale di fine ?97, la società del Gruppo Electrolux ha infatti approntato per lo stabilimento di Val Noncello, un ?Centro di accoglienza temporanea? per i figli dei dipendenti. «Non è un asilo», spiega Sebastiano Puglisi, delle Relazioni esterne, «ma una struttura a cui i lavoratori possono rivolgersi quando, per motivi diversi, non sanno a chi lasciare i figli». La baby-sitter si è ammalata? Lo scuola-bus non è passato? C?è da correre dal pediatra appena terminato il lavoro? Il bambino me lo porto in fabbrica. L?asilo-volante aprirà i battenti entro l?anno, dopo aver superato una lunga serie di problemi burocratici. E un altro accordo aziendale consente ai dipendenti Zanussi di Scandicci (Firenze) di portare i figli in un asilo a due passi dallo stabilimento con cui l?azienda si è convenzionata. Così la vita familiare fa capolino nelle relazioni industriali, i problemi della maternità si affacciano ai tavoli della contrattazione. Chissà cosa direbbe Cipputi? Forse che si è aspettato troppo.


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