Non profit

Dalla solidarietà alla prossimità

"Le fragilità che il Covid ha accentuato e ha moltiplicato nel nostro Paese non possono risolversi con interventi di pura solidarietà, rischieremmo di generare una nuova generazione da assistere ". L'intervento del presidente di fondazione Èbbene

di Dino Barbarossa

Nel futuro e nella ricostruzione di un Paese che si è riscoperto fragile, certamente vanno fatte delle scelte di campo. Gli italiani hanno ritrovato la loro vocazione al prossimo. Una cultura della solidarietà e dell’impegno volontario che ha sostenuto le parti più fragili del paese insieme al sistema sanitario e a quello degli operatori sociali. Certo è che le ricostruzione alla quale dobbiamo prepararci può declinarsi in più sfumature, c’è da augurarsi che venga orientata in ottica generativa, o meglio, rigenerativa. Questa scelta permetterebbe di costruire un Paese più forte, in cui i pilastri di una comunità che investe sul proprio sviluppo sono tutti eretti e rafforzati, basti pensare alla formazione e all’educazione, alla cura sociale e sanitaria della persona, al lavoro e all’ambiente. E se il forte movimento volontaristico (inteso come modalità dell’agire e non solo come forma giuridica) che ha sostenuto il Paese nelle ultime settimane ha certamente contribuito alla tenuta sociale, per il post covid rischia di non bastare. Gli interventi finanziari che in queste ore il Governo sta mettendo in campo, senza nessuna pregiudiziale sulla loro sufficienza o efficacia, devono trovare un tessuto sociale pronto e complementare perché in un disegno più ampio si lavori al rilancio del Paese.

La prossimità può essere quel metodo, quell’azione, quello schema che accompagna la ripresa del Paese in chiave rigenerativa. Le fragilità che il Covid ha accentuato e ha moltiplicato nel nostro Paese non possono risolversi con interventi di pura solidarietà, rischieremmo di generare una nuova generazione da assistere che il nostro welfare e le casse del nostro Stato non possono permettersi. La presa in carico globale, multidisciplinare e collegata al territorio che con il metodo della Prossimità abbiamo sperimentato, può accelerare il processo di autonomia dei più fragili per non lasciarli nello stallo dei “buoni spesa”.

La prima differenza tra solidarietà e prossimità sta nella relazione tra chi la riceve e chi la agisce. La prima fondata sulla linearità – avevi bisogno, ti go dato ciò che ti necessitava, tu mi sei grato -, la seconda sulla circolarità. Avevo bisogno, mi hai donato un primo sostegno, te ne sono grato, ti offro allora un’opportunità per metterti in gioco in connessione con la tua comunità, agisco con protagonismo per uscire fuori dalla condizione di bisogno. E una volta riacquisita la mia autonomia mi rimetto in gioco per sostenere quella comunità che mi ha accompagnato. Quello che cambia nei due schemi è la natura della relazione, che nel secondo caso non solo non è più occasionale o emergenziale ma si fonda sulla reciprocità.

La storia di fondazione Èbbene è piena di casi che lo confermano, anche fuori dall’emergenza. La relazione con il contesto diventa poi l’elemento caratterizzante, specie nel dialogo con il sistema produttivo al quale la Prossimità non chiede “interventi compensativi” o figli di un’azione di mera “responsabilità sociale” ma una volontà specifica di agire –interconnessi – lo sviluppo del territorio. Nel riprendere la sempre attuale e funzionale sussidiarietà circolare l’intervento della Prossimità modifica la modalità con la quale le varie anime del Paese dialogano e quindi poi agiscono. Il Privato sociale organizzato assume un protagonismo capace di influenzare con coerenza le politiche pubbliche e di sviluppo perché non agiste per rispondere a un bisogno ma per eliminare il bisogno stesso. Questo si traduce in un maggiore protagonismo, in una posizione consapevole e fondamentale (essenziale?) che questa emergenza ha avvalorato.

In un momento in cui appaiono vari tentativi di "commissariamento" della cittadinanza, l'approccio che la fondazione Èbbene propone per una prossimità attiva va proprio nella direzione di recuperare la piena dignità dei cittadini, specie di coloro che sono stati considerati "scarti". Su questa strada il Governo nazionale dovrebbe elaborare linee guida puntuali legate proprio al modello di prossimità, cosi che le Regioni ed i Comuni possano coinvolgere attivamente i cittadini in difficoltà in azioni di tutela e valorizzazione dei territori e delle comunità offrendo il loro talento.

Come Fondazione siamo in grado di offrire uno spaccato esperienziale molto ricco, che possiamo condividere con altre Organizzazioni che abbiano la medesima vocazione, consegnando il metodo già sperimentato della Prossimità. E’ necessario passare dalle logiche di emergenza, alla logica generativa di ricostruzione di legami fra le persone e dentro le Comunità. Solo le Comunità così intese possono prendersi cura di loro stesse


In foto il Centro di Prossimità Mosaico, di Catania, che tra numerose attività promuove azioni di aggregazione al Polo Educativo Villa Fazio di Librino, zona periferica della città

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