Salute

Dalla ricerca alla vita quotidiana: il primo alleato dei malati rari è il non profit

In Italia ci sono più di 700mila malati rari (dati Orphanet). Le associazioni registrate nel loro database, solo in Italia, sono 325: sono cresciute tra il 2012 e il 2016 del 20%. Anche Uniamo, la federazione italiana delle malattie rare, in vent’anni è passata da 20 a 120 federate. Il non profit ha un ruolo importantissimo nella ricerca sulle malattie rare, che VITA racconterà nel numero di marzo

di Redazione

In Italia ci sono più di 700mila malati rari. Moltissimi sono bambini. Il 28 febbraio si celebra in tutto il mondo la loro Giornata. La stima è di Orphanet, il portale di riferimento delle malattie rare e dei farmaci orfani. Le associazioni registrate nel loro database, solo in Italia, sono 325: il trend è in crescita, visto che tra il 2012 e il 2016 le associazioni registrate sul portale sono aumentate del 20%. Anche Uniamo, la federazione italiana delle malattie rare, in vent’anni di attività è passata da 20 a 120 federate.

Le associazioni di malati e delle loro famiglie hanno un ruolo importantissimo nelle malattie rare: aiutano a sentirsi meno soli, danno alleati nelle battaglie quotidiane e spesso sono il primo luogo in cui le persone neodiagnosticate riescono a trovare informazioni, indirizzi, suggerimenti. Ma le associazioni di pazienti sono spesso anche il volano della ricerca scientifica: accendono l’attenzione su malattie invisibili e sostengono, attraverso la raccolta fondi, borse di studio, centri, progetti di ricerca. Questi dati sono tratti dalla copertina di VITA del mese di marzo, "Gli scienziati della salute", dedicata alla ricerca medica. «Ogni anno il non profit destina alla ricerca medica oltre 300 milioni di euro», scriviamo in copertina, «risorse che fanno la differenza perché sostengono solo ricercatori e progetti di altissima qualità». Le malattie rare rappresentano una fetta importante di questo investimento: basti pensare a Telethon, portato in Italia nel 1990 proprio da un’associazione di pazienti, la UILDM, che oggi conta 9mila soci. Grazie a Telethon, per fare soltanto un esempio, che ha sostenuto per anni la ricerca svolta all’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), 32 bambini con Ada-Scid hanno ricevuto una cura, la prima terapia genica ex vivo approvata al mondo.

La Giornata delle Malattie Rare è stata istituita nel 2008 per volontà di EURORDIS, European Organisation for Rare Disease, l’organizzazione europea che raggruppa oltre 700 organizzazioni di malati di 60 paesi, in rappresentanza di oltre 30 milioni di pazienti. Oggi è un evento che coinvolge oltre 85 paesi nel mondo. Una malattia si definisce “rara” quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000: quelle ultra-rare addirittura colpiscono meno di 1 persona ogni milione. In Italia, il 19% dei pazienti rari attende più di 10 anni per ricevere una diagnosi, uno su tre deve spostarsi in un’altra Regione per averla e per alcuni – i non diagnosticati – l’odissea non ha mai fine. Ben l’80% delle malattie rare ha un’origine genetica: sono causate quindi da alterazioni del Dna e si trasmettono per via ereditaria. Secondo la Società Italiana di Neurologia, oltre il 50% delle malattie rare ha una componente neurologica: all’interno dell’ERN (European References Networks) Rare Neurologic Diseases sta partendo un importante progetto finanziato dalla Unione Europea sulle malattie neurologiche rare senza diagnosi, rivolto all’individuazione di nuovi geni di malattia, finora sconosciuti.

Il tema scelto quest’anno per la Giornata Mondiale delle Malattie Rare è “Integriamo l’Assistenza Sanitaria con l’Assistenza Sociale – Bridging Health and Social Care”, a sottolineare l’importanza di coniugare ricerca, presa in carico clinica e supporto a tutti gli aspetti della vita quotidiana.

Uniamo-FIRM, la Federazione Italiana Malattie Rare, ha presentato i risultati di “Juggling care and daily life – gestire l’assistenza e la vita quotidiana”, la prima indagine – realizzata da EURORDIS-Rare Diseseas Europe in 48 Paesi Europei – sulla capacità dei pazienti e dei loro caregiver di barcamenarsi, fare i salti mortali (juggling) tra le attività della vita quotidiana e le difficoltà che la malattia comporta. L’indagine, condotta su 3.071 persone, tra pazienti affetti da malattia rara e loro caregiver, ha approfondito diversi aspetti legati alle Malattie Rare tra cui la gestione dell’assistenza, l’occupazione e l’impatto economico. Dall’indagine è emerso che 7 intervistati su 10, tra pazienti “rari” e loro familiari/caregiver, sono costretti a ridurre o sospendere la propria attività professionale a causa della malattia; 8 su 10 hanno difficoltà a svolgere semplici compiti quotidiani (faccende domestiche, preparazione pasti, shopping ecc.); due terzi dei caregiver dedicano più di due ore al giorno ad attività legate alla malattia. Non solo: le persone che convivono con una malattia rara e i loro accompagnatori/familiaririferiscono di essere infelici e depressi 3 volte in più rispetto alla popolazione generale. Uniamo- FIRM celebra il 28 febbraio con una campagna social, con il claim #ShowYourRare e l’idea del body o face-painting, con un pay off chiaro e diretto: “Mostra che ci sei al fianco di chi è raro”. Molte le necessità dei malati rari e delle loro famiglie su cui occorre aumentare la consapevolezza: da quella di integrare i servizi di salute con la scuola alle difficoltà che può incontrare la mamma di un bambino con patologia rara nelle più semplici attività quotidiane, come lavoro, scuola e gestione della casa. Coordinare le tante attività di cui necessita un “malato raro”, infatti, diventa spesso una sfida impegnativa.

La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è una rara patologia genetica, la forma più grave delle distrofie muscolari. Insieme alla distrofia muscolare di Becker, una variante più lieve, sono le distrofie muscolari più frequenti. Al momento, non esiste una cura. Parent Project è un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker: «Noi famiglie ci aspettiamo tanto dalla ricerca scientifica e ci impegniamo a finanziarla ed orientarla al meglio tramite Parent Project, sia per i nostri figli che per i figli che verranno, e nell'attesa mettiamo al centro la “vita” oltre la “malattia”, la vita nella quale possiamo e dobbiamo fare tanto», dichiara Luca Genovese, Presidente della onlus.

Anche Daniele Cassioli, atleta non vedente e campione mondiale di sci nautico, con il suo libro Il vento contro si mette a fianco di chi è raro: «Quando nel 2016 mi sono rotto la spalla e ho avuto più tempo libero, ho risposto alla richiesta di Michele, un bambino non vedente dalla nascita come me, che voleva imparare lo sci nautico. Ѐ stata un’esperienza molto importante che mi ha fatto riflettere. Toccando con mano gli effetti positivi che lo sport poteva comportare sia per la salute sia per la socialità del bambino e della sua famiglia, ho deciso di allargare l’esperienza ad altri ragazzi non vedenti in tutta Italia. Ѐ vero che siamo affetti da malattie rare, ma di rara bellezza è anche tutto ciò che si può fare con azioni inclusive come lo sport e tutto ciò che genera socialità».

Fra le novità della Giornata 2019 anche la pubblicazione del primo libro che narra le storie di chi ha incontrato la malattia di Huntington: “I racconti dell’Huntington. Voci per non perdersi nel bosco” (Franco Angeli), verrà presentato presso la sede di Telethon, in via Poerio 14 a Milano: è curato dallo psicoterapeuta Gianni Del Rio, dalla sociologa Maria Luppi e dal presidente di Huntington Onlus, Claudio Mustacchi.

In foto, la grande squadra dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget). Al centro Francesca Pasinelli (direttore generale di Fondazione Telethon) e il professor Luigi Naldini, pluripremiato direttore dell'Istituto.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.