Economia

Dalla politica quanti preconcetti

Confcooperative. Parla Luigi Marino, il numero uno della centrale “bianca”: «Siamo una ricchezza. Ma il centrodestra non lo ha capito. Buttando via un’occasione per sé. E per il Paese»

di Francesco Maggio

Presidente, cos?hanno di simile le coop rispetto alle imprese profit? Luigi Marino: L?efficienza e l?efficacia sul mercato, sono come le altre imprese quanto a competitività, rispetto delle regole, grado di internazionalizzazione, di innovazione, debbono fare ricerca, dotarsi di una governance dove il management è distinto dalla proprietà. Le cooperative, invece, devono essere diverse quanto a natura, a scopo e a missione. Lo scopo di una cooperativa non è la mera remunerazione del capitale. Il socio di una cooperativa si attende dalla sua impresa qualcosa di profondamente diverso dal socio di una società di capitali. Si attende un lavoro con una retribuzione adeguata, un servizio sociale, una casa, un certo tipo di servizio del credito. E&F: Vent?anni fa sembrava che l?impresa capitalistica avesse soppiantato quella cooperativa. Oggi, invece, si assiste a un ritorno di attenzione per questo mondo. Perché? Marino: Le cooperative vengono di solito tenute ai margini dai media ad eccezione di frangenti particolari come i crack di fine degli anni Ottanta o per vicende ?altisonanti? come il caso Cirio o quello Unipol-BNL. Eppure le coop, in questi anni, hanno aumentato la loro quota di Pil passando dal 3,5% di 12 anni fa al 7% oggi. Se non si fossero verificate tali vicende, nessuno avrebbe ripreso a parlare di cooperative. E&F: A chi date fastidio? Marino: Fondamentalmente a due classi dirigenti del Paese: la grande impresa concorrente, quando diventiamo troppo grandi. Si pensi alla grande catena di distribuzione che se la prende con le coop. L’altra categoria è rappresentata da una parte del mondo politico che ritiene che la cooperazione sia vicina a una parte politica e quindi, nel portare avanti le proprie battaglie, ritiene legittimo prendersela anche con le cooperative che sostengono la parte avversa. In questi anni abbiamo fatto ogni sforzo possibile per far capire al governo di centrodestra che invece la cooperazione è un bene per il Paese. E&F: La crescita delle cooperative è ?senza limiti?? Marino: La crescita delle cooperative avviene oggi soprattutto per merito delle medie e grandi cooperative. Siamo invece preoccupati per una stagnazione o regressione delle piccole cooperative dovuta alla concorrenza nazionale e internazionale. Uno dei principali problemi che hanno oggi le piccole cooperative è l’incapacità a integrarsi come dovrebbero. Ciò comporta l’allargamento della forbice tra le cooperative efficienti e le cooperative che invece soffrono la competitività. E&F: Crescendo le coop perdono qualcosa della loro identità? Marino: Non ci deve essere differenza tra una grande e una piccola coop, anche durante la crescita, perché se applicano coerentemente il principio di mutualità e rispettano il codice civile la piccola cooperativa è uguale alla grande. E viceversa. Le migliori grandi cooperative sono cooperative ?autentiche?. E&F: Perché c’è bisogno di cooperative nel capitalismo? Marino: Le rispondo in un altro modo, i capitalismi avanzati non hanno bisogno solo di cooperative ma di democrazia economica, cioè di un mercato che abbia regole certe, rispettate, ma che sia animato da tante tipologie di imprese. In questo modo si crea più ricchezza e la si distribuisce più equamente. Ecco perché c’è bisogno anche della cooperazione. E&F: Dal suo osservatorio come vede il capitalismo italiano? Marino: Il capitalismo italiano predica bene e razzola male. Basta sentire le dichiarazioni dei vari presidenti di Confindustria che si sono succeduti negli ultimi vent’anni, ad eccezione di Montezemolo. Tranne quest’ultima presidenza, l’obiettivo è sempre stato quello del ?trasferimento delle responsabilità?, avessimo mai ascoltato un’autocritica circa la scarsa capacità di competere delle imprese italiane. La verità è che il capitalismo italiano più che l’innovazione cerca mercati protetti ed è un capitalismo che, soprattutto al Sud, non investe nelle imprese. E&F: E lei quale autocritica si sente di fare? Marino: Direi che abbiamo fatto all’interno del sistema confcooperativo poca integrazione, abbiamo promosso bene la cooperazione tra i cooperatori, ma meno bene la cooperazione tra cooperative.


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