Welfare

Dalla parte dei senza tetto

Il Papa si rammarica, giustamente, che la morte di un clochard non faccia notizia. Noi vi proponiamo il racconto, sul numero di Vita in edicola, di una notte con i volontari di Progetto Arca

di Antonietta Nembri

Il Papa è rimasto profondamente addolorato nell’apprendere che un clochard è stato trovato morto ieri nel parcheggio del Gianicolo, a ridosso di piazza San Pietro. Il Santo Padre si è detto profondamente rammaricato per il silenzio sul fatto. Bergoglio non è nuovo a questa attenzione per i più deboli. Lo scorso 22 marzo, in uno dei primi atti ufficiali del suo pontificato, l'udienza concessa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Pontefice aveva detto: «quanti poveri ci sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone! Sull'esempio di Francesco d'Assisi, la Chiesa ha sempre cercato di avere cura, di custodire, in ogni angolo della terra, chi soffre per l'indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati».

Non solo. Indiscrezioni rivelano come il Pontefice di nascosto ai cardinali e vestito da prete, sia uscito due volte da porta Sant’Anna, per recarsi al cospetto di barboni e senzatetto che passano le notti davanti al colonnato.

Sul numero di Vita in edicola questa settimana è pubblicato il servizio di Antonietta Nembri che racconta una notte tra gli homeless insieme a Progetto Arca dal titolo “Senza tetto, ma con il sorriso”. Ve lo proponiamo qui.
 

I volontari si preparano alla nottata

Piove, ma non fa freddissimo in questo autunno milanese, l’umidità invece ti entra nelle ossa. Il primo appuntamento è per le 20 in via San Giovanni alla Paglia, a Milano. Qui Fondazione Progetto Arca da tredici anni gestisce un centro di accoglienza notturna, e da qui partono le squadre che due notti a settimana girano la città portando aiuto agli homeless. Davanti al cancello è parcheggiato il pulmino. Alla guida Mouhib, l’operatore della fondazione, da 25 anni in Italia. Dalla panda appena arrivata dalle cucine dell’organizzazione in via Stella, vengono scaricati tre trolley e i grandi thermos con il the caldo, tutto sistemato da Roberto Stefanizzi sul pulmino. Roberto è il volontario più esperto della serata: esce con l’unità di strada da due anni e mezzo: «In questo periodo sono aumentati soprattutto gli italiani», osserva, mentre ci si avvicina al punto di ritrovo con il resto del gruppo. «Il primo bisogno è quello del cibo, perché alla sera alcune mense sono chiuse. Poi cercano un rapporto umano con noi volontari, anche perché per molti di loro la strada non è una scelta, ma una necessità».

Il grosso dei volontari del turno di questa sera aspetta direttamente in corso Europa, zona Duomo. L’appuntamento qui è alle 20,30. Ma non ci sono solo i volontari: sotto i portici del centro di Milano sono una cinquantina i senza fissa dimora che stanno aspettando. L’incontro con i volontari dell’Arca è ormai diventato un appuntamento fisso. La pioggia rende difficile trovare un parcheggio, Mouhib deve fare un paio di giri prima di potersi fermare. «Ci stanno aspettando» dice vedendo la piccola folla con i borsoni, quasi tutti uomini. «Il giovedì facciamo sempre lo stesso giro e le persone mi conoscono. Con l’inizio della stagione fredda cerchiamo di convincere le persone ad andare nei centri d’accoglienza, ma ci sono sempre gli irriducibili e a loro doniamo dei sacchi a pelo». I volontari, sei trentenni, prendono i trolley con i panini (prosciutto, formaggio e frittata) e i thermos con il the caldo. «Le prime volte le persone accerchiavano il pulmino, ora abbiamo trovato un metodo per rendere la distribuzione più razionale», spiega Fabio Pasiani, che in Fondazione si occupa della comunicazione, ma una volta indossata la pettorina del volontario si muove con sicurezza tra gli homeless.

Il posto della prima distribuzione di panini e the è accanto a un’edicola chiusa di corso Europa, le persone si avvicinano veloci. Anche l’uomo alto e all’apparenza distinto che era in piedi alla fermata del bus 73. Pareva un impiegato che aveva fatto gli straordinari, invece gli occhi lo tradiscono.
Molti presi panino e bicchiere di the si allontanano. Qualcuno invece vuole parlare. Come Alessandro, 40 anni. Racconta di essere anche lui un volontario: «Io aiuto in piazza Affari con la Mia» dice (Mia è l’associazione Milano in Azione composta da persone con e senza dimora). Non sempre è semplice parlare con i senza dimora. «Incontriamo anche persone che sono ubriache e che provocano», ammette Mouhib: «a quelli che provocano dico sempre grazie e sorrido». Mouhib conosce bene questo popolo della strada ed è una guida sicura per i volontari, una quarantina quelli che ruotano a turni con l’unità di strada. «A chi viene per la prima volta dico sempre: guarda quello che facciamo, gli mostro come ragionare con le persone, ma aiutare gli altri non è per nulla difficile».

Sembra dargli ragione Francesca Soldi, volontaria dallo scorso agosto: «da giovanissima con gli scout assistevo i bambini. Poi sono arrivata qui. La prima impressione è stata che fosse difficile, poi ho capito che era una questione di educazione su di sé, perché ci sono delle regole e dei mondi che uno deve conoscere, ti devi adattare e metterci del tuo, imparando a interagire». Mentre Francesca parla il gruppo si sposta.
Sotto i portici che vanno da corso Europa a via Hoepli, passando da corso Vittorio Emanuele e le sue vie laterali fino a piazza San Carlo, sono tantissimi i senza fissa dimora che non si spostano, non vogliono correre il rischio di perdere il “posto” sicuro per la notte. Mouhib e i volontari conoscono tutti e li vanno a cercare per vedere se hanno bisogno di qualcosa, per vedere come stanno. Gabriella Cereda è alla sua prima sera da volontaria: «Fino a oggi sono sempre stata nel backstage, raccoglievo coperte. Poi con la mia azienda abbiamo fatto Fedex care, la giornata del volontariato aziendale. Ho preparato i pacchi alimentari: ho visto l’entusiasmo dei volontari e mi sono detta: provo». Lo racconta mentre sta pescando un panino dal trolley per darlo a un uomo seduto per terra tra cartoni e coperte di fortuna.

«Il primo impatto è stato abbastanza duro, ma molto appagante. Ti fa apprezzare quello che hai nella vita e ti aiuta a mettere in ordine le priorità». I portici lungo il percorso ospitano vetrine, boutique, bar e multisala e anche un centinaio di homeless. Enrico Anzi ha il trolley che conteneva i panini al prosciutto: sono finiti. «Ci sono solo quelli con la frittata» dice all’uomo che – vista la pettorina – gli si è avvicinato per chiedere da mangiare. «Sto frequentando un master in raccolta fondi a Bologna e per l’Università sto facendo lo stage a Fondazione Progetto Arca», racconta Enrico. «Ho voluto provare l’esperienza sul campo. Vivo a Milano da un anno e questo per me è anche un modo per entrare nel vivo della società milanese».

In via Santa Redegonda, davanti al multisala c’è la piccola folla che si crea all’ingresso del cinema. I ragazzi in coda guardano tra l’infastidito e l’incuriosito la decina di persone che si muove con le pettorine. «Tanti non percepiscano gli altri come esseri umani, ma solo come un fastidio al loro passeggio» sbotta Stefano Capizzi, 35enne da quasi un anno volontario con l’unità di strada del giovedì sera. Stefano ha conosciuto il mondo dei senza dimora durante il servizio civile in Croce Verde: «In quel caso erano persone che avevano bisogno di aiuto sanitario. Qui invece per lo più incontriamo persone che cercano una relazione, vogliono parlare una decina di minuti con qualcuno, ti raccontano la loro vita…».

Il giro sta per finire. Da via Hoepli si segue il percorso dei portici, si gira in via San Pietro all’Orto, e si ritorna in corso Vittorio Emanuele. Gli ultimi incontri davanti alla Chiesa di San Carlo al Corso «qui di solito c’è una donna, una poetessa», spiega Stefano «ma quando inizia il freddo va nei rifugi. Lì c’è un poeta, scrive sempre dei cartelli con dei brani». Camminando siamo tornati in piazza San Babila. Sotto i portici a fianco della chiesa di San Babila i volontari si salutano. «Questa sera abbiamo distribuito tutti i panini: erano 150» dice Fabio Pasiani che però per contare esattamente il numero di persone incontrate verifica i bicchieri di plastica distribuiti «a volte ad alcuni, verso la fine del giro, diamo anche due panini. Mentre un bicchiere è una persona, stasera ne abbiamo distribuiti oltre 130».


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