S imone non frequenta la scuola da tre settimane, e agli scrutini del primo quadrimestre l’insegnante di italiano, tra il serio e il faceto, ha indicato me come responsabile morale delle sue assenze.
Quattro anni fa, quando Simone da poche settimane frequentava la quarta ginnasio, attesi la sua classe sulla soglia della palestra e chiesi ai ragazzi di aiutarmi a cercare un piccolo, ma costosissimo brillante che una studentessa aveva perso durante la lezione precedente. Tutti, con la massima attenzione a dove mettevano i piedi, si dedicarono alla scrupolosa ricerca per quindici minuti, al termine dei quali posi fine al loro impegno spiegando che nessun costoso brillante era stato perso, ma loro da perfetti attori avevano cercato come se tutto fosse vero. Così fa il mimo, che muovendo il corpo rappresenta situazioni che allo spettatore sembrano vere, e così pure fa chi recita in teatro o al cinema.
Erano, quei quindici minuti, l’inizio di un ciclo di lezioni sull’espressività corporea, nel corso del quale quei ragazzi impararono a stare sul posto e a muovere i piedi in modo da dare l’illusione di camminare e a rappresentare con il movimento delle mani il tentativo di individuare una porta lungo una parete di vetro.
Simone, che rimase letteralmente affascinato da quelle lezioni, quando decisi di passare alla pallacanestro e alla pallavolo mi assillò tutto l’anno perché riprendessimo invece il lavoro sul mimo. Io, che avevo colto il trasporto di Simone per quanto avevamo fatto in palestra, lo indirizzai verso una scuola di teatro, che avevo frequentato nei primi anni di insegnamento con l’intento di allargare le mie competenze professionali. Simone, rassegnatosi all’idea che il programma ministeriale mi imponesse di allontanarmi da ciò che lo affascinava, seguì il mio consiglio. Oggi, di quella famosa scuola di teatro di Milano Simone è diventato l’allievo più bravo, tanto che è impegnato da tre settimane nella registrazione di una fiction per adolescenti prodotta da Raidue.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.