Politica
Dal “voto di pancia” al ruolo della vita emotiva in politica
Paura, rabbia, preoccupazione per il futuro, invidia: la "pancia" e i sentimenti delle persone giocano sempre un ruolo in politica. Sbagliato? No, le neuroscienze hanno definitivamente smontato il pregiudizio scientifico verso la dimensione affettiva, affermando che l'inscindibile legame tra pathos e logos fonda le relazioni con gli altri e dunque anche la politica. Ma un conto è strumentalizzare le emozioni, un altro prendersene cura
di Vanna Iori
Pochi giorni fa, nella catechesi, Papa Francesco ha affrontato il tema dei sentimenti, e in particolare della desolazione, un’esperienza che sembra attraversare in questo tempo molti di noi nelle diverse stagioni della vita, sul piano relazionale, economico, sociale, politico. Le sue parole sono molto nette: «Tutti noi in qualche modo abbiamo fatto esperienza della desolazione. Il problema è come poterla leggere (…) È importante imparare a leggere la tristezza. Tutti conosciamo cosa sia la tristezza, ma sappiamo leggerla, sappiamo capire cosa significa per me questa tristezza di oggi?». E aggiunge, citando San Tommaso, che «essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo».
È difficile oggi parlare di sentimenti. Mancano talora anche le occasioni. Manca spesso il tempo di ascoltare. Il bisogno di essere ascoltati e aiutati a comprendere i sentimenti e le conseguenze delle proprie azioni è espressione di quell’analfabetismo sentimentale diffuso, della mancanza di linguaggio, ridotto a pochi abusati vocaboli, nel mondo “virtuale” che sembra imprigionarci e su cui si costruisce troppa parte delle affermazioni politiche.
Penso ai giovani, che si trovano in situazioni di isolamento e solitudine, senza guide né maestri, come leggiamo nel Rapporto giovani 2022 dell’Istituto Toniolo. E provano, scrive Le Breton, «un sentimento di insignificanza, di vuoto, un’impressione di non esistere nello sguardo degli altri». Ma il problema non riguarda solo le giovani generazioni. Paura, rabbia, noia, malinconia, felicità, delusione, dolore, invidia, speranza fluttuano e mutano in relazione ai cambiamenti delle prospettive esistenziali, nelle tonalità emotive diverse, legate alle differenti esperienze. Innanzitutto dobbiamo imparare ad ascoltarci e ascoltare, indicare proposte efficaci disperanza e progettualità, modelli significativi per aiutarli a trovare il significato autentico dei loro sentimenti quando insicurezza e paure insidiano la vita emotiva di tanti di loro, pervasa di vuoto esistenziale, di infelicità, di ira che sfocia in scelte di comportamenti superficiali, aggressivi e violenti. Laddove invece coltivare altri sentimenti porta a scelte di solidarietà, di volontariato e generosità.
Ma l’afasia su questi temi è un problema degli adulti, che non conoscono percorsi per accompagnare la crescita degli alfabeti dei sentimenti. Una politica, una scuola e una famiglia più attente all'educazione del cuore sono indispensabili per orientare le direzioni di senso dell’esistenza. Educare ai sentimenti non significa negare le pulsioni, tacere le emozioni, reprimere quegli stati d’animo che possono “ostacolare” il predominio della ragione. L’educazione emotiva è per tutti necessaria in questo momento di diffuso smarrimento e si manifesta nel riservare un ruolo significativo ai sentimenti, prendendosi cura di ciò che proviamo e assumere la responsabilità delle azioni compiute in conseguenza del sentire. «Avevo imparato a leggere in me stessa e così ero in grado di leggere anche negli altri», scriveva Etty Hillesum. Sapere e sentire non sono contrastanti ma profondamente connessi nell’esistenza umana dove mente e cuore, ragione e sentimento, pathos e logos fondano le relazioni con il mondo e con gli altri. E dunque fondano la politica.
La politica non può trascurare le tonalità emotive, poiché questa carenza si ripercuote nella società. E la strumentalizzazione è ancora più preoccupante per il danno educativo che si traduce in povertà di idee. Le scoperte delle neuroscienze hanno smontato il pregiudizio scientifico verso la dimensione affettiva, affermando l'inscindibile legame tra emozione e ragione. Antonio Damasio scrive addirittura che le emozioni sono necessarie per compiere scelte logiche: «la capacità di esprimere e di sentire delle emozioni è indispensabile per attuare dei comportamenti razionali». Avere sottratto valore alla vita emotiva per conferirlo unicamente all’esperienza razionale è “l'errore di Cartesio”, secondo il significativo titolo di un'opera di Damasio stesso.
Aver cura della vita emotiva significa invece contrastare il degrado in cui attecchiscono cinismo e possesso, violenza, incapacità di affrontare gli aspetti dolorosi della vita: frustrazioni, insuccessi, sofferenza, perdite, lutti. Per ridare dignità ai sentimenti occorre prendersi cura delle parole: non solo delle parole che spiegano, con la ratio, ma anche delle parole che parlano il linguaggio dell’empatia, della condivisione, della solidarietà. Imparare a nominare i sentimenti e le emozioni apre alla possibilità di comprendere ciò che proviamo e ciò che provano gli altri e quindi ciò di cui hanno bisogno e ciò che possiamo fare per rispondere a questi bisogni assumendone la responsabilità, che è il compito primo della politica.
*Vanna Iori, pedagogista, ordinaria di Pedagogia all'Università Cattolica di Milano.
Foto Unsplash
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