Ambiente e salute
Dal Veneto alla Lombardia: le mamme dicono basta Pfas
Parte dalla zona rossa tra Vicenza, Padova e Verona la richiesta al Parlamento italiano di mettere al bando le sostanze perfluoroalchiliche, gli inquinanti perenni. Sedici sindaci hanno firmato la mozione proposta dalle Mamme No Pfas, assieme ad associazioni, comitati e cittadini, non solo del Veneto, ma anche del Piemonte, della Lombardia e della Toscana. A Capriolo, in provincia di Brescia, il Comitato Acqua e Salute si sente abbandonato dalle istituzioni: è il movimento dal basso a dare speranza
In Veneto, sedici Comuni hanno discusso e approvato una mozione con cui si impegnano a chiedere al Parlamento italiano la messa al bando delle sostanze perfluoroalchiliche, al più presto. La lista è in evoluzione: le Mamme No Pfas, Legambiente, Greenpeace e decine di associazioni e comitati si aspettano nuove adesioni, dopo la presentazione pubblica dell’iniziativa a Lonigo, in provincia di Vicenza, lunedì 13 maggio. La richiesta è stata inviata non solo ai primi cittadini del Veneto, ma anche del Piemonte, della Lombardia e della Toscana, regioni in cui, da un’inchiesta di Greenpeace Italia, sono emerse situazioni con livelli preoccupanti di Pfas nelle acque.
Le richieste
«I sindaci hanno il dovere di tutelare la salute dei propri cittadini e l’ambiente» scrivono associazioni e comitati. «Ci appelliamo alle amministrazioni comunali che ancora non hanno discusso le nostre richieste, chiediamo che si attivino per affrontare il problema e approvino la petizione per dire basta ai Pfas». Cittadini e ambientalisti non sono più disposti ad attendere, specialmente dopo la pubblicazione dello studio coordinato da Annibale Biggeri, dell’Università di Padova, che per la prima volta dimostra la correlazione tra l’esposizione a queste sostanze e la mortalità per malattie cardiovascolari, mettendo in evidenza anche la correlazione con cancro del rene e ai testicoli nella popolazione veneta dell’area contaminata, rispetto ad altre zone del Paese ().
Le richieste sono: lo stop della produzione, dell’utilizzo e della commercializzazione dei Pfas, la messa in sicurezza e la bonifica delle aree contaminate, la tutela dei cittadini esposti, con l’istituzione di un registro dei soggetti contaminati e l’erogazione di adeguate misure di supporto sanitario e psicologico, infine la promozione della ricerca scientifica sugli impatti dei Pfas sulla salute e sull’ambiente.
«L’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche non può più essere trattato come una prerogativa del Veneto o del Piemonte», specificano, «ma deve essere affrontato come emergenza di tutta l’Italia, su cui intervenire con responsabilità nazionale. Queste sostanze nocive non devono continuare ad avvelenare le acque, i suoli e il futuro del nostro Paese. È necessario un intervento immediato e concreto da parte del Parlamento per tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente».
Anche in Lombardia
Tra i firmatari dell’appello ai sindaci, c’è anche il Comitato Acqua e Salute di Capriolo, nel Bresciano. «Ci siamo costituiti un anno fa, dopo la pubblicazione dei dati di Greenpeace sulla contaminazione anche nel nostro comune», racconta la portavoce Ivana Fabris (qui la mappa dei dati raccolti da Greenpeace in Lombardia). In particolare, è emerso che, in due pozzi, sono presenti Pfas oltre 100 nanogrammi per litro, il limite fissato dalla direttiva europea, che entrerà in vigore nel 2026. «Non ci è stata data alcuna spiegazione sul perché l’inquinamento si concentri in due aree specifiche. Inoltre, in altri pozzi si registrano valori comunque elevati, che ci preoccupano, anche se sono sotto la soglia stabilita per legge», prosegue Fabris. «È vergognoso che l’Ue tolleri la presenza nell’acqua potabile di una quantità così alta di sostanze dannose. La tutela del profitto viene prima di quella della salute». Finora tutte le autorità a cui il comitato si è rivolto hanno tentato di dare rassicurazioni, dal Comune all’Azienda di tutela salute – Ats, fino ad Acque Bresciane, gestore del servizio idrico. Il risultato è che i cittadini si sentono lasciati a loro stessi.
L’8 e 9 giugno a Capriolo si vota anche per rinnovare il consiglio comunale. Il Comitato Acqua e Salute sta chiedendo ai candidati cosa intendano fare rispetto al problema dei Pfas. «Con sconforto, abbiamo scoperto che alcuni non si sono nemmeno informati sulla questione. Tra i cittadini, invece, l’attenzione c’è, anche se tante persone sono disilluse, o sospettose, o preferiscono non attivarsi per timore di esporsi, o magari semplicemente non hanno tempo», conclude Fabris. «Io ho avuto due figlie e quando erano piccole ho fatto di tutto perché fossero al riparo da qualsiasi sostanza nociva. Scoprire che la fonte di inquinamento da Pfas è il latte materno è terribile, per una madre. Capisco chi rifiuta di affrontare il problema, ma bisogna superare la paura. Noi non demordiamo, continueremo a farci sentire, anche cercando alleanze con altre associazioni e gruppi del territorio. L’esempio e l’esperienza delle Mamme No Pfas del Veneto ci aiutano e sono fonte di ispirazione».
Nella foto di apertura, di Cory Morse/AP/LaPresse, un test per valutare la presenza di Pfas in un laboratorio olandese.
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