Sono sempre di più i professionisti che accarezzano l'idea di lasciare il settore profit per il non profit; una strada che attira sia i giovani (e fin qui è anche comprensibile) sia i cosiddetti executive che, arrivati a un certo punto della loro soddisfacente carriera, sentono il bisogno di nuovi stimolli e anche, perché no, di "fare qualcosa per gli altri".
Il salto a prima vista potrebbe sembrare facile, ma non lo è per niente, tanto che
il blog del San Francisco Chronicle ha sentito il bisogno di pubblicare
una mini-guida pensata proprio per chi sta per affrontare questo passaggio lavorativo cruciale. L'analisi parte dalle motivazioni: sappiate che il semplice intento di "resituire" quello che di buono si è ricevuto, o di alleviare le sofferenze altrui, o anche di occuparsi di un settore di cui si ha personale esperienza (come la lotta al cancro, per esempio) da soli non bastano.
Lavorare nel non profit richiede una grande capacità di leadership e una notevole sicurezza in se stessi. Doti che si rivelano indispensabili sia nei rapporti verso l'esterno (pensiamo al settore fundraising: quale dirigente di associazione può ignorarlo completamente?) sia nelle relazioni interne (ci sono organizzazioni che contano su migliaia di volontari: basta che il 10% sia problematico e avrete un'idea).
Un errore comune in cui si potrebbe incorrere è quello che credere che lavorare in una grande azienda fornisca l'esperienza e l'autorevolezza necessaria per assumere ruoli di responsabilità in una non profit; ebbene, non è detto. Le associazioni non profit sono tra le realtà costrette a combattere più duramente contro la crisi economica e la tendenza generale a risparmiare e contrarre le uscite economiche; chi proviene da un ambito che non ha ancora fatto i conti con questo scenario, per esempio, è bene che si prepari a cambiare registro.
Infine il Chronicle suggerisce ai potenziali leader del non profit di porsi alcune domande, a cui è ovvio che bisogna rispondere sinceramente: siete pronti a cambiare la velocità delle decisioni, tenendo conto che coinvolgono un numero maggiore di persone? Vi sentite portati per una certa dose di pubbliche relazioni, visto che vi toccherà rappresentare la vostra associazione presso istituzioni, aziende, personalità? E per finire forse la domanda più importante: siete pronti a un ridimensionamento di stipendio?
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