Economia

Dal manicomio alla vita

Sono centinaia le strutture affidate alla cooperazione sociale. Che hanno permesso alla Basaglia di funzionare. Anche se ora si vorrebbe una controriforma

di Francesco Agresti

Approderà in Parlamento probabilmente in autunno la proposta di riforma della legge Basaglia. Proprio ora che, a distanza di anni, la legge iniziava a produrre gli effetti per cui venne emanata, si vorrebbe intervenire con un provvedimento che di fatto cancellerebbe i risultati e gli sforzi finora ottenuti e riaprirebbe le porte dei manicomi. Su 1.374 strutture residenziali censite dall?Istituto sanitario nazionale, la metà è gestita dal servizio sanitario pubblico, il 22% dal privato sociale, il 13% dal privato profit mentre l?11% è a gestione mista.
Le cooperative sociali hanno conquistato un posto di rilievo nel novero dei soggetti che hanno contribuito in maniera determinante alla concreta applicazione della legge 180, ruolo riconosciuto senza difficoltà anche da chi di salute mentale si è occupato all?interno di strutture pubbliche. Vincenzo Gagliardi è stato responsabile per 6 anni dell?ex ospedale psichiatrico di Cremona, ne ha gestito la chiusura seguendo, in collaborazione con alcune cooperative sociali, la costituzione di comunità psichiatriche. Nel 2000, si è dimesso e ha iniziato a lavorare per le cooperative sociali.
«Premetto che sono stato a lungo uno strenuo fautore dell?intervento pubblico in psichiatria», precisa Gagliardi, «ma ci sono cose che il sistema sanitario pubblico non può garantire e anche se volesse non riuscirebbe a farlo. Quello che stiamo sperimentando con successo a Cremona da oltre 10 anni è un intervento congiunto pubblico-privato, dove ognuno fa quello in cui riesce meglio. Le Asl si occupano del problema psichiatrico curando l?aspetto ambulatoriale, clinico, alle cooperative sociali invece è affidato il compito di riabilitare e restituire un ruolo sociale a chi soffre di disturbi, soprattutto attraverso il reinserimento lavorativo».

Ostacoli culturali
Le cooperative hanno infatti «un approccio multidimensionale al problema, il loro radicamento sociale e la loro base etica permettono di mettere a disposizione risorse che nessun altro può offrire e superare quegli ostacoli di carattere culturale che molto spesso rendono difficile un pieno inserimento sociale».
In molte regioni si è diffuso un modello di intervento congiunto pubblico privato sociale che ha prodotto buoni risultati.
«In Toscana» spiega Maria Giuseppina Cabras, direttore del dipartimento Diritto alla salute dell?assessorato regionale alla Sanità, «il ricorso alla cooperazione sociale è dettato dalla necessità di dare risposte diverse a bisogni diversi. In questi anni abbiamo sviluppato interventi integrati: le persone con disturbi mentali vengono prese in carico dai dipartimenti di Salute mentale e avviati a strutture gestite in convenzione dalle cooperative sociali. Solitamente mettiamo a disposizione sia l?edificio che parte degli operatori sanitari mentre la cooperativa mette in campo educatori e operatori che si occupano della riabilitazione. L?indirizzo regionale definito nel Piano sanitario regionale è quello di dare risposte diversificate sulla base delle esigenze delle persone».
«Anche in Lombardia», spiega Dolores Pisapia, dell?assessorato regionale alla Sanità, «attraverso un processo di accreditamento molto strutture residenziali o semiresidenziali sono affidate, sulla base di gare aperte a tutti, a cooperative sociali. Le singole Asl poi regolano i rapporti attraverso delle convenzioni».

Così la rete ha vinto
Le persone affette da disturbi mentali hanno trovato nella cooperazione sociale un ambito protetto che ha reso più agevole l?inserimento nel tessuto sociale, svolgendo un ruolo di mediazione sia nei confronti dei bisogni dei pazienti che nella diffidenza che spesso accompagna il giudizio su chi soffre di problemi psichici. «La rete delle cooperative sociali», sottolinea don Giancarlo Perego, vice presidente della Caritas italiana, «ha costruito in questi anni dei validi percorsi di inserimento sociale. Alle cooperative sociali va riconosciuto il merito di non essersi interessate solo all?inserimento lavorativo, ma di aver affrontato il problema più in generale, realizzando integrazione sociale nei più diversi aspetti. Hanno vinto la sfida di realizzare un percorso reale di diritto alla vita. Le cooperative sociali inoltre non si sono limitate a garantire il livello minimo essenziale di inserimento ma hanno avuto un ruolo deciso nel processo culturale che ha portato a non fossilizzare l?attenzione sul caso patologico. Le proposte di riforma della legge 180, mi sembrano francamente deboli, si rischia di tornare ai manicomi facendo svanire lo spirito di lotta sociale per i diritti di chi soffre di disturbi mentali e la perdita di risorse di capacità». La Caritas crede, invece, che «attraverso una maggiore integrazione tra azione pubblica e privato sociale si possano costruire percorsi di assistenza con interventi continui di tutoraggio e non servizi una tantum».
Altra questione di cui poco si discute è secondo don Perego «quella relativa agli ospedali psichiatrici giudiziari, in cui molto spesso si verificano episodi di lesione dei diritti delle persone, e che in Italia ospitano oltre 1.500 persone». Questo fronte, insieme a quello degli aiuti alle famiglie di chi soffre di disturbi mentali, «rappresenta un nuovo campo di sfida per la cooperazione sociale».
Il Consorzio Cgm, sulla base dell?esperienza maturata negli ultimi 8 anni nell?ambito del progetto Psichiatria, ha elaborato il Progetto nazionale Salute mentale. «Nel ?94», spiega Grazia Fioretti di Cgm, «abbiamo avviato il progetto Psichiatria, e l?esperienza maturata in questi anni ha permesso di individuare le linee guida per il successivo progetto nazionale».Obiettivo: «Non ?perdere? la persona che soffre di disturbi: tutto il nostro lavoro è indirizzato a reinserire, sia dal punto di vista lavorativo che sociale, gradualmente, ma lasciando autonomia». Il progetto coinvolge circa 20 consorzi soci di Cgm, con oltre 100 coop sociali sia di tipo A che B, che offrono servizi a 1.600 utenti (coinvolgendo 1.700 operatori e oltre 300 volontari). Con il progetto, Cgm punta a coinvolgere la comunità locale stessa nella promozione della salute mentale «attraverso una rete dotata di una comune filosofia e alla ricerca dell?eccellenza».
Le imprese sociali non come semplici erogatrici di prestazioni, spiega ancora Grazia Fioretti, «ma promotrici di capacità di crescita, autostima e cittadinanza attiva, basandosi sui caratteri fondamentali della cooperazione: la territorialità, la piccola dimensione e la creazione di reti».

Scaffale

l prossimo numero di Impresa sociale, la rivista di documentazione del non profit e della cooperazione edita dal Consorzio Cgm, sarà dedicato alla psichiatria. Un numero monografico per conoscere come si è organizzata la risposta del Terzo settore alla domanda di riabilitazione psichiatrica in questi anni.
Info: tel. 030.2893411

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