Non profit

Dal diario di un insegnante commissario agli esami di maturità

di Redazione

Ho chiuso con l’esame di Stato quale membro esterno di una commissione su una classe mista di un turistico monzese. Due cose mi hanno colpito: la voglia e il desiderio dei ragazzi di paragonarsi con la realtà (gli esami): si vedeva lo sforzo, nel colloquio, di vincere l’emozione (nel linguaggio, nelle smorfie). Lungi dal voler evadere la realtà, essi ambiscono viverla: affrontare un esame è come chiedere di esser valutati, voler esserci, voler capire di valere o meno, essere o no adeguati… c’è ed è forte il bisogno di misurarsi e di esser misurati! L’altra cosa che mi ha colpito è che soltanto due su 28 studenti hanno svolto il tema della felicità, mentre tutti gli altri hanno svolto quello sulla musica. Di certo tante saranno state le ragioni che hanno spinto i ragazzi verso la tipologia D sulla musica, ma c’è da interrogarsi su come gli studenti ne hanno parlato. Al di là della retorica (è la colonna sonora della mia vita, colora la vita, è un alchimia, non si tocca non si vede che su un pentagramma) e della solita analisi economicistica sulla musica come business (è guadagno; le emozioni di un individuo oggi hanno un imballaggio, una inscatolazione, una strategia da marketing, un prezzo), mi colpiva il leit motiv, presente in quasi tutti i testi, sulla musica come surrogato della solitudine, sostitutivo del rapporto umano e del contatto fisico tra le persone. La musica è un mezzo per sentirsi parte di qualcosa di armonioso e naturale; con essa i confini spazio-tempo non esistono ma esiste solo il tempo interiore; il nostro cervello entra in una fase di totale blocco, svanisce il contatto con il mondo esterno, è il luogo dove potersi nascondere.
Tanta è l’importanza attribuita dai giovani alla musica quanto grande è la solitudine alla quale bisogna far fronte… anche i rave party che sembrano così criminali in realtà sono una creazione allucinata dell’esigenza di non dover sopportare i morsi della solitudine. La musica invocata dai giovani, prima che dato sociologico o segno della deriva culturale in cui essi si trovano, è arte cioè segno dell’umana creatività che grida e vuole e desidera l’esistenza di una nota melodiosa nel proprio destino…

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