Politica
Dal decreto Rilancio al decreto Affossa Terzo settore?
Accantonati alla Camera dei deputati alcuni fondamentali emendamenti. Per servizio civile universale, Fondo garanzia, cooperazione internazionale ed ecobonus non si sono trovati i fondi. La portavoce del Forum Claudia Fiaschi: "Sconfortante"
di Redazione
E meno male che si dovrebbe chiamare Rilancio. Se le cose andranno avanti così il decreto che dovrebbe dare ossigeno all’Italia post Covid passerà alla storia come il decreto Affossa Terzo settore. Tecnicamente si definiscono accantonamenti, sostanzialmente significa che per gli emendamenti su servizio civile universale (su cui si era esposto in prima persona il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri), Fondo garanzia per gli enti del Terzo settore (che estendeva anche a tutti gli enti di Terzo settore la garanzia dello Stato per l’accesso al credito, già prevista per le imprese), cooperazione internazionale ed ecobonus per gli Ets non si sono trovare le coperture. In altre parole queste misure urgenti e necessarie sono finite in coda a tutte le priorità della maggioranza (e a poco valgono impegni scritti sulla sabbia di ordine del giorni prossimi e venturi).
Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo settore parla di “sconfortante l’evoluzione del dibattito parlamentare in merito agli emendamenti al Dl Rilancio di rilievo per il Terzo settore, a partire da quello per estendere l’accesso al credito agevolato al Terzo settore. Nonostante le tante rassicurazioni e il ruolo indiscutibile svolto dalle organizzazioni del Terzo settore già prima della crisi nella loro costante azione di aiuto a tantissime persone fragili, in condizioni di esclusione sociale o di povertà, non si è passati dalle parole ai fatti. Siamo preoccupati per le ricadute sociali di questa scelta.” Riccardo Bonacina replica definendo quella della Camera un’Aula sorda e grigia e la maggioranza marchettara.
“Forse è bene ricordare che il Terzo settore – aggiunge Fiaschi – è anche un pezzo importante dell’economia del Paese: dà lavoro a più di 800mila persone, delle quali oltre la metà sono impiegate dalle associazioni che non svolgono attività di impresa. Si tratta tuttavia di organizzazioni fragili e poco patrimonializzate, con storiche difficoltà di accesso al credito. Se queste organizzazioni non vengono messe nelle condizioni di continuare a svolgere il loro prezioso impegno ci sarà un aumento drammatico del numero delle persone in difficoltà, un incremento della disoccupazione ed avremo comunità più fragili e meno coese.”
“Ci sono ancora degli spazi di manovra per trovare una soluzione a questa problematica – conclude Fiaschi – Ci auguriamo di assistere ad un ripensamento da parte del Parlamento”.
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