Oltre le sbarre

Dal carcere all’impresa, per restaurare la propria vita

In Toscana il lavoro offre alle persone detenute una possibilità concreta di reinserimento, abbattendo il rischio di recidiva. Un esempio concreto arriva dalla Piacenti Spa di Prato, che si occupa di conservazione di beni di interesse storico artistico e ha scelto di offrire un’opportunità di riscatto a chi ha scontato una pena. «Il lavoro dà dignità e fiducia. Permette di essere visti per ciò che siamo oggi, non per gli errori che si sono compiuti», dice Rachid, che attraverso l’occupazione sta ricostruendo il suo futuro

di Ilaria Dioguardi

In Italia il 33% delle persone detenute risulta coinvolto in attività lavorative (19.153 impiegati nel 2023), ma solamente l’1% di essi è impiegato presso imprese private e il 4% presso cooperative sociali. Chi, in carcere, partecipa ad attività lavorative ha una probabilità di ricaduta del 2%, molto inferiore rispetto al 68% di coloro che non sono coinvolti in attività lavorative o formative. Il lavoro rappresenta uno strumento fondamentale per il reinserimento sociale, riducendo il rischio di recidiva e restituendo dignità a chi ha scontato una pena. In Toscana, grazie alla Legge Smuraglia e all’impegno di associazioni come Seconda Chance, sempre più imprese stanno accogliendo detenuti nei propri organici, contribuendo a un cambiamento reale e positivo.

Una dozzina di aziende coinvolte

Un esempio concreto arriva dalla Piacenti Spa di Prato, che ha scelto di offrire un’opportunità di riscatto a chi ha scontato una pena, dimostrando come il lavoro possa trasformare vite e favorire la sicurezza collettiva. Tra il 2022 e oggi, grazie agli interventi dell’associazione Seconda Chance, in Toscana più di 40 persone detenute hanno avuto opportunità lavorative, con una dozzina di aziende che hanno accolto i lavoratori provenienti dalle carceri regionali. Seconda Chance è un’associazione che lavora attivamente per presentare alle imprese i benefici della Legge Smuraglia e le opportunità di inserimento chi è in carcere, promuovendo un approccio di sensibilizzazione “porta a porta”. La Legge Smuraglia (n. 193/2000) incoraggia le aziende ad assumere detenuti mediante sgravi fiscali e agevolazioni, rendendo vantaggiosa l’assunzione sia a livello economico sia etico. 

Solo l’1% lavora nel privato e il 4% in coop sociali

Il lavoro per i detenuti si è dimostrato un fattore chiave nella riduzione del tasso di recidiva. Dai dati delle rilevazioni di Cnel, i detenuti che partecipano ad attività lavorative hanno una probabilità di ricaduta del 2%, molto inferiore rispetto al 68% di coloro che non sono coinvolti in attività lavorative o formative. In Italia il 33% dei detenuti risulta coinvolto in attività lavorative (19.153 impiegati nel 2023), ma solamente l’1% di essi è impiegato presso imprese private e il 4% presso cooperative sociali

Un’impresa tra restauro e reinserimento sociale

Da 149 anni, la Piacenti Spa di Prato si dedica alla conservazione dei beni culturali, al restauro di affreschidipinti monumenti storici. Con sedi in Italia e all’estero e un team di 80 dipendenti, l’azienda ha deciso di ampliare il proprio impatto sociale, guardando oltre la semplice donazione: offrire un’opportunità concreta di reinserimento lavorativo alle persone detenute ed ex detenute.

Ogni opportunità concessa non è solo un atto di responsabilità sociale, ma una scintilla che può accendere un cambiamento duraturo, trasformando vite e restituendo dignità attraverso il lavoro

Giammarco Piacenti, presidente dell’azienda Piacenti Spa di Prato

L’idea nasce dall’osservazione dell’esperienza di Gorgona, un progetto che ha mostrato come il lavoro possa essere uno strumento di recupero della dignità per chi ha scontato una pena. Iniziando ad assumere alcuni ragazzi in uscita dal carcere, l’azienda ha realizzato in prima persona le difficoltà legate al sistema penitenziario: dal rischio di recidiva ai problemi psicologici, fino alle rigidità burocratiche che spesso ostacolano il ritorno alla società.
L’impresa collabora con l’associazione Seconda Chance che funge da facilitatore: organizza i colloqui in carcere, seleziona i candidati e accompagna coloro che hanno l’autorizzazione a lavorare all’esterno. 

Impatto economico marginale, valore generato inestimabile

«Non tutti i percorsi sono lineari, e non tutte le storie hanno un lieto fine immediato: alcuni si perdono lungo la strada, altri faticano a ritrovare la loro direzione», dice Giammarco Piacenti, presidente dell’azienda. «Ma scommettere su chi ha fallito una volta significa credere nella capacità delle persone di rialzarsi, nel potere di una seconda occasione. E se l’impatto economico di questo progetto può sembrare marginale (circa il 10% del costo di un dipendente), il valore che genera è inestimabile. Ogni opportunità concessa non è solo un atto di responsabilità sociale, ma una scintilla che può accendere un cambiamento duraturo, trasformando vite e restituendo dignità attraverso il lavoro».

La testimonianza di Rachid

Grazie al progetto Seconda Chance, scoperto tramite l’educatrice del carcere, Rachid, oggi in regime di semi-libertà si è inserito nel mondo del lavoro alla Piacenti Spa, dove si occupa principalmente del restauro di beni culturali, ricoprendo anche il ruolo di responsabile per la sicurezza. Il percorso di riscatto comincia già da quando Rachid era recluso in media-sicurezza, periodo in cui lavorava all’interno del carcere come aiuto cuoco e aveva deciso di completare gli studi fino ad arrivare ad iscriversi all’Università, alla facoltà di Agronomia. 

«Se si vuole cambiare, l’occasione si trova»

«La vita in carcere ti distrugge mentalmente, il tempo sembra schiacciarti», racconta Rachid, «ma l’opportunità di lavorare ti permette di ricostruire te stesso e di essere giudicato per le tue capacità, non per il tuo passato. Se si vuole cambiare, l’occasione si trova. L’impegno apre gli occhi anche quando tutto sembra perduto». Dopo due rinnovi di contratto Rachid spera di poter continuare a lavorare nello stesso contesto una volta libero. Il suo sogno più grande è ricostruire la propria famiglia e offrire stabilità a suo figlio diciassettenne. «Il lavoro dà dignità e fiducia. Permette di essere visti per ciò che siamo oggi, non per gli errori che si sono compiuti».

A questo link il dossier di Cesvot con dati, testimonianze e il ruolo chiave delle aziende in questo percorso di inclusione sociale.

Foto di Maxim Kotov su Unsplash

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