Welfare

Dal carcere al braccialetto

La proposta del Sindacato di Polizia per alleggerire l'affollamento delle carceri accolte dal ministro. Volontari contrari. Invece Luigi Pagano è favorevole

di Riccardo Bianchi

Braccialetto elettronico ed espulsioni per smaltire il sovraffollamento delle carceri. Le due proposte del Sindacato di Polizia Penitenziaria, riportate qualche giorno fa da Vita.it in un’intervista con il segretario nazionale, Donato Capece, sono state riprese dal ministro della giustizia, Angelino Alfano, che sembra volerle mettere in pratica al più presto.

I detenuti lavorino tutti, guadagnando meno del 21 Agosto 2008

Le due idee non dispiacciono a Luigi Pagano, provveditore regionale della Lombardia, il quale ricorda che la legge già prevede la possibilità di mettere in pratica entrambe le opzioni: «L’uso del braccialetto non è un problema, anche se la questione più seria è quella degli stranieri. Sono troppi, in Lombardia sono il 70% dei carcerati. Le espulsioni sono necessarie».

Secondo Pagano il costo della detenzione è troppo alto per recludere chi ha commesse pene di piccola entità. «Anche sul lato umano è meglio evitare» e precisa: «Se non sbaglio Alfano ha parlato anche di agenzie del lavoro. Sarebbero utili, sia per far lavorare i detenuti mentre sono ancora in prigione, che per trovare un’occupazione quando escono».

Il provveditore insiste sulla necessità di coinvolgere la società civile: «Non basta la volontà del ministro per evitare che si torni, come numeri, a prima dell’indulto. Servono le regioni, gli enti locali, i volontari. C’è bisogno della collaborazione di tutti».

Chi invece non è molto convinto delle soluzioni proposte è Claudio Messina, vicepresidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia: «Noi preferiamo le misure alternative» dice «il carcerato deve essere seguito, per valutarne la capacità di reinserirsi nella società. Non può essere considerato un semplice oggetto da localizzare».

Messina propone anche una depenalizzazione dei reati minori perché «in troppi entrano in carcere per rimanere solo qualche giorno. Chi commette furtarelli o scippi di piccola entità non merita dovrebbe finire in prigione. Per loro sarebbero meglio le misure alternative, come i domiciliari o i lavori socialmente utili».

Infine critica il decisionalismo di Alfano e del Sappe: «Il sindacato è forte, e se preme molto, alla fine viene accontentato. Il ministro si è appena insediato e ora deve dimostrare di essere un uomo “che fa”. Ma questo stile trionfalistico non serve a niente. Fino ad oggi il problema è sempre stato affrontato con scelte ad effetto. Ma una riforma seria non è mai stata pensata».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA