Welfare

Dai Tesori della Terra nascono inclusione (e fatturato)

L’esperienza modello della cooperativa sociale e agricola attiva nella provincia di Cuneo. Una fattoria immersa nel verde nel solco dell'esempio di Don Oreste Benzi

di Diletta Grella

Quando varchi l’ingresso della cooperativa sociale e agricola “I Tesori della Terra”, capisci che un altro mondo è possibile. Siamo a Cervasca, in provincia di Cuneo, in una fattoria immersa nel verde. Qui succedono tante cose belle.

Cose prima fatte e poi pensate, come dice il cartello con la frase di don Oreste Benzi, appeso alla parete di un edificio: “Le cose belle prima si fanno, poi si pensano”. «Vuol dire che se stai troppo a pensare a una cosa, poi non la fai…», commenta deciso un ragazzo che sta portando via delle erbacce appena strappate.

«Siamo nati nel 2001» spiega Maurizio Bergia, il presidente, dalla fusione delle due aziende agricole di Livio Bima e Dario Manassero, i due motori inarrestabili di questo posto. Da sempre puntiamo sull’agricoltura biologica e sull’inclusione sociale dei soggetti più fragili. Siamo parte di una grande famiglia, l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata nel 1968 da don Oreste Benzi». I dipendenti sono 24, di cui sei soggetti svantaggiati. Ci sono poi persone che stanno seguendo un percorso di reinserimento lavorativo.

Pionieri del biologico
«Sono arrivato in questo paese negli anni Ottanta, vengo da una famiglia di contadini e ho sempre amato lavorare la terra:», spiega Bima, «all’epoca non erano in tanti a parlare di biologico e io ero visto come uno un po’ strano… A me è parso subito normale seguire un percorso di lavoro nel rispetto della natura, che Dio ci ha messo a disposizione per il nostro sostentamento e per la nostra felicità».

Oggi, su circa una decina di ettari di terreno, si coltivano verdure vendute poi in un negozio vicino alla fattoria e in alcuni mercati del territorio. L’anno scorso sono stati prodotti 2mila quintali di ortaggi.

Fondamentale il laboratorio agricolo: ogni giorno 15 ragazzi con disabilità intellettiva o psichica, provenienti da un centro diurno, sotto la guida di un operatore, lavorano nella fattoria. «Sono tante le mansioni da svolgere e anche chi ha delle difficoltà può trovare il suo modo di esprimersi, può riuscire a fare bene qualcosa», illustra Bima. Che chiosa: «Qualcuno lavora nei campi, altri con gli animali».

La prima ecostalla d’Italia
Fiore all’occhiello della cooperativa è l’ecostalla, anzi la prima ecostalla d’Italia, realizzata in collaborazione con le facoltà di veterinaria delle università di Torino e di Firenze nel 2013, che ospita una settantina di vacche pezzate rosse, da latte. Basta entrare per capire la differenza con le altre stalle: non si sente odore, le vacche sono serene e vanno incontro senza paura ai visitatori.

«Si tratta di una struttura realizzata in legno e interamente decostruibile, luminosa e arieggiata», continua Dario Manassero, l’altro cofondatore della cooperativa insieme a Bima. «Ogni vacca ha a disposizione circa 30 metri quadrati per muoversi, su una speciale lettiera naturale che ogni anno viene sostituita. Ovviamente in queste condizioni gli animali vivono più sereni e producono più latte, che è anche molto più buono. Oltre alla ecostalla c’è anche una stalla tradizionale, ma l’obiettivo è di rendere questa struttura più ecologica in un futuro non troppo lontano».

«Abbiamo anche cavalli e asini, per progetti di ippoterapia e onoterapia» tiene a precisare Noemi Innocenti, che del lavoro con gli asini ha fatto la sua vita. E per dimostrare quanto siano dolci questi animali, si butta a pancia in giù sopra un asinello, che non si sposta di un passo: «I nostri animali sono abituati a stare con le persone, ogni anno circa 2mila studenti delle scuole visitano la fattoria per conoscere come lavoriamo» dice mentre strofina delicatamente il corpo di un asino, con un panno imbevuto di olio di neem, «un antiparassitario naturale».

Uno yogurt da esportazione

Se cavalli e asini sono usati per aiutare i ragazzi con disabilità, dalle vacche si ricava il latte. «Lavoriamo circa 5mila litri di latte biologico al giorno, per produrre yogurt e formaggi biologici di alta qualità» interviene Nicolas, 24 anni, che viene dall’Uruguay: «Sto seguendo un percorso terapeutico di recupero dall’alcol e dalla tossicodipendenza in comunità e intanto sto facendo un tirocinio nel caseificio della cooperativa. Qui si lavora bene, ognuno ha modo di rendersi utile e di mettere a frutto le sue capacità». Il 75% del fatturato della cooperativa, che nel 2019 è stato di 3,7 milioni, arriva proprio dallo yogurt, che è interamente naturale e che è commercializzato con quattro marchi diversi in tutta Italia (in alcuni supermercati, in catene specializzate nel biologico, nella ristorazione collettiva…), e all’estero.

Porte aperte nella casa famiglia

«Penso che nel mondo ci vorrebbero tanti posti così, attenti da un lato alla sostenibilità ambientale e dall’altro con la porta sempre aperta a chi ha bisogno», dice Davide Crema, 29 anni e una laurea in ingegneria, che dopo due anni trascorsi ad Haiti come volontario, ha deciso di trasferirsi qui.

«Vivo nella casa famiglia di Dario e di sua moglie Rosanna, insieme ai loro cinque figli e ad un bambino gravemente disabile. Al momento siamo in 13, perché ci sono altre persone fragili. Vicino a noi anche Livio e la sua famiglia hanno aperto la porta di casa a diversi ragazzi, molti dei quali sono migranti in fuga dall’Africa». «Qui nella cooperativa viviamo tutti insieme», conclude, «siamo una comunità di circa 50-60 persone, condividiamo quello che abbiamo, senza steccati, nella consapevolezza, come diceva don Benzi, che non facciamo qualcosa per i più deboli, ma insieme ai più deboli. E questa è la forza che anima il nostro lavoro ogni giorno».

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