Volontariato

Dai partiti quattro sberle alla società civile

Un gruppo di parlamentari impegnati sui temi del non profit sono stati esclusi dalle liste elettorali

di Giampaolo Cerri

Si sono occupati di carcere, di diritti, di associazionismo, di infanzia, di ambiente, di Terzo settore. Eppure i vertici dei loro partiti, in entrambi i Poli ma specialmente nell’Ulivo, li hanno esclusi. Non c’è più posto per loro. In compenso i seggi ci sono, eccome, per una lunga teoria di figli d’arte della prima e seconda repubblica. La società civile, attonita, incassa uno dei colpi più bassi degli ultimi anni. Quasi scientifico l’accantonamento di quanti hanno legato il loro nome al dramma carcere. Fuori il verde Franco Corleone, sottosegretario alla Giustizia che (leggi l’intervista) per tentare in extremis l’introduzione dell’indulto e per ottenere una legge umana sulle madri carcerate, aveva addirittura iniziato uno sciopero della fame. Fuori Alberto Simeone, avvocato beneventano di Alleanza nazionale, che ha legato il suo nome alla legge più civile in materia di detenzione e di cui il partito di Fini non sembra voler sentire più parlare. Ha rifiutato sdegnato la candidatura a sindaco della sua città: «Ho voluto onorare fino all’ultimo la carica nel rispetto degli elettori», spiega amaro, «pur nella totale divergenza dal partito sulla politica della giustizia, sulla politica estera mediterranea, sull’immigrazione». Coautore di quella legge fu Luigi Saraceni, eletto con l’allora Pds in Calabria: tornerà a fare il magistrato, il partito di Veltroni non lo ricandida. Stessa sorte per un altro diessino, anch’egli magistrato, anch’egli impegnato sui temi della giustizia, Salvatore Senese: la toga lo aspetta. Se evidentemente è finito l’innamoramento dei Ds con la magistratura, diventa più difficile da spiegare l’esclusione di un’altra diessina come Ersilia Salvato (leggi l’intervista), che ha girato le carceri per denunciarne lo scandalo e il mondo a chiedere di dire basta alla pena di morte. Carcere fatale anche per il verde Luigi Manconi. Ma non solo. La resa dei conti nel “Sole che ride” è stata feroce: via Stefano Semenzato, senatore, (leggi l’intervista) cui si deve la legge quadro sul servizio civile e quella sullo sminamento umanitario, via Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente, via Massimo Scalia, autorità in tema di rifiuti e fuori anche Athos De Luca, che, per le sue battaglie contro gli abusi, fu gambizzato. Sempre nello schieramento ulivista, singolare la vicenda di Gian Giacomo Migone. Presidente della commissione Affari esteri, era sostenuto dalle ong per la nomina al Commissariato Onu per i rifugiati. Trombato a Ginevra, anche per il pessimo lavoro della Farnesina, ora Migone, docente all’Università di Torino, è di troppo anche per i Democratici della Sinistra. Altro universitario riconsegnato alle aule è Salvatore Biasco, modenese: aveva fatto parte della “Commissione dei Trenta” incaricata di lavorare sulla fiscalità del non profit. Già, i professori universitari: altro amore pidiessino di cinque anni fa, oggi definitivamente sfiorito nei Ds. E anche l’infanzia sembra meno centrale nelle politiche di Via Nazionale (già Botteghe Oscure): salta la giovane deputata fiorentina Francesca Chiavacci, da sempre in prima fila nelle battaglie sui minori. «Nessun problema», rispondono i Ds della Toscana, «era alla terza legislatura». Chissà se anche le emergenze sociali impareranno, prima o poi, la legge del turn-over veltroniano. La stessa che ha appiedato Marco Pezzoni. Come membro della commissione Esteri della Camera, aveva lavorato alla legge di riforma della cooperazione internazionale. Per lui, che nella vita fa il funzionario di partito, la dura lex dei Ds vale il doppio. È amareggiato: «Il merito non conta più, nel mio partito né altrove», dice, «il lavoro parlamentare non interessa, c’è spazio solo per il teatrino della politica, per le dichiarazioni dei leader». E parla di «crisi della rappresentanza, di cui un po’ tutti devono sentirsi corresponsabili». Promette che non lascerà questi temi: «Farò politica per questo». «Queste esclusioni sono la prova dell’insignificanza dei temi della solidarietà internazionale, dei diritti civili, delle questioni del Sud, nel dibattito politico nazionale», dice Raffaele K. Salinari, direttore di Terres des Hommes e volontario internazionale di lungo corso. «L’errore della società civile? Credere alle promesse: quelle di Prodi, di D’Alema, di Amato», spiega, «e oggi aspettiamo ancora la legge sulla cooperazione. Ci siamo illusi: la politica è ancora rapporto di forza». «Chi ha deciso le esclusioni non capisce che così crescerà l’astensionismo», commenta Massimo Paolicelli dell’Associazione obiettori nonviolenti. «Pensa che impegno sociale significhi, automaticamente, voto ma sbaglia: la gente che sta nel sociale è ancora più esigente». Per Elio Pacilio, dei Verdi Ambiente e Società, «nella politica l’attenzione all’ambiente è fortemente mitigata». Stupisce l’esclusione di Ronchi «il miglior ministro dell’Ambiente, che ha riaccorpato il dicastero, rendendolo nuovamente importante». Mea culpa? «L’aumentata competitività fra associazioni e l’aver lasciato andare il soggetto politico verde», risponde, «così come sbagliato è stato rinunciare agli stati generali dell’ambiente, da cui parlare alla politica».


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